Koinonia Dicembre 2018


LA POVERTÀ SALVERÀ IL MONDO

 

La povertà salverà il mondo! Non si tratta di una semplice parafrasi della nota frase “la salvezza salverà il mondo”, né di un artificio verbale ad effetto. Si tratta di una verità fondamentale fatta riemergere dall’ascolto della Parola di Dio nella liturgia della domenica 11 novembre, e precisamente delle letture dal primo libro dei Re (17,10-16) e del vangelo di Marco (11,41-44). Vi si legge la storia parallela di due povere vedove, elevate ad emblema della povertà come luogo della potenza salvifica di Dio nel mondo: e quindi della povertà che salva!

Rileggendo quei brani, troviamo non solo esempi di generosità e di affidamento a Dio da parte di povera gente, ma riprova della dimensione teologale di interazione tra l’opera di Dio e la disponibilità umana. Siamo infatti in presenza di due persone che nella loro indigenza mettono a disposizione tutto quello che hanno per vivere, nel primo caso a favore del prossimo che chiede e nel secondo caso come offerta a Dio nel tesoro del Tempio, in spirito di totale fiducia e obbedienza alla parola del profeta Elia e in totale libertà interiore che guarda solo alla gloria di Dio senza altre considerazioni umane (neanche nei confronti di quei farisei bollati da Gesù!): appunto in povertà di spirito, quella di chi si rende conto che la vita vale più del cibo e il corpo più del vestito!

Siamo su un terreno comune di esistenza vissuta in cui possono nascere piante e vicende diverse in armonia tra loro, ma tutte con le radici affondate nella medesima attesa del Regno di Dio che viene e che è dato ai poveri. È il piano in cui c’è continuità del rapporto uomo-Dio; in cui si è mosso Gesù per renderci ricchi delle sua povertà (2Corinzi 8:9), e a cui siamo invitati a riportarci tutti noi attraverso la conversione al vangelo del Regno annunciato ai poveri: è la necessità di farsi bambini e di condividere la condizione del Figlio dell’uomo che “non ha dove posare il capo” (Matteo 8,20; Luca 9,58). Niente di meno “spirituale”!

Certamente, quando si parla di povertà non è a questo che ci si riferisce, quanto piuttosto alla condizione di indigenza, di privazione, di sfruttamento, di dipendenza, di ingiustizia, di schiavitù ecc, uno stato di cose di cui soffre la stragrande maggioranza della umanità, vista appunto come mondo dei poveri a cui è rivolta la buona novella: sia a quanti sono in ogni genere di necessità e sia a quanti sono sollecitati a farsi poveri con i poveri.

Se ci mettiamo da un punto di vista evangelico, non è da pensare che da una parte ci siano i poveri coma categoria sfortunata e dall’altra chi li può sollevare e beneficare, ma c’è da ritrovare la solidarietà di fondo che ci impegni sì a lottare contro la povertà che umilia l’uomo e quindi l’umanità, ma  che ci mobiliti soprattutto a proclamare la povertà come la vera salvezza del mondo, perché così è stato da parte del Salvatore Gesù, così è stato dimostrato da tanti suoi imitatori - Francesco d’Assisi in primis - e così non può non essere per quanti si mettono alla sua sequela.

Non si tratta quindi di differenza di posizione e di ruoli, ma di fare uguaglianza e mobilitarci tutti indistintamente per il Regno di Dio che viene e per la sua giustizia. È qui che nasce il problema reale della “evangelizzazione dei poveri”, di come viene intesa e di come viene praticata: se da parte di una chiesa che guarda a ben altro che al Regno di Dio e si schiera dalla parte dei prìncipi delle nazioni che le signoreggiano e dei grandi che le sottomettono al loro dominio (cfr Mt 20,25); se la buona novella rivolta ai poveri sia solo un fatto consolatorio o di promozione sociale e non invece una vera e propria mobilitazione generale e sollevazione evangelica per la salvezza del mondo!

Vengo a conoscenza solo ora del messaggio del Papa del 13 giugno 2018 per la giornata mondiale dei poveri indetta per il 18 novembre: mi sembra che offra motivi e spunti per mettersi in questa ottica di mobilitazione della chiesa nel coinvolgere i poveri del mondo per l’avvento del Regno di Dio e a fare della povertà evangelica una risorsa insostituibile per la salvezza del mondo.

Il problema è che tutto questo venga derubricato a discorso spirituale e per addetti ai lavori, e non diventi invece impostazione strutturale e prassi pastorale dell’intero Popolo di Dio! Intanto ci sia consentito di dircelo e di dirlo! Ma prima di noi e con ben altra autorevolezza a ricordarcelo è stato il Card. C.M.Martini con la sua Lettera pastorale “Quale bellezza salverà il mondo?”, scritta per il passaggio di secolo nel 2000. Rifacendosi alle note parole di F. M. Dostoevskij, egli dà un significato e contenuto evangelico a questa frase, arrivando a dire che “quando la Chiesa dell’amore attua in pieno la sua identità di comunità raccolta dal ‘bel Pastore’ nella carità divina, si offre come ‘icona’ vivente della Trinità e annuncia al mondo la bellezza che salva”.

Qualcosa che ci riporta ad Ef 5,25-27, quando ci viene ricordato che “Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile”. Per cui possiamo presentarci al mondo “come afflitti, eppure sempre allegri; come poveri, eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa!” (2Cor 6,10).

Quando si parla di “Chiesa dei poveri” forse sappiamo come meglio vederla e pensarla e a cosa deve portare la bella notizia riservata ai poveri. Se è Natale, è anche per ricordarci tutto questo!

 

Alberto Bruno Simoni op

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