Koinonia Marzo 2019


Uno studio del P.Emilio Panella op*

 

L’UOMO EVANGELICO (2)

COSCIENZA DELLA CHIESA PEREGRINANTE NELLA STORIA

 

II - La spiritualità dell’uomo evangelico

        

         5. Alle Origini. La santità evangelica nutre costantemente il cristiano in regime evangelico. «Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). La santità del Padre celeste! Ma svelata nel messaggio evangelico; proprio in ciò che fa la novità ed unicità del vangelo sia in rapporto ad altre fasi della rivelazione biblica che in rapporto ad esperienze etiche e religiose extra-bibliche. Non dunque un’etica qualsivoglia, non un’etica “naturale”, quantunque ammirevole ne sia ispirazione ed esercizio.

La santità dell’uomo evangelico è:

a. Cristocentrica. Cristo, immagine perfetta del Padre, modello e misura della santità cristiana. La sua esistenza, la sua ubbidienza al Padre, la sua disponibilità alla missione, il rigore di vita e di coerenza, la sua resistenza ai potenti e la simpatia per chiunque sia in situazione di fragilità, la sollecitudine per il prossimo a prova di vita, la sua intimità e abbandono al Padre fin nella solitudine della morte. In breve, imitazione e crescita nella statura perfetta di Cristo: questo il progetto e l’ansia dei discepolo di Gesù. Solo il ricorso a Gesù di Nazaret legittima e l’ispirazione cristiana d’uno stile di vita e il fondamento d’un’etica evangelica. Parimenti il ricorso al vangelo è il giudizio d’ultimo appello della condotta del credente, così come della chiesa.

b. Spirituale, cioè animata e diretta dallo Spirito. Lo Spirito santo, lo «Spirito di Cristo» (1 Pt 1,11), garante della missione del Figlio (Gv 16,13), si costituisce norma interiore del credente e della chiesa nel tempo che corre tra ascensione e ritorno finale di Cristo. Lo Spirito produce frutti d’ogni santificazione nel cuore del discepolo di Gesù (Col 3,12; Gal 5,22; Rm 6,22), dirige le sue azionì «come si conviene a santi» (Ef 5,3). Sempre lo Spirito, nel corso della storia della fede, dà ulteriore intelligenza della Parola; «introduce a tutta la verità» (Gv 16,13); illustra eventi, situazioni, atti che il tempo della fede sottopone incessantemente al giudizio evangelico. Lo Spirito, ancora, produce nel cuore del credente la filiazione divina, la santità delle opere, la libertà dei cristiano. Egli è, in qualche modo, la grazia interiore del cristiano e della chiesa, la legge stessa del vangelo[17].

c. Ecclesiale. La comunità dei discepoli è il luogo della nascita e della crescita dell’uomo in Cristo. Niente di più aborre, l’uomo evangelico, che negarsi la comunione con la ekklesìa (la comunità dei chiamati), sostanza della propria sostanza; così come ardentemente aspira e coopera a fare della chiesa una sposa splendente, senza macchia né ruga, degna del Signore Gesù (cf Ef 5,25-27). Tramite la chiesa e nella chiesa l’uomo evangelico attinge le origini della propria vita: nella meditazione e comprensione della Parola, di cui la comunità è fiduciaria e portatrice; nella celebrazione dell’eucaristia e dei misteri cristiani in cui la liturgia attua la mediazione salvifica di Cristo sacerdote; nell’amore ai fratelli, coi quali costruisce, quali pietre vive, «l’edificio spirituale per un sacerdozio santo per offrire vittime spirituali» (1 Pt 2,5).

 

6. L’uomo evangelico nella chiesa. La spiritualità del vangelo non s’instaura contro alcun ministero, benché la composizione multiforme della chiesa dia all’uomo evangelico di trascorrere tra membro e membro suscítando grazie diverse in funzione dialettica: ora di modello ora di giudizio, ora di comunione ora di profezia, ora di sostegno ora di denuncia. Resta che tutti i membri, ciascuno nel proprio servizio, sono chiamati alla medesima santità. Ogni battezzato assume di fatto il ruolo dell’uomo evangelico, di coscienza critica della fede, di lettura evangelica delle premonizioni dei tempi: i pastori al servizio del potere ministeriale affermandone l’autorità direttiva senza prevaricarne il limite sacramentale; i coniugi coltivando un amore umano aperto alle dimensioni della carità del Cristo; il cittadino, qualunque sia il suo ruolo o professione nella città degli uomini, collaborando alla costruzione d’una società degna della vocazione umana; il religioso prefigurando, nella gioia e libertà di spirito, la totale trasformazione in Cristo (cf Lumen gentium c. V). La chiesa tutta riconferma la vocazione evangelica quando è consapevole, a motivo delle «interne ed esterne afflizioni», delle proprie debolezze (Lumen gentium 8): quando si dispone a fare e significare continua conversione (Unitatis redintegratio 7-8), a proclamare e proclamarsi la Parola che salva, a vivere in stato di permanente riforma (renovatio: cf Lumen gentium 4; 8; Gaudium et spes 43; Unitatis redintegratio 4), a evangelizzare ed evangelizzarsi, a santificare e santificarsi.

 

7. L’uomo evangelico nel mondo. La rievangelizzazione della spiritualità cristiana dà nuova prospettiva ai rapporti tra cristiano e noncristiano, credente e noncredente, tra chiesa e mondo.

a. I segni dei tempi. Il discepolo di Cristo in stato d’evangelismo è vocazionalmente incline a «scrutare i segni dei tempi e a interpretarli alla luce del vangelo» (Gaudium et spes 4). Il fedele discepolo del vangelo non ha né cittadelle da difendere né privilegi da conservare. Pellegrino del mondo, è solidale con la storia dell’uomo. E tra le vicende dell’uomo e della società, è vigile alle inedite occasioni di grazia che interpellano la Parola, che invocano testimonianza, che contestano - eventualmente - compromissioni.

b. Il dialogo col mondo. L’apertura all’“altro”, il rispetto della diversità come il riconoscimento dei doni altrui, è un tratto caratteristico della spiritualità evangelica. Condotto dallo Spirito - che spesso precede l’apostolo - l’uomo evangelico, anziché rivendicare diritti di proprietà sulla rivelazione divina, inclina all’ascolto comune della Parola che fa libera corsa nella storia di tutti gli uomini; è ansioso di raggiungere il senso pieno del messaggio spartendone l’impegno, con onestà e sincerità, con chi trae alimento spirituale da altra tradizione o altra storia di fede; è aperto infine a cooperare col non credente, sapendo che chiunque abbia a cuore «il culto dei valori dell’uomo» prende già parte, sia pure in modo incipiente, al progetto del regno di Dio (Gaudium et spes  92-93). Un progetto che l’uomo evangelico non disdegna di comprendere e analizzare nelle sue fasi di crescita, nelle sue componenti terrestri, nei suoi conflitti, facendo ricorso alle autonome discipline umane; ma a cui dà un’animazione e una prospettiva - lo spirito delle beatitudini! - che maturano per il regno di Dio (Gaudium et spes 72). E qualora i conflitti della città terrena dissuadessero da una diplomatica equidistanza, l’uomo evangelico prende partito per il debole, l’impotente, lo sprovveduto (Gaudium et spes 71).

c. Tra chiesa e mondo. Cittadino d’ambedue le città, quella della fede e quella politica, il cristiano si pone sotto la guida del vangelo (Gaudium et spes 43). Non è facile - bisogna dirlo - per l’uomo evangelico riconciliarsi col mondo. Una lunga tradizione spirituale a forti note individualistiche e anacoretiche (la fuga dal mondo!) nutre ancora sentimenti d’ancestrale disagio tra santità cristiana e corresponsabilità mondana. Del resto infelici ipotesi storiche dei rapporti tra chiesa e società civile hanno dissuaso l’uomo spirituale da una mischia in cui si ritrovava o mentalmente sprovveduto o evangelicamente compromesso. Eppure egli è a pari titolo cittadino della chiesa e cittadino del mondo. Nessuna spiritualità cristiana si sviluppa là dove la città dell’uomo non abbia dato linguaggio, sentimenti, valori al catecùmeno; nessuna fedeltà al vangelo è possibile là dove il catecùmeno non imponga conversione al suo patrimonio culturale. Presenza e conversione sono i due poli che stringono il cristiano entro la città dell’uomo[18]. E la società civile ha bisogno, come quella ecclesiale, di testimonianza e di denuncia, di guida e di contestazione, di misericordia e di audacia.

8. Le tentazioni dell’uomo evangelico: utopismo e integralismo. E parliamo, per concludere, di due tentazioni tipiche dell’uomo evangelico; movimenti evangelici del passato e recentissime contestazioni ecclesiali ne potrebbero illustrare le costanti.

1) Un trasporto idealizzante che trasferisce nel vangelo il tutto e il subito della propria e altrui conversione; un rigore che lievita talvolta un ottimismo disincantato, o perché imperterrito di fronte alle pesantezze del presente o perché appagato nello scrutinio degli ultimi tempi; una lettura della parola di Dio che indietreggia a restaurare pari pari modelli della “chiesa primitiva” piuttosto che reinventare la fedeltà evangelica nelle occasioni nuove della chiesa in crescita. Un’attitudine accompagnata e corroborata da un letteralismo biblico senza possibilità di storia; resa infine socialmente inefficace sia per la resistenza alla storicità della fede che per la facile emarginazione cui presta il fianco.

2) La convinzione che il vangelo, nei suoi termini letterari, precontiene risposta a qualsivoglia angustia dell’uomo nel tempo. Si sottovaluta, in questo caso, e perfino s’ignora il contributo delle conquiste profane e del sapere umano. La proposta evangelica appare assoluta di fronte alla specificità dei fatti socio-culturali, e alternativa di fronte alla complessività [sic!] degli elementi e meccanismi che presiedono alle formazioni storiche e loro conflitti; quando invece la comprensione di questi precede e condiziona l’atto d’evangelizzazione; come la simpatia per l’uomo precede l’incarnazione.

La teologia e la spiritualità del Vaticano II (v. soprattutto Gaudium et spes, Lumen gentium, Apostolicam actuositatem, Nostra Aetate), recuperata la cittadinanza ecclesiale e civile della vita cristiana, ammoniscono:

a. A porre mente alla natura storico-evolutiva della comprensione della Parola, come delle forme in cui si esprimono di volta in volta le potenzialità evangeliche della vocazione cristiana;

b. A prendere atto della consistenza ed autonomia delle cose umane e dei loro processi; a incontrare l’uomo nella sua città. Cultura e forma della città provvedono parola alla proclamazione e struttura all’incarnazione. Sono ad un tempo preparazioni evangeliche e termini di evangelizzazione: luogo in cui si dispiega la logica della fede cristiana, tra incarnazione e trasfigurazíone, presenza e trascendenza, conversione e comunione.

L’uomo evangelico, ad un tempo critico e misericorde dello stato suo e altrui, riafferma credibilmente ed efficacemente i propositi della propria vocazione: trasformazione dell’uomo in immagine perfetta del Padre secondo la misura del Cristo; crescita della chiesa in edificio spirituale gradito a Dio e in sposa splendente del Signore; costruzione della città terrena senza nequizie e sopraffazioni, dove Dio - nel tempo degli uomini - possa fare di tanti popoli un solo popolo: tutto ricapitolando in Cristo Gesù.

 

Emilio Panella o.p

(2. fine)

* Pubblicazione originale in “Nuovo Dizionario di Spiritualità”, Roma (Edizioni Paoline) 1979, pp. 1621-1630.

 

[17] Tommaso d’Aquino: «II nuovo testamento è testamento dello Spirito santo, il quale diffonde l’amore di Dio nei nostri cuori... E così, mentre lo Spirito produce in noi la carità, pienezza della legge, è il testamento nuovo» (In 2 Cor 3, lect. 2). «La [legge dello Spirito] può esser chiamata “Spirito santo”, nel senso cioè che tale legge è lo Spirito santo...; oppure «legge dello Spirito» nel senso che è effetto proprio dello Spirito» (In Rm 8, lect. 1). La “legge nuova” è insita nel cuore (S. Th. I-II, q. 106, a. 1), è la stessa grazia dello Spirito santo (ib.), è la «legge dell’amore» (ib. q. 107, a. 1); «la legge nuova è il vangelo del regno» (q. 108, a. 1, ob. 1), e «la legge del vangelo è legge di libertà» (ib. in corp.).

[18] «Le più alte operazioni dello spirito, della persona e più ancora della comunità di fede, trovano il loro termine d›impiantazione -  nell’ordine dell› esistenza come dell›intelligibilità - nel tessuto dei fenomeni socio-culturali al punto che gli elementi della vita sociale non sono soltanto dei condizionamenti esterni, da osservare per la comprensione della «vita spirituale», ma entrano nel suo stesso tessuto, come la vita corporale entra in consustanzialità con la vita dello spirito. Bisognerebbe, così, comporre una storia del Vangelo nell’atto del suo incarnarsi nella successione delle generazioni e in solidarietà con i progetti umani che animano le società... Capitolo fondamentale della storia della «spiritualità»»: M.D. Chenu, “Fraternitas”. Evangile et condition socio-culturelle, in «Rev. Hist. Spir.» 49 (1973) 388.

BIBL. - I: Aa. Vv., Hérésies et Sociétés dans l’Europe pré-industrielle, Parigi-L’Aja 1968. - H. De Lubac, Esegesi Medievale, 2 voll. Edizioni Paoline 1972. - Molnar-Hugon, Storia dei Valdesi, Torino, Claudiana 1974. - M. Reeves, The influence of prophecy in the later middle ages, Oxford 1969. - G. E. Panella, La “lex nova” tra storia ed ermeneutica. Le occasioni dell’esegesi di s. Tommaso d’Aquino, Pistoia, Mem. Domen. 1974. - G. Martina - E. Ruffini, La chiesa in Italia tra fede e storia, Roma, Studium 1975.

II: E. W. Kaczynski, La legge nuova, Roma-Vicenza, Ed. Franc. 1974. - A. M. Henry, La forza del vangelo, Assisi, Cittadella 1969. - A. Fragoso, Vangelo e rivoluzione sociale, Assisi, Cittadella 1970. - J.-M. R. Tillard, Religiosi: fedeltà e rinnovamento, Assisi, Cittadella 1970. - Yannaras-Mehl-Aubert, La legge della libertà: evangelo e morale, Milano, Jaca Book 1973. - B. Häring, Morale ed evangelizzazione del mondo di oggi, Bari, Edizioni Paoline 1974: «L’evangelizzazione della morale», 68-110. - O. da Spinetoli, Vangelo in Dizionario teologico (Bauer-Molari), Assisi, Cittadella 1974, 744-753.

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