Koinonia Dicembre 2018


Premessa al libro “Al di là del non-senso”

Il mio amico Elio

 

Elio è morto. Una parte, una grandissima parte della mia vita se n’è andata con lui. Non c’è più, il suo corpo è stato cremato. Lui non c’è più.

Mio fratello Elio è morto. Abbiamo vissuto insieme per tanti anni nella Comunità del Mattino che ci ha resi fratelli, insegnandoci a camminare con lo spirito di monaci nella vita quotidiana. E quante esperienze, quante strade abbiamo percorse insieme!

Il mio socio Elio è morto. Per più di vent’anni abbiamo lavorato fianco a fianco nel gestire il magazzino per l’Unicef, sovente con un certo affanno quando gli ordini da evadere erano tantissimi, ma sempre con allegria, anche se talvolta la fatica sembrava non volerci risparmiare. Da qualcuno avevamo sentito dire che per ottenere risultati significativi non bastano gli sforzi: ci vogliono dei supersforzi. E noi, nel condividere quella fatica, avevamo capito che è proprio vero.

Mio figlio Elio è morto. Figlio e fratello a un tempo per la differenza d’età, ma anche perché quando mi sono ritirato dal lavoro lui ha continuato in società con mio figlio Filippo, comportandosi come un fratello maggiore. E ora non c’è più.

Non c’è più? È morto il mio collega d’assistenza domiciliare ai malati terminali, attività che abbiamo svolto molto intensamente per oltre vent’anni, collaborando con l’associazione Ryder Italia.

Quante ne abbiamo viste e condivise di vicende indimenticabili! Si può dire che eravamo intercambiabili perché, condividendo la vita e le varie attività quotidiane, uno di noi due poteva sganciarsi in qualsiasi momento per rispondere alle necessità d’urgenza, lasciando all’altro il compito di svolgere il lavoro di entrambi. Fra tutte le esperienze vissute voglio ricordare l’assistenza a una bambina di 6 anni, colpita da un astrocitoma al cervello che l’aveva rapidamente consumata.

Ho raccontato a suo tempo l’episodio nel libro Accanto al malato ….. sino alla fine, e ora sento l’impulso a trascriverlo qui di seguito, senza aggiungere altro: «dopo aver terminato, insieme a Elio, la struggente assistenza alla bambina, mi accorsi che la nonna si era presa sulle ginocchia la sorellina, cominciando a raccontarle qualcosa che sembrava una favola. Ad un tratto però sentii che le diceva: “eravamo soli e disperati, non sapevamo che fare, non eravamo preparati. Allora il buon Dio ci ha mandato due angeli che ci hanno aiutato a vincere la disperazione”. Anche Elio se ne era accorto e mi guardava imbarazzato. Non sapevamo che fare: altre volte ci eravamo sentiti a disagio di fronte a ringraziamenti esagerati, ma questo ci sembrava veramente troppo. Mi rivolsi allora scherzando alla nonna, ed anche Elio intervenne con qualche battuta tentando di ridimensionare. La nonna rispose in modo scherzoso e simpatico, poi però aggiunse: “non sappiamo chi siete voi, però noi stamattina abbiamo ricevuto l’aiuto di due angeli”. Restammo impressionati e stupefatti, di fronte alla dimostrazione di quanto sia facile ottenere risultati significativi. Non è necessario essere santi, o perfetti, o tipi in gamba, o particolarmente abili.

Anche un mediocre può, chiunque può fare qualcosa, a patto di volerlo fare, a patto di farlo. O, per dirlo con una metafora, basta prestare i propri vestiti agli angeli: sapranno loro come utilizzarli. Si potrebbe dire che nei lunghi anni di tali coinvolgenti assistenze abbiamo studiato insieme per imparare a morire, e ora lui ha dimostrato quali frutti abbia raccolto. Ormai sofferente da anni non si è mai lasciato abbattere, neppure alla fine quando ormai sentiva prossimo il momento dei saluti.

Ha affrontato le tribolazioni con una dignità straordinaria senza mai un cedimento, dimostrando che la lunga scuola frequentata assieme ha dato i suoi frutti. E questa è una grande speranza anche per me: quando verrà il mio turno, saprò affrontarlo con la stessa serena tranquillità?

La dedizione della sua sposa, che lo ha curato col coraggio di un profondissimo amore, e anche l’altrettanto grande amore dei suoi figli che mostrano tutto il loro strazio per questa sua prematura uscita di scena, così come quello di sorelle, nipoti, parenti, amici di tutti i generi, dimostrano che stima e affetto nei suoi confronti possono ben dirsi straordinari. Ha seminato molto, sotto diversi aspetti, e i suoi semi sono germogliati e hanno fruttificato. E non pochi continuano a nutrirsene. Ma lui dov’è? Non c’è più? La sua vita è finita per sempre?

Elio è vivo, vivissimo nel ricordo dei suoi cari e di tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ma lui dov’è? È ridotto a quel mucchietto di cenere raccolto in una piccola urna? Certamente è immortale nei pensieri, nei ricordi dei suoi cari e dei suoi amici che hanno saputo nutrirsi dei suoi insegnamenti, è vero, ma lui dov’è? Dove si trova? Lo sa, li conosce questi grandi risultati? Ha coscienza del suo essere? Continua in qualche modo a esistere? È in grado di percepire i numerosi frutti della sua abbondante semina? Oppure?

La nostra fede nel Risorto non è in discussione, ma fuor di metafora, che cosa significa in concreto? Insomma, la vita di Elio, così pregnante, ha avuto un senso? Ha un senso? Continua a avere un senso in se stessa, oltre a quello che rimbalza in chi lo ha conosciuto e continua a sentirlo vivere nel proprio cuore? E se un senso ce l’ha, esisterà anche un senso d’insieme, un senso che unifica e comprende tutte le esperienze analoghe altrettanto significative? Oppure dobbiamo pensare e credere che nulla abbia un senso che vada oltre la semplice memoria?

Sono interrogativi sempre più presenti oggi, nella crisi esistenziale che sta attraversando l’umanità intera, e che si fanno inquietanti quando persone tanto vicine e amate entrano nel mistero.

 

Antonio Thellung

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