Koinonia Aprile 2019


L’EUROPA E IL VATICANO

 

Il 7 gennaio il Vaticano ospitava il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per il rituale degli auguri del nuovo anno e papa Francesco, rivolgendosi ai cari ambasciatori ha espresso un giudizio ben preciso sui nazionalismi, tornati ad insidiare una politica internazionale doverosamente orientata alla pace.

Rievocando il centenario della Società delle Nazioni, istituita il 28 giugno 1919 con il trattato di Versailles, ha ricordato che quello che doveva essere l’inizio della moderna diplomazia multilaterale, di fatto dimostrò il fallimento della politica negoziale tra le nazioni se pervenne, esattamente vent’anni dopo la sua nascita, a un nuovo e più lacerante conflitto, quale fu la seconda guerra mondiale. Nel 1945 fu tempestivamente approvata la nuova Organizzazione delle Nazioni Unite che continua a conoscere difficoltà e conflitti, ma resta pur sempre un’innegabile opportunità per le Nazioni di incontrarsi e di ricercare soluzioni comuni. Premessa indispensabile del successo della diplomazia multilaterale sono, infatti, la buona volontà e la buona fede degli interlocutori, la disponibilità a un confronto leale e sincero e la volontà di accettare gli inevitabili compromessi che nascono dal confronto tra le parti. 

Tuttavia al Papa sembra preoccupante il riemergere di tendenze nazionalistiche, che minano lvocazione delle organizzazioni internazionali a essere spazio di dialogo e d’incontro per tutti i paesi: poteri e gruppi d’interesse impongono alle stesse organizzazioni internazionali forme di colonizzazione ideologica, non di rado irrispettose dell’identità, della dignità e della sensibilità dei popoli. Il mondo è ormai unificato dai processi sempre più complessi della mondializzazione, ma, dinanzi all’idea di una “globalizzazione sferica”, che livella le differenze e nella quale le particolarità sembrano scomparire, è facile che riemergano i nazionalismi, mentre la globalizzazione può essere anche un’opportunità nel momento in cui essa è «poliedrica», ovvero favorisce una tensione positiva fra l’identità di ciascun popolo e paese e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto è superiore alla parte.

Alcuni di questi atteggiamenti - ricorda - rimandano al periodo tra le due guerre mondiali, durante il quale le propensioni populistiche e nazionalistiche prevalsero sull’azione della Società delle Nazioni. Il riapparire oggi di tali pulsioni sta progressivamente indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale e di una progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni.

Il papa cita le parole pronunciate all’Onu da Paolo VI per affermare il primato della giustizia e del diritto che vuole “i rapporti fra i popoli regolati dalla ragione, dalla giustizia, dal diritto, dalla trattativa e non dalla forza, dalla violenza, dalla guerra; e nemmeno dalla paura e dall’inganno: nella nostra epoca preoccupa il riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia, anche attraverso le Corti internazionali”. Se, poi, le dinamiche che governano la comunità internazionale appaiono lente, astratte e lontane dalle effettive necessità delle persone, il papa richiama i politici ad ascoltare la voce dei cittadini perché “la buona politica è al servizio della pace, che non è mai un bene parziale, ma abbraccia tutto il genere umano, e persegue il bene comune di tutti, in quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo e condizione sociale che permette a ciascuna persona e all’intera comunità di raggiungere il proprio benessere materiale e spirituale. Facendo echeggiare qualche riferimento alla situazione attuale, ammonisce: Alla politica è richiesto di essere lungimirante, e di non limitarsi a cercare soluzioni di corto respiro. Il buon politico non deve occupare spazi, ma avviare processi; egli è chiamato a far prevalere l’unità sul conflitto, alla cui base vi è “la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo e di sfida”.

Il papa parlava a diplomatici, consapevoli come lui della crisi in cui si trovano le condizioni multilaterali: se la politica è stile di costruzione della storia umana, che  acquista maggior significato nella dimensione trascendente della persona creata a immagine e somiglianza di Dio, il rispetto della dignità di ogni essere umano è la premessa indispensabile per ogni convivenza realmente pacifica, e il diritto costituisce lo strumento essenziale per il conseguimento della giustizia sociale e per alimentare vincoli fraterni tra i popoli. La “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo - conclude - ha carattere universale, oggettivo e razionale e va riscoperta affinché non prevalgano visioni parziali e soggettive dell’uomo, le quali rischiano di aprire la via a nuove disuguaglianze, ingiustizie, discriminazioni e, in estremo, anche a nuove violenze e soprusi.

Il pontefice romano quando riceve i rappresentanti diplomatici degli Stati esteri è un Capo di Stato; papa Francesco sta stretto nel ruolo del sovrano temporale, ma lo ha saputo utilizzare riservandosi valutazioni politiche di principio senza entrare direttamente nelle prossime elezioni europee che interferirebbero con la politica italiana: il Vaticano ha finalmente abbandonato il sostegno al partito confessionale e non intende più invadere il campo dei diritti civili dei cittadini. Per questo gli interventi internazionali gli consentono di usare la leva della neutralità per rivolgerne i moniti indiretti.

Va tuttavia sottolineato che dal mese di marzo l’Osservatore Romano pubblica l’inserto speciale “Europa Ieri Oggi Domani” per segnare un percorso di avvicinamento alle elezioni europee di maggio ricorrendo ai contributi culturali dei “padri fondatori” che comprenderanno alcuni leader politici del passato, come De Gasperi, Schumann e Adenauer, ma anche studiosi ed europeisti come Altiero Spinelli, Luigi Sturzo, Luigi Einaudi, Jean Monet o Paul Henry Spaak. A sigillo del progetto un sostegno alla causa europeista: le indicazioni date dal Papa in occasione della visita alle istituzioni europee a Strasburgo il 25 novembre 2014: se l’Europa riscoprirà la sua anima buona può essere “prezioso punto di riferimento per tutta l’umanità”, forse oggi un po’ “nonna” e meno vitale di un tempo, ma potenzialmente “più ampia e influente del passato”. Quanto ai popoli europei, debbono «riscoprire la dignità dell’uomo-persona, e non solo il cittadino o il soggetto economico» nel contesto elettorale prossimo, in cui i punti nodali sono il lavoro, le migrazioni, le persecuzioni religiose, ma anche «i rischi concreti per la democrazia”.

Il 23 marzo l’inserto ha riportato un articolo di Luigi Sturzo del 1944 (L’Italia e l’ordine internazionale) in cui è sostenuta con vigore la necessità storica di un’Europa unificata: realisticamente Sturzo si rendeva conto - la guerra non era ancora finita - che non sarebbero mancate le difficoltà: i paesi vinti avrebbero avuto bisogno di una decantazione dei traumi prima di entrare nella nuova realtà, mentre per gli altri sarebbe stato problematico trovare le vie comunitarie, che pur sono una necessità: “ Quel che crea l’Europa non e? una geografia vista su carte a diversi colori, ma una tradizione, una storia, una cultura, un sistema economico”, che, nelle ovvie differenze, dovrà comprendere anche la Germania ex-nazista e la Russia, da non escludere “solo perché per ventidue o per venticinque anni la Russia bolscevica ha chiuso i propri confini distaccandosi dal mondo” (sic!). Anche se un assestamento generale non è ancora individuabile “perché non si sa quale sara? il mondo di domani” non ha dubbi: l’Europa dovrà essere federalista.

Non è trascurabile - per quanto riguarda l’atteggiamento della Santa Sede in ordine alle elezioni europee - la Dichiarazione del COMECE, la Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea, a conclusione dell’incontro di tutti i vescovi delegati a Bruxelles dal 13 al 15 marzo 2019. Il documento Rebuiding Community in Europe presentato dalla Chiesa cattolica che ha avuto parte nella costruzione europea da oltre duemila anni, ritiene che - constatando anche il clima meno ottimistico - le elezioni del 2019, debbano portare al rilancio del progetto europeo. Per questo i vescovi invitano i credenti e gli uomini di buona volontà... a esercitare i loro diritti. L’Europa non è perfetta e probabilmente necessità di una nuova narrazione di speranza... Le elezioni sono solo il primo gradino di un impegno politico... cittadini e istituzioni debbono lavorare insieme per un destino comune superando divisioni, disinformazione strumentalizzazioni politiche.... Il mandato dei candidati è quello di tutelare la dignità umana in tutti, di promuovere opzioni ispirate a un nuovo umanesimo cristiano e politiche che favoriscano e difendano i diritti fondamentali.... Unità nella diversità implica regole comuni di legittimazione della difesa e della promozione delle libertà civili secondo pratiche democratiche di responsabilità, trasparenza e legalità.

Ovvie le considerazioni e i moniti davanti alle sfide che ci attendono, dalla tutela delle famiglie, dei deboli, delle culture alla riduzione delle povertà; alla crisi demografica; agli interventi ambientali e volti allo sviluppo sostenibile che esigono politiche comuni e non conoscono confini; al dialogo con le Chiese e le comunità religiose; particolare l’attenzione rivolta alla “digitalizzazione”, la mutazione che impatta il controllo sulle nostre vite e ogni nostra conoscenza. Ma un’Unione solida è necessaria per garantire i diritti umani e rendere l’Europa un attore multilaterale di pace e giustizia economica.

Per questo votare a queste elezioni non è solo un diritto e un dovere, ma un’opportunità per dare forma concreta alla costruzione europea!

Non meraviglia che il presidente Junker, cattolico, abbia riconosciuto che la dottrina sociale della Chiesa non è ancora abbastanza applicata e abbia confessato che gli piacerebbe riscoprire i valori e i principi-guida dell’insegnamento sociale della Chiesa. Se lo dice lui...

In aggiunta un paio di particolari: il 9 febbraio, in occasione dell’incontro a Roma di sindaci italiani e spagnoli per firmare un manifesto di solidarietà con le Ong che soccorrono i migranti e “salvano l’Europa da sé stessa” fermando l’involuzione dei suoi principi fondativi”, il Papa ha ricevuto privatamente le sindache di Madrid e Barcelona e il rappresentante di Open Arms: sicuro che i sindaci hanno un sostegno se si prendono cura degli immigrati. Non trascurabile - anche in senso elettorale - la notizia della pubblicazione, da parte della Libreria Editrice Vaticana, del libro di Papa Francesco “Ripensare il futuro delle relazioni. Discorsi sull’Europa”, il suo contributo ad un urgente chiamata a “discernere le strade della speranza europea”.

 

Giancarla Codrignani

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