Koinonia Dicembre 2018


UN’ESPERIENZA DI CHIESA A GENOVA:

IL GRUPPO PICCAPIETRA

 

Si è chiusa recentemente a Genova un’esperienza di oltre un quarto di secolo, quella di un gruppo di cristiani, il “Gruppo Piccapietra”, che si era formato all’inizio degli anni ‘90.

Allora il Concilio era finito un altro quarto di secolo prima, ma la chiesa genovese stentava ad uscire da uno stadio di stagnazione, sostanzialmente ancora preconciliare. Il Card. Canestri, succeduto al Card. Siri da pochi anni, stava gestendo con intelligenza e buon senso la transizione verso un’epoca nuova e più promettente, e tra le altre cose aveva istituito alla fine del ‘90 la Consulta diocesana per l’Educazione, la Scuola, l’Università e la Cultura «con l’intento di garantire un’azione pastorale più organica ed efficace». Il Vicario episcopale per la Cultura e l’Educazione, responsabile della Consulta, Mons. Marino Poggi aveva perciò invitato nella primavera del ‘91 persone di area cattolica sensibili ai problemi della cultura a fornire alla Diocesi un contributo di idee e iniziative.

È allora che un gruppo di amici, in buona parte provenienti dal MEIC, che già stava meditando su questi temi, sentitosi interpellato, si riunì per riflettere sullo stato della chiesa locale e formulare una proposta al Vicario. Erano una ventina di persone, tra cui P. Enrico Di Rovasenda, che si riunirono il 28 maggio 1991: quel giorno di ventisette anni fa fu assunto come data di nascita del Gruppo Piccapietra.

 

Quale fu la proposta del Gruppo?

Dopo un esame critico dello stato della chiesa locale – popolo di Dio e non sola gerarchia –, il Gruppo sosteneva che per aprirsi a orizzonti nuovi era necessario anzitutto analizzare e valutare in profondità lo stato di questa chiesa, e allo scopo proponeva che si svolgesse un’appropriata ricerca con metodologia scientifica. Con l’incoraggiamento di Mons. Poggi il Gruppo si impegnò allora nell’elaborazione di un progetto da sottoporre poi all’Arcivescovo.

Per una ricerca seria il Gruppo pensò di avvalersi della consulenza di Mons. Silvano Burgalassi, uno dei maggiori esperti di sociologia della religione dell’epoca, docente all’Università di Pisa, che consigliò di svolgere la ricera in due fasi. Una prima fase doveva chiarire quanti fossero i fedeli (quelli cioè che compivano uno degli atti base della fede: la frequenza alla messa festiva), e chi fossero: quanti uomini, quante donne, quale il loro stato civile, quale la professione, quale l’età, ecc. Una seconda fase doveva poi analizzare a fondo i bisogni e i problemi della chiesa locale e in particolare come la gente intendesse la sua appartenenza alla chiesa e la sua aderenza al messaggio evangelico.

Il Card. Canestri fece proprio questo progetto e diede il via alla prima fase, incaricando il Vescovo ausiliare di seguire personalmente il lavoro, sostenerlo e rimuovere eventuali resistenze, mentre il Gruppo Piccapietra se ne fece carico direttamente, sempre con l’aiuto di Mons. Burgalassi.

Il lavoro fu estremamente lungo e impegnativo, soprattutto nella fase di informazione e convincimento anzitutto delle persone più significative della Curia, poi di tutti i parroci delle 281 parrocchie della Diocesi. Ma assai impegnativa fu anche la ricerca e la formazione di un adeguato numero di volontari che curassero nelle 577 chiese del territorio l’effettuazione della ricerca durante le 1489 messe prefestive e festive che vi si celebravano.

La rilevazione fu alfine effettuata nel febbraio 1995, sul finire del ministero del card. Canestri, secondo una metodologia messa a punto da Mons. Burgalassi: a ciascun presente alla messa festiva (il sabato e la domenica di un certo weekend) veniva data una scheda dalla quale egli doveva staccare un certo numero di tagliandi corrispondenti alle proprie caratteristiche. Fra la mole di dati che furono ricavati dalle 129.000 schede risultanti vale la pena di citarne solo uno: la messa festiva veniva frequentata dal 14 % della popolazione.

Questa è stata la prima fase del progetto. La seconda fase, che doveva indagare a fondo i pensieri e gli atteggiamenti dei fedeli, ritiratosi il Card. Canestri, non fu di fatto sostenuta dai suoi successori.

 

Ma il Gruppo Piccapietra non si era impegnato solo nell’indagine socio-religiosa. Fin dagli inizi si era anche dedicato alla ricerca e riflessione, alla luce della Parola di Dio e della fede cristiana, sui più significativi temi che la realtà del tempo andava proponendo.

Quindi, delusa la speranza di poter continuare un lavoro più diretto e concreto nella Diocesi, il Gruppo si è da allora sempre più intensamente dedicato a questo impegno di riflessione e ricerca, ritenendo che, a quel punto, tale fosse il contributo più utile che poteva dare alla chiesa locale e delineando così più nettamente la propria autonomia dalle strutture diocesane, in uno spirito, peraltro, di grande rispetto reciproco.

Così, negli anni, si è cercato, con l’aiuto di studiosi a livello nazionale, di approfondire i temi più vari sia nel campo religioso, sia in quello civile, quali la Scrittura, i modi e le vie dell’annuncio cristiano, l’educazione e la promozione umana, l’etica della responsabilità, le realtà sociali, economiche e civili, la religione e la fede, l’educazione al dialogo e alla pace, la laicità, le identità culturali, i problemi della comunicazione, la solidarietà, la misericordia e il perdono, e, in particolare, in questi ultimi anni, il magistero di papa Francesco.

È opportuno notare che la scelta dei temi da affrontare non veniva fatta man mano che l’attualità faceva emergere i più svariati problemi, ma secondo un approccio più organico e sistematico: veniva elaborato un programma annuale che prevedeva un tema generale, declinato nei suoi vari aspetti nei cinque-sei incontri dell’anno; a questi incontri tematici venivano poi aggiunti ogni anno due momenti di riflessione religiosa in Avvento e in Quaresima; ogni relazione, di norma, veniva registrata, trascritta e messa a disposizione di tutti gli interessati; di essa veniva dato conto in un articolo sul settimanale diocesano.

Un “gruppo di base” di una quindicina di persone, continuazione del gruppo originario del 1991, ha sempre assicurato la copertura di tutte le spese, in particolare il compenso ai relatori e l’uso delle sale riunioni (prevalentemente sale della Curia, concesse a titolo oneroso).

 

Questo è stato l’impegno del gruppo per molti anni.

Ma in questo quarto di secolo molte cose sono cambiate.

È estremamente mutato il contesto in cui operare: dal punto di vista culturale, sociale, religioso, politico, del linguaggio, ecc.: un cambiamento che si può definire antropologico, su cui qui non è il caso di soffermarsi perché ben noto.

E sono molto cambiati anche i componenti del Gruppo Piccapietra: ovviamente per l’età; ma nello stesso tempo non sono cambiati abbastanza per un altro verso: l’adeguatezza ai tempi, cioè la capacità di usare modi e linguaggi adatti e attraenti per i più giovani.

E allora, a questo punto, un po’ di riflessione sulla attuale validità del loro impegno li ha fatti serenamente concludere che piuttosto che continuare il discorso, nell’impostazione che lo ha caratterizzato, ad un uditorio affezionato sì e capace ancora di recepirlo, ma sempre più ridotto e anziano, è meglio fermarsi. È la volontà di non finire estenuati in un binario morto, ma anche la consapevolezza di essere arrivati al capolinea, peraltro grati al Signore se il lavoro svolto negli anni è riuscito a dare qualcosa a qualche fratello.

Nello stesso tempo il Gruppo è convinto che i valori di fondo ai quali si è sempre ispirato siano ancora e più che mai validi, e che sia sempre necessario riproporli e approfondirli. E c’è la speranza che altri – più giovani – sentano il bisogno di coltivarli, sapendoli integrare nel contesto attuale e con le modalità più adeguate ai tempi. I segni che confortano questa speranza si avvertono. A chi già si dedica o si vorrà dedicare a questo impegno vanno tutti gli auguri del Gruppo Piccapietra.

 

Piero Longhi

Genova, 18/11/2018

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