Koinonia Marzo 2019


DON ROBERTO SARDELLI NEL RICORDO DI LUIGI ACCATTOLI

 

La morte di don Roberto Sardelli, prete del Sessantotto e dei baraccati, avvenuta ieri a 83 anni, segnala quanto sia profonda nel tempo ma ancora tutta attuale la denuncia dei mali di Roma di cui fu primo protagonista: è l’attacco di un mio ricordo del prete dell’Acquedotto Felice pubblicato oggi dal “Corriere Roma” che riporto.

 

Non ha mai taciuto. Don Roberto si è occupato nei decenni degli immigrati meridionali, dei malati di Aids, dei rom. E non da sociologo ma andando a vivere con quelli che a ogni tappa della sua vita individuava come gli «ultimi». Non ha mai taciuto. Non si contano le lettere aperte che ha inviato ai «cristiani di Roma» e ai sindaci. Sempre insoddisfatto delle risposte e mai accontentandosi di quanto facevano «con-fratelli» a lui vicini, che anche lo proteggevano, come don Luigi di Liegro, ma che a suo giudizio venivano «troppo a patti con l’ufficialità».

Si è sentito «capito» solo all’arrivo di Papa Francesco e ora ci lascia in compagnia di tutti i disagi ai quali aveva contribuito a dare un nome. “Vediamo di approfittare del dono grande di questo vescovo di Roma” diceva e scriveva con gratitudine e con emozione.

Andai a conoscerlo da giornalista principiante alla baracca 725 dell’Acquedotto Felice dove faceva scuola ai figli degli immigrati per rimediare alla dispersione scolastica alla quale parevano destinati: era il 1969. Mi parlò di quello che aveva imparato da don Milani, che era andato a conoscere «sul campo», a Barbiana. Tornai a intervistarlo dopo il convegno sui mali di Roma del 1974, del quale era stato un precursore e che non gli bastava: stava organizzando un incontro che volle intitolare «Oltre il convegno». Il principio di non appagamento è stato il criterio di tutta la sua azione ed è ora la sua eredità più viva.

 

Luigi Accattoli

.

.