Koinonia Settembre 2018


L’opinione pubblica fu spinta verso la “grande” guerra, grande per le dimensioni non per gli ideali patriottici di popolazioni inconsapevoli, per un coacervo di ragioni, fra cui quelle indicate dall’articolo firmato da Anna Marina Piazza Storoni dal titolo “Difendiamo la grande guerra”: gli interessi dei “pescecani”.   

 

NON DIFENDIAMO LA GRANDE GUERRA

GRANDE PER LE DIMENSIONI NON PER GLI IDEALI

(articolo alternativo all’analogo pubblicato nel maggio 2018)

 

         Ancor prima di Sarajevo ovunque si parlava di guerra inevitabile, augurabile, espansiva, produttiva, biologica, tonico da somministrare in extremis. Per tutti i Paesi un solo reale motivo per promuoverla: l’acuirsi della questione sociale, non l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando e della consorte, esposti come tirassegni in un poligono di tiro. La guerra, estetica estrema di modernità e annunciatrice di una nuova era, fu fatta accettare al popolo, agognata da manipoli di intellettuali per superare il disagio di una società carica dell’istinto primordiale di violenza. Un raffinato modo per liberarsi delle masse e riconquistare l’individualità creativa nel mezzo del cataclisma purificatore.

         Due giorni dopo i fatti di Sarajevo, il capo di Stato maggiore dell’esercito, il generale Alberto Pollio, fu trovato senza vita in una stanza al primo piano del Turin Palace di Torino dal suo attendente che dimorava, stranamente, al piano superiore. La missione del generale aveva lo scopo di verificare la logistica sul fronte francese. “Arresto cardiaco” la causa di morte comunicata frettolosamente a Camera e Senato da Salandra mentre si apprestava a nominare il generale Cadorna, nemico giurato di Pollio, capo di stato maggiore dell’esercito. Intanto scattava sul defunto la damnatio memoriae, per sempre. Austriaci e tedeschi gridarono forte al complotto e al sabotaggio, i giornali italiani, francesi e inglesi ricordarono succintamente il generale come “sposo di una baronessa ebrea viennese, dalla difficile personalità”. Sì, talmente difficile da saper marciare controcorrente al punto da omettere un piano strategico contro l’Austria.

          Negli ambienti diplomatici degli Imperi centrali fu fatto ricircolare un vecchio dispaccio dal valore profetico: “L’Italia soffre per il mal digerito boccone della Cirenaica nel contesto di una situazione sociale e finanziaria interna molto tesa. L’esercito ha attraversato una fase infantile, ma il suo nuovo eccellente Capo di Stato maggiore, generale Alberto Pollio, possiede impari intelligenza e solida lealtà di galantuomo e soldato. Ma quanto durerà? Il Re dipende dal Governo, il Parlamento è distratto e ondivago, la Francia ha costruito forti legami in Italia, la quale, come sempre, fa affari e altri intende farne con le vittorie altrui.”

           In Italia la situazione politica, già critica, assunse toni drammatici con il suicidio del deputato Guido Fusaro per “l’atto ignobile, moralmente infame in caso di guerra contro l’Austria”. Aveva scritto a Giolitti, neutralista ed assertore della via diplomatica: “La guerra causerebbe l’annientamento della Patria. Io piango mentre ti scrivo. Caro Giovanni,  per sentimento ognuno può gettare la propria vita, ma non quella di un intero Paese”. Dieci anni dopo Gaetano Salvemini detterà una sintesi storica nelle sue Lezioni di Harvard: “La maggioranza parlamentare era d’accordo con la maggioranza del popolo che rifiutava la guerra. Ma poi non osò resistere alle minacce di una folla spinta nelle piazze d’Italia. Essendo stata manipolata dal governo durante le tre precedenti legislature, la maggioranza giolittiana non possedeva il prestigio per resistere alla decisione del governo e alla volontà delle forze extraparlamentari che lo sostenevano. Non poteva agire come autentica rappresentanza del Paese dopo che per dieci anni non lo aveva rappresentato”. Intanto la doppiezza di Salandra e Sonnino, la passata disinvoltura istituzionale di Giolitti, l’interventismo democratico di Salvemini, la demagogia della stampa con in testa Il Corriere della sera di Albertini, l’indifferenza e la superficialità degli intellettuali, gli interessi dei grandi industriali portarono al dramma il Parlamento ed il Paese.    

 

         Il 26 aprile 1915 l’Italia aveva siglato in segreto, all’insaputa del Parlamento ma con il patrocinio del Re e il consenso di Cadorna, il Patto di Londra con l’impegno di entrare in guerra contro gli Imperi centrali entro trenta giorni. Commenterà Salvemini nel suo esilio americano durante la dittatura: “Noi non siamo stati in grado di essere imparziali e misurati, potremo però essere onesti confessando errori, passioni e pericoli che hanno comportato la nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità semplicemente è un dovere”.

         Una decisione folle, un trionfo per gli interventisti fulmineamente maggioranza nel Paese e in Parlamento. Allo scadere del patto di Londra, il 24 maggio 1915, l’Italia dichiarò guerra all’Austria sua alleata da trent’anni, dopo l’anno di equidistanza neutrale trascorso in trattative segrete e redditizi traffici d’armi con Paesi belligeranti d’ambedue i fronti e con quanti stavano preparandosi dietro le quinte della scena mondiale.

         Mezzo milione di giovani tradotti ai confini con l’ordine d’invadere i territori dell’alleato, ora all’improvviso divenuto nemico…avanti Savoia!...fuori dalle trincee con molto alcool in corpo...sui campi di gloria per sventrare contadini travestiti da soldati e da loro essere sventrati. Le differenze nella divisa e nella direzione di marcia. Privi di addestramento e di equipaggi adeguati, contadini travestiti da soldati invasero e distrussero terre e stamberghe di contadini italiani alle prese con la scarsità della raccolta e i magri pascoli di sparuti armenti. Il passaggio dell’esercito espropriava, calpestava e distruggeva tutto, uccideva animali, inaridiva e spopolava terre, creava moltitudini di profughi che stramaledicevano tutto e tutti inscenando proteste, invano, rischiando la corte marziale e la vita. Trincee ed arsenali squarciarono civiltà millenarie, umili e dignitose. Spinti dal bisogno molti infransero leggi e tradizioni morali custodite come scrigni mentre giornali osannanti i campi d’onore, esaltavano la fascinazione della guerra. Gloria, gloria, gloria per tutti! Quanti non vedevano i volti del terrore e non ascoltavano le grida di follia davanti ai cannoni ardenti s’arruolavano  entusiasti, impettiti e orgogliosi al richiamo dell’amor patrio, inconsapevoli, spinti dai loro padri, non trattenuti dalle madri, ammirati, sedotti, ubriacati, traditi...Volevano riscattare la banalità dei loro giorni racchiudendo nel gesto eroico estremo l’evento assoluto della loro vita, lì a portata di mano per realizzare, finalmente, un effimero futuro di speranza. Per molti la morte abolirà il tempo disintegrandolo nel volgere di un lamento.

         Nei palazzi, nelle strade e nelle piazze, alla fine, echeggeranno fanfare, rullii di tamburi, cadenze di scarponi e tintinnii di sciabole, squilli di trombe davanti a migliaia di svettanti gonfaloni, urla possenti, misteriosi e lontani…presentarm!arm!…il Piave mormorò non passa lo straniero!...in mezzo ad ali di folla in festa trionfanti gli uomini delle Istituzioni celebreranno la vittoria, sfileranno con medaglie e lustrini sui loro petti e su quelli dei pochi reduci, mutilati ma vivi... inneggeranno alla Patria… passeranno in rassegna compagnie di contadini travestiti da soldati straordinariamente lindi che sull’attenti presenteranno armi inaspettatamente lucide… sfileranno orgogliosi in mezzo al popolo festante…variopinto… smemorato di fronte a immani lutti e devastazioni…affiggeranno bollettini della vittoria… distribuiranno croci di ferro e cavalierati…innalzeranno monumenti ricoperti di marmi cosparsi di nomi incisi, recintati da residui bellici… sormontati da sontuose statue di aitanti combattenti che vittoriosi brandiscono al cielo i loro fucili…autentici inni alla guerra mentre la vita stentatamente riprende mescolandosi alle crescenti sofferenze quotidiane. Nonostante i coni d’ombra delle lapidi e dei cippi sparsi fin nei borghi più minuti l’immane tragedia, nella memoria, resterà illuminata dagli invisibili sguardi innocenti di quindici milioni di morti, nella sola Europa, fra combattenti e civili, venti milioni di deceduti per malnutrizione, colera, tifo, dissenterie, febbre spagnola, vaiolo, tubercolosi, malattie veneree, quaranta milioni di veterani che non troveranno pace, quattro milioni di menomati fisici e psichici, madri e padri inconsolabili, vedove e orfani senza futuro, giovani donne condannate alla solitudine sterile per la sparizione di un’intera generazione di coetanei, milioni di bambini malnutriti, afflitti da rachitismo, poliomielite, tubercolosi, vaiolo, tifo, dissenterie, tigna, scabbia, parassitosi, psicopatie, deturpati dalle esplosioni di ordigni disseminati nei campi, espropriati della loro infanzia. Poi… il caos, l’imporsi del mito della vittoria mutilata, il fascismo, il nazismo, il franchismo, la seconda guerra in Europa e nel Mondo intero con altri sessanta milioni di civili e militari morti, l’infelicità di moltitudini inestimabili di mutilati, malati, umiliati, affamati, senza casa, deportati, colpiti da disgrazie e lutti, costretti alla solitudine e alla disperazione, inconsapevoli di giostre di parole, nazionalizzazioni di masse, invocazioni della guerra come speranza e igiene del mondo, estetica estrema, annuncio di modernità e progresso, cataclisma purificatore e rigeneratore di vita…   

         Fallite le acclamate oratorie estetizzanti, sconfessate le agognate bellezze della guerra e rinnegati i suoi magnifici poteri taumaturgici, di fronte alle inconsolabili miserie della violenza estrema e del caos totale l’umanità intera ancora una volta riscoprì la sua assoluta precarietà, l’impervia solitudine e l’estrema fragilità del proprio essere, la prossimità della perdizione e della morte e, infine, la maturazione di una coscienza comune, temporanea se ben presto riconsegnò il proprio futuro a fascismo e nazismo con le incalcolabili imperiture rovine.

 

Francesco Domenico Capizzi  

 

      

                    


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