Koinonia Dicembre 2018


Pierre Claverie sulle tracce di D.Bonhoeffer

 

“Perché non vogliamo negare che non seguiamo più Gesù come dovremmo, che siamo, sì, membri di una Chiesa che conserva la dottrina della grazia in maniera pura e ortodossa, ma non più altrettanto membri di una Chiesa che segue il suo Signore, dobbiamo tentare di comprendere di nuovo il senso della grazia e della vocazione a seguire Gesù nel loro giusto rapporto reciproco. Non possiamo più, oggi, eludere il problema. Diviene sempre più evidente che la difficoltà della nostra chiesa sta solo nel problema di come vivere, oggi, da veri cristiani” (D.Bonhoeffer, Sequela, pp. 34-35)

 

Ricollegandoci a D.Bonhoeffer, possiamo essere d’accordo tutti che la difficoltà delle nostre chiese sta solo nel problema di come vivere, oggi, da veri cristiani”. E quindi sulla urgenza di imparare ad esserlo di nuovo, ripartendo dal discepolato, in modo da essere “degni di Cristo”. Entra in gioco la nascita, la durata, la riproduzione, la peculiarità e la qualità del rapporto Gesù-discepoli: e torna in primo piano la condivisione totale fino a “fare corpo” insieme con lui in una militanza senza quartiere per il Regno e la sua giustizia.

 

Qui è il punto: se tra i tanti significati storici, culturali, religiosi, ecclesiali, confessionali, rituali, etici, sociali, umanitari che l’essere cristiani ha acquisito nel tempo, ci sia ancora modo e spazio, oltre che per dire d’essere cristiani senza esserlo, anche per esserlo senza dirlo; se essere cristiani si misuri, più che con modalità esterne, col diventare discepoli di Cristo alla stessa maniera in cui egli si fa via verità e vita: nella linea della vita, dell’essere uomini ad immagine e somiglianza di Dio e coeredi col Figlio. Tutto questo come dimensione trasversale della intera esistenza umana e storica, e non come “specializzazione”  escludente.

 

Riportarsi a questo punto di partenza è prima di tutto un fatto di vita e di coinvolgimento personale. Ma volendolo vivere insieme, un discorso è inevitabile, tenendo sempre presente che parliamo di qualcosa che viene prima di ogni questione teologica, ecclesiale, ecumenica, inter-religiosa; qualcosa che fa giustizia di quanto è derivato, artificioso, non autentico in tutti i nostri comportamenti e discorsi religiosi, fino a poter ripetere con timore e tremore “e io sono di Cristo!” (cfr 1Cr 1,12). Possiamo parlare di sequela non solo in termini tecnici o in maniera settoriale, ma come presa di coscienza e assunzione di responsabilità. Infatti: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16).

In questa prospettiva, l’attenzione va ad una figura forse tutta da scoprire come nome, come vicenda e come “profezia”: Pierre Claverie, il vescovo di Orano assassinato insieme al suo autista e amico Mohamed Bouchikhi, il 1 agosto del 1996.

Egli ha incarnato e tradotto in pastorale lo spirito evangelico e il pensiero teologico di tanti suoi confratelli, come riconosceva l’allora Maestro Generale dell’Ordine T.Radcliffe: “La vita e la morte di Pierre Claverie O.P, vescovo di Orano, offrono una risposta ai segni dei nostri tempi: in lui vediamo sia la ricerca di Dio sia l’appello rivolto a tutti i credenti affinché vivano insieme nella pace e nel reciproco rispetto. Egli, infatti, fu un uomo profon­damente credente, la cui intera esistenza era votata all’annuncio della propria fede in Dio; il suo impegno per il dialogo era al cen­tro di questa fede, e la sua vita ne è stato il prezzo” (prefazione a “Vescovo tra i musulmani”, di J.J.Pérennès, Città nuova).

 

Un altro riconoscimento che riassume il senso di tutta una vita è quello del P.G.Pittau SJ: “Mons. Claverie aveva affermato che si è ‘più autenticamente cristiani quando si espone la propria vita laddove l’umanità è lacerata’. La Chiesa adempie alla sua missione quando è presente nelle divisioni. «Gesù è morto tra il cielo e la terra, con le braccia distese per riunire i figli di Dio dispersi dal peccato che li separa, li isola e li mette gli uni contro gli altri e contro Dio stesso. Egli si è posto sulle linee di frattura scaturite da questo peccato. In Algeria noi ci troviamo su una di queste linee sismiche che attraversano il mondo: Islam-Occidente, Nord-Sud, ricchi-poveri». E Pierre Claverie si sentiva al suo posto, lì a Orano, «poiché è in questo luogo che si può intravedere la luce della Risurrezione». L’esistenza cristiana è situata in tensione tra potere e umiltà. La tentazione del dominio è sempre presente sia in nome della Verità da stabilire, difendere e propagare, sia per preparare il mondo ad accogliere il Regno di Dio. Imporre la Verità, asservire i regni umani per farvi regnare la legge di Cristo, tutti e due sono segni della perversione di questa Verità e di questa legge. Questa esigenza  di umiltà che rinnega la forza, la violenza e l’imposizione è indispensabile per ogni dialogo e deve essere reciproca sia da parte del cristiano che da parte del musulmano”.

 

Già da questi accenni si intuisce la presenza di qualcuno che ha a cuore prima di tutto farsi discepolo del Regno e di Gesù, qualcuno a cui accompagnarsi e da cui farsi guidare nel ritrovare la giusta sequela. Ma oltre a questa ragione di merito, c’è un altro motivo per cui Pierre Claverie è degno della nostra attenzione personale, ecumenica, ecclesiale, per diventare nostra memoria storica: è il fatto che chiunque scriva di lui inevitabilmente lo mette in parallelo con la vita e con gli scritti di D.Bonhoeffer. La situazione storica di “pied-noir” diventato algerino per vocazione e la sua vicenda di vita e di pastore in una minuscola chiesa confessante ne fanno un secondo testimone della fede. Basti dire che è stato assassinato pochi mesi dopo i monaci di Tibhirine!

 

Per quanto riguarda gli scritti, oltre ad alcune trascrizione di prediche in corsi di esercizi, (Dare la propria vita, Non sapevo il mio nome, Petit traité de la rencontre e du dialogue) il testo che fa da pendant a Bonhoeffer è “Lettere dall’Algeria”, che viene introdotto da R.L. con queste parole: Sarà la storia a giudicare, ma mi pare che negli anni a venire si ritornerà alle lettere di Pierre Claverie, come un tempo si ritornava a quelle di Dietrich Bonhoeffer, pubblicate in “Resistenza e resa”, per attingervi ragioni di fede e di speranza. Non capita così spesso che oggi ci parlino del Vangelo e delle sue esigenze in una lingua che riusciamo a capire”

 

Ma il fatto più probante è che nella lettera 41, pubblicata come le altre sul bollettino diocesano Le lien nell’ottobre ’95 col titolo “Venga il tuo regno”, egli stesso parla di D.Bonhoeffer, quasi per  rispecchiarvisi come modello! Scrive: “Il posto da lui occupato nella battaglia del Vangelo per l’avvento del regno di Dio è eccezionale e il suo messaggio mi colpisce oggi come un forte richiamo nel vortice che ci troviamo ad attraversare. Non siamo i primi ad affrontare la violenza e la morte con le mani nude e la sola forza delle nostre convinzioni. E non siamo neppure i soli. Nei momenti in cui potremmo essere tentati di rinunciare, di fuggire o di isolarci nella paura, non possiamo non ascoltare la voce di coloro che hanno opposto alla morte l’offerta della propria vita per testimoniare la loro fede nell’onnipotenza dell’amore e della vita”.

 

E ancora: “Bonhoeffer ripeteva con Nietzsche: «Fratelli, restate fedeli alla terra». Non è forse proprio il momento di prestare ascolto a questo invito? Quando la terra, la nostra terra, vacilla sotto i colpi bruschi e brutali del saccheggio industriale e nucleare, quando la violenza la percorre con le sue onde omicide, come non cercare di fuggire (ma dove?), di proteggersi (ma come?), di abbandonare l’umanità (per rifugiarsi in Dio?)... Bonhoeffer ci ricorda che Dio stesso ha assunto un corpo umano trasformando la terra nel luogo del suo incontro e della sua alleanza con ogni essere umano. Oggi e qui, adesso e in Algeria, non abbiamo altro luogo per realizzare ciò che Dio si aspetta da noi credenti e ciò che riteniamo la nostra più grande verità: vivere, attraverso lo Spirito di Gesù, in un rapporto filiale con Dio Padre e in un rapporto aperto alla fraternità universale. Questo implica certamente la rinuncia al sogno di essere altrove o di essere un altro...”

 

Penso allora che una rilettura del suo testo – e relativa selezione di passi - possa essere fatta secondo questa scansione bonhoefferiana: di fedeltà alla terra, al mondo e alla storia; di decisione a perdere se stessi per il Vangelo; di disponibilità a portare la propria croce per la vita del mondo. E cioè nella prospettiva di una sequela sofferta prima ancora che pensata. Ma già queste altre sue parole fanno capire quanto sia significativo rivisitare la sua vicenda e ripensare l’insegnamento di un discepolo e di un Pastore, che ha saputo esercitare un “magistero a carattere prevalentemente pastorale”

 

Egli dice:Nell’ultimo numero del Lien ho detto che non c’era più nulla da dire e che bisognerebbe rimettersi ad ascoltare. Tutto ciò resta vero. L’unica cosa che possiamo fare è ripetere certe convinzioni essenziali che gli eventi non possono intaccare perché fanno parte della nostra ossatura spirituale o della semplice dignità delle nostre esistenze. Allo stesso modo, possiamo rivolgerci a Dio per ricevere da lui una luce nella notte opaca delle disgrazie che si sono accumulate o nella confusione dei discorsi e delle iniziative politiche. Possiamo aprire i nostri cuori e

le nostre mani per implorare la forza, la pazienza, il coraggio e la volontà di perseverare nelle vie dell’apertura agli altri, del servizio ai piccoli, della solidarietà con i ricercatori di verità, con gli affamati di giustizia, con gli artigiani di pace. Possiamo inoltre pregare perché Dio renda le nostre volontà ricettive agli appelli e agli stimoli dello Spirito santo, dandoci l’energia necessaria per combattere contro le nostre paure, contro i deliri della nostra immaginazione, contro il prurito della chiacchiera che aumenta la confusione, contro la tentazione del ripiegamento su di sé e dell’isolamento. Voglia Dio mantenerci lucidi e determinati nei nostri compiti quotidiani e nelle scelte che ci obbligano a fare!”

Lettera 30. ottobre 1994

Le lien 225 - pp. 171-172

 

“Rimettersi ad ascoltare” e a pregare! Ma anche ad ascoltarci e confrontarci, come facevano i primi discepoli tra loro, sorpresi e sconcertati per tutto quello che vedevano e udivano. Queste poche parole vogliono solo predisporci all’incontro e al dialogo come momento veramente significativo, facendo memoria di Pierre Claverie unitamente a quella di D.Bonhoeffer.

 

Alberto B. Simoni

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