Koinonia Settembre 2018


UNA LAPIDE PER QUNZIO

 

Non accade spesso di trovare targhe e lapidi con poca retorica che rispecchiano fedelmente lo spirito della persona celebrata. Per cui grande è stato il mio stupore quando, in una ventosa e rigida giornata di gennaio ad Alassio (l’inverno morde anche in Liguria, benché i continentali la pensino diversamente), su una facciata del Comune ho letto:

 

«In questa sede civica nacque il 5.V 1927 / Sergio QUINZIO / pensatore e teologo / visse la sua storia di pensiero e di fede / come espressione ed esperienza reale / della “tenerezza di Dio” / intravista e sofferta nell’ascolto e / nella ricerca appassionata / della sua parola / Nel centenario del palazzo comunale / L’amministrazione e la popolazione / posero il 17 luglio 2004».

 

Chi ha scritto queste parole ha letto le sue opere e ha capito chi era. Figlio del comandante dei vigili di Alassio (che fruiva dell’alloggio di servizio nella casa comunale), si trasferisce a Roma per frequentare l’Università, ma nel 1949 per necessità familiari, si arruola nella Guardia di Finanza e vi presta servizio per circa 20 anni. Sul finire degli anni ‘60 lascia l’Arma e, con una scelta quasi monastica, si ritira ad Isola del Piano, piccolo paese delle Marche. Sono anni di profondi studi e di collaborazioni editoriali prestigiose. Muore a Roma il 22 marzo 1996.

 

Grande biblista, forse oggi un po’ dimenticato, indagò con prosa densissima molti aspetti dell’ebraismo (Le radici ebraiche del moderno, 1990) senza tralasciare temi delicatissimi, come quello del fallimento del cristianesimo (Cristianesimo dell’inizio e della fine, 1967 e soprattutto Mysterium iniquitatis, 1995). In quest’ultima opera, infatti, egli immagina la scomparsa della Chiesa, con un’ultima enciclica che sancisce il dogma del suo fallimento.

 

Davide e Golia

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