Koinonia Marzo 2019


1941-1945: IL CONSTRUCTIVE PROGRAMME

NEL SUO CONTESTO STORICO (I)

 

Gandhi iniziò a formulare il Constructive programme al principio degli anni ’20 ma fu soltanto nel 1941 che egli decise di dare alla stampe una prima versione del testo, completata e aggiornata nel 1945; queste due date - il 1941 e il 1945 - costituiscono due tappe particolarmente significative nel cammino dell’India verso l’indipendenza dalla dominazione britannica e nel percorso di vita di Gandhi, nell’elaborazione tanto di un modello di lotta non violenta come di una proposta di costruzione di un modello di società diverso e alternativo a quello imposto dagli inglesi. Per questo motivo, per comprendere appieno il significato storico del Constructive programme, è opportuno soffermarsi brevemente su queste due date.

Nel 1941 si compiva il secondo anno di guerra della Gran Bretagna contro la Germania e il secondo contro l’Italia; i primi 24 mesi di conflitto erano stati disastrosi per il Regno Unito,  dalla precipitosa ritirata di Dunkerque alla costante minaccia delle incursioni aree nemiche e di una non remota  possibilità di invasione via terra, una prospettiva che sarebbe mutata solo alla fine dell’anno quando, per effetto dell’aggressione giapponese sulla base militare di Pearl Harbor, il Presidente Roosevelt convinse la riluttante popolazione americana all’ingresso in guerra degli Stati Uniti, cambiando le sorti del conflitto.

Ma nel corso del 1941, prima che l’intervento americano si concretizzasse, la prospettiva di dover continuare in solitario un prolungato sforzo militare, rendeva esiziale per la Gran Bretagna l’apporto che l’insieme dei Dominions potevano offrire alla causa della madrepatria, in termini di uomini e risorse. L’India aveva già dato un notevole contributo alla vittoria britannica nel primo conflitto: si calcola che nei diversi scenari di guerra in Europa, nel Mediterraneo e in Medio Oriente combatterono circa un milione di soldati indiani, di cui oltre 60.000 furono uccisi e poco meno di 70.000 feriti. Ma a fronte di questo imponente sacrificio, è noto come nel primo dopoguerra le aspettative per un’accresciuta autonomia dell’India, se non per l’avvio di un vero e proprio processo di indipendenza, furono duramente frustrate, aprendo appunto la strada all’azione di contrasto alla presenza inglese animata dal Congresso nel corso degli anni ’20 e 30. La Gran Bretagna non era infatti intenzionata ad andare molto oltre l’istituzione di assemblee di carattere prevalentemente consultivo e questo intendimento fu chiaramente confermato dagli esiti della Round Table convocata a Londra nel 1931, formalmente una conferenza per discutere del governo dell’India ma di fatto soprattutto l’occasione per riaffermare duramente la categorica volontà della madrepatria di non allentare il controllo sulla gemma dell’Impero.

A due anni dall’inizio del nuovo e ancor più devastante conflitto, nel momento di massima difficoltà che precedette l’ingresso in guerra degli Stati Uniti, la rinnovata necessità per la Gran Bretagna di ottenere un sostegno vitale da tutti i territori dell’Impero, e soprattutto dal maggiore e più demograficamente consistente tra essi, restituiva credibilità a una possibile ripresa delle trattative per l’indipendenza come contropartita per la partecipazione del popolo indiano allo sforzo bellico. La prospettiva di un percorso negoziato tra le parti sembrava dunque concreta e bisognava quindi lavorare a uno sforzo il più possibile costruttivo e anticipatore della nuova società indiana da realizzare; a questa finalità intendeva rispondere appunto il Constructive programme, inteso come proposta positiva e fattiva, complementare al programma di disobbedienza civile lotta non violenta attuato per favorire la fine della dominazione inglese sull’India.

Il secco rifiuto che nella prima metà del 1942 fu reiteratamente opposto da Churchill all’ipotesi di subordinare all’avvio di un negoziato sull’indipendenza un incremento della partecipazione indiana allo sforzo bellico - partecipazione peraltro già molto consistente anche in termini finanziari, di produzione industriale e di materie prime agricole e non - spinse il Congresso, nell’agosto dello stesso anno, a lanciare la campagna “Quit India”[1]. Il governo di Londra rispose con una dura repressione, durante la quale furono arrestati oltre 60.000 vertici nazionali e locali del Congresso, tra cui lo stesso Gandhi; la loro detenzione sarebbe durata fino alla metà del 1945 (Gandhi fu rilasciato nel 1944 per motivi di salute). Durante gli anni della guerra, il numero dei soldati indiani impegnati sui fronti orientali e occidentali raggiunse circa le due milioni e cinquecentomila unità, una volta e mezzo in più i mobilitati durante la Prima Guerra Mondiale, con un numero di caduti in combattimento di poco inferiore ai 90.000, ai quali devono essere però sommati i civili morti negli stessi anni per le conseguenze che la partecipazione alla guerra ebbe sul sistema di approvvigionamento alimentare interno dell’India, come nel caso della terribile carestia che colpì il Bengala nel 1943-44.

Nonostante questo imponente sacrificio, a determinare dopo la guerra un netto cambiamento di atteggiamento della Gran Bretagna nei confronti dell’indipendenza dell’India non fu tanto il decisivo apporto dato da essa al raggiungimento della vittoria, quanto le radicali trasformazioni che all’indomani della fine del conflitto si registrarono sia nel contesto internazionale che nel quadro politico ed economico interno al Regno Unito. Nell’aprile del 1945, mentre con la capitolazione della Germania le ostilità terminavano sul fronte europeo (su quello orientale sarebbero continuate fino alla resa del Giappone nell’estate successiva, dopo le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki), a Washington, con la morte di Roosevelt, ascendeva alla Presidenza degli Stati Uniti Harry Truman. La sconfitta dei comuni nemici, che avevano temporaneamente avvicinato due potenze su posizioni ideologiche diametralmente opposte, creò immediatamente le premesse per quella che sarebbe stata in breve definita come Guerra fredda, cioè la permanente tensione politico-militare tra USA e URSS. In questo contesto, l’Amministrazione Truman espresse un chiaro orientamento per il rapido avvio dei processi di decolonizzazione in Africa e in Asia, in funzione di un riassetto geopolitico mondiale bipolare, che doveva necessariamente prevedere la fine dei grandi imperi coloniali.

La Gran Bretagna non disponeva della forza politica sufficiente per opporsi a questo orientamento: sebbene nazione vincitrice, essa era uscita dalla guerra del tutto dipendente dagli aiuti finanziari americani, quelli ricevuti durante il conflitto e quelli che sarebbero stati necessari per la ricostruzione, tutti confluiti nell’Anglo-American Loan Agreement del dicembre del 1945, che precorse i prestiti successivamente erogati dagli Stati Uniti nell’ambito del piano Marshall. Ma se anche avesse avuto la forza politica per mantenere il proprio impero coloniale, la Gran Bretagna appariva nel 1945 stremata dal punto di vista economico e del tutto incapace di mantenere il controllo sull’India perché questo avrebbe richiesto uno sforzo finanziario assolutamente al di sopra delle sue possibilità. Infine, è imprescindibile ricordare la vittoria riportata nelle elezioni politiche inglesi del luglio del 1945 dal Partito Labourista guidato da Clement Attle, che segnò una netta discontinuità con il governo conservatore di Wiston Churchill anche rispetto alla politica nei confronti dell’India.

Nella seconda metà del 1945, dunque, la somma dei fattori qui brevemente ricordati portava a ritenere possibile e non remota - come in effetti poi avvenne, sebbene attraverso il drammatico passaggio della partition - l’indipendenza dell’India dalla dominazione britannico ed è in questo contesto che Gandhi realizzò una seconda stesura, dopo quella del 1941, del Constructive programme, che licenziò, immutato nella sua struttura ma rivisto e ampliato nel testo, come egli stesso segnala in più passaggi, il 13 novembre 1954 da Poona.

 

Gaetano Sabatini

(1.continua)

 

1È altresì noto che proprio in occasione dell’avvio del movimento “Quit India”, la Lega Mussulmana differenziasse le proprie posizioni rispetto a quelle del Congresso e accettasse di appoggiare senza condizioni lo sforzo bellico inglese, gettando le premesse per la cosiddetta partition, la concessione dell’indipendenza all’India a condizione di separare dall’Indostan britannico le aree a maggioranza islamica, da cui sarebbero nati prima il Pakistan e successivamente il Bangladesh.

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