Koinonia Dicembre 2018


È POSSIBILE UNA MUTAZIONE GENETICA DELLA COMUNITÀ DI FEDE?

 

Uno dei problemi da affrontare secondo me, è la ricerca di luoghi di aggregazione dove trovarsi al di fuori della messa:  la dispersione o lo spaesamento se vuoi di molti cattolici, ma si può estendere dove coltivare le relazioni. Penso ad un capitolo di un libro di Arturo Paoli, Cent’anni di fraternità (Chiesa del culto o della liberazione) dove la liturgia è separata dalla vita con le conseguenze di una spiritualità intimista, individualista dove manca l’Amicizia. Ho l’impressione  che se non facciamo delle esperienze dove sentiamo il “gusto di Dio” quello che pensiamo di professare sia inautentico e artificioso rispetto alla nostra natura. L’amicizia così importante in questo tempo di legami indeboliti, di pesi che ognuno porta da solo senza molto spesso quella condivisione che ci viene sollecitata dal Vangelo. Allora il rischio è vivere in modo scisso, con la sensazione di una imposizione che ci viene dall’abitudine in cui è spento l’entusiasmo, non arde più nessun fuoco, non c’è credibilità ma solo un credere per osmosi, per pigrizia.

Se il coraggio si alimenta insieme, oggi sperimentiamo spesso il suo opposto: un cammino nel deserto della propria solitudine, un tempo solo di sopravvivenza senza il gusto della comunanza. “Nel mondo-carcere io non languo solo”... scriveva uno dei più grandi poeti russi del Novecento, Osip Mandel Stam, eppure con le dovute differenze storiche...oggi spesso si ha la sensazione di una perdita di spazi aperti in senso lato, dove aprirsi ed incontrare la storia dell’altro per fare un pezzo di cammino insieme. In fondo i primi cristiani erano chiamati quelli della via, stavano nella strada, dove passava la “Vita”, dove il volto dell’uomo battuto ostacolava la propria tranquillità (pensiamo alla parabola del samaritano), dove il desiderio di vita abbondante spingeva a salire sugli “alberi”... per scorgere meglio e farsi vedere (pensiamo a Zaccheo). Penso che solo un ritorno alla fonte della fede, che solo un po’ di coraggio insieme ad un grammo di follia possa scongiurare quella ipocrisia così spesso nominata nelle invettive contro i farisei dal nostro Modello Unico, Gesù Cristo. 

Perché la poca affluenza in Chiesa e nella maggioranza dei casi sempre i soliti credenti? Riesce ancora a suscitare inquietudine, domande, la fede o rimane una cosa scontata come un possesso. Scriveva il filosofo Miguel de Unamuno che una fede senza dubbio è una fede morta, ma senza arrivare al dubbio cartesiano, forse ricominciare a fare un cammino per dare ragioni alla fede che abbiamo trovato nascendo. Fare il nostro cammino particolare per vivere quella sequela che con i doni che abbiamo ricevuto possiamo sviluppare. 

Lo dico a malincuore e senza giudizio perché non sono meglio di altri o peggio,  come diceva il grande Dostoevskij, ma se non entra quello spirito della fanciullezza nella Chiesa di oggi le nostre celebrazioni possono assomigliare sempre più a delle abitudini separate  dalla Vita della strada. 

 

Massimiliano Filippelli

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