Koinonia Giugno 2018


Etty Hillesum in preghiera

 

“La ragazza che non sapeva inginocchiarsi”

 

20 FEBBRAIO 1942 - Di sera, le sette e mezzo

Davvero curioso. Sono stata mesi senza inginocchiarmi. Perché ho veramente sperimentato dentro di me una preghiera continua. E ora di colpo sono caduta a terra, sullo stomaco peccatore ancora il peso indigesto del panino con granella clandestina, mi sono nascosta il viso tra le mani e ho detto, quasi con disperazione: Oh Signore, fa’ ch’io viva un po’ di più nello spirito.

 

Preghiera della domenica mattina [12 luglio 1942]

Sono tempi terrificanti, mio Dio. Stanotte, non mi era mai successo prima, mentre ero coricata con gli occhi insonni brucianti nell’oscurità, si stagliavano senza posa davanti a me innumerevoli immagini di sofferenza umana. Ti prometto una cosa, mio Dio, un’inezia: starò attenta a non appendere all’oggi, come tanti pesi, le preoccupazioni per il futuro; ma questo richiede un certo allenamento. Ciascun giorno, di questi tempi, ne porta con sé già abbastanza. Ti aiuterò, mio Dio, a non spegnerti in me, ma non posso prometterti niente in anticipo. Di certo una cosa mi diventa sempre più chiara: tu non puoi aiutarci, noi piuttosto dobbiamo aiutare te ed è così facendo che in fondo aiutiamo noi stessi. Tutto ciò che possiamo salvare in tempi come questi e anche l’unica cosa che conta è un pezzettino di te in noi stessi, Dio. Forse così potremo anche contribuire a dissotterrarti dai cuori martoriati degli altri. Sì, mio Dio, sembra che tu possa fare ben poco per modificare la situazione, che in fondo è anch’essa parte integrante di questa vita. ,

Io non faccio appello alla tua responsabilità, anzi un giorno tu chiamerai in causa noi. E ad ogni battito del cuore mi è sempre più chiaro: tu non puoi aiutare noi, anzi noi dobbiamo aiutare te e proteggere in noi fino alla fine la casa dove tu dimori. Ci sono persone - da non crederci! - che anche all’ultimo momento mettono al sicuro aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento, invece di preoccuparsi di te, mio Dio. E ci sono persone che pensano solo a mettere al sicuro il loro corpo, divenuto ormai un mero contenitore di mille paure e di mille risentimenti. Dicono: me non mi avranno nelle loro grinfie! Dimenticano che non si è mai nelle grinfie di nessuno quando si è nelle tue braccia. Comincio a tranquillizzarmi di nuovo mio Dio, dopo il nostro dialogo. Ti parlerò ancora spesso nel prossimo futuro e in questo modo impedirò che tu fugga via da me. Senza dubbio vivrai con me anche tempi di magra, mio Dio, non alimentati così vigorosamente dalla mia fiducia, ma credimi, continuerò a lavorare per te, ti resterò fedele e non ti respingerò fuori dal mio territorio.

 

[Mercoledì] 22 luglio [1942], le otto di mattina

Mio Dio, dammi forza, non solo la forza spirituale ma anche quella fisica. Voglio proprio confessartelo, in un momento di debolezza: se dovrò lasciare questa casa, non so proprio cosa farò. Ma non voglio perdere un solo giorno a preoccuparmi. Toglimi di dosso queste preoccupazioni, perché se dovessi reggere anche loro oltre a tutto il resto, come potrei ancora farcela? Sono così stanca oggi, in tutto il corpo, e quasi mi manca il coraggio di affrontare il lavoro odierno. Veramente non credo molto in questo lavoro; se dovesse durare a lungo, penso finirei per sentirmi del tutto sfiancata e rassegnata. Tuttavia ti ringrazio perché non mi hai lasciata seduta alla mia tranquilla scrivania ma mi hai gettata nel cuore delle sofferenze e delle preoccupazioni proprie di questo tempo. Non sarebbe poi così impossibile un idillio con te in uno studio ben al riparo, ma ciò che conta ora è riuscire a conservarti intatto con me ovunque io vada e restarti fedele in mezzo a tutto questo, come ti ho sempre promesso.

Quando cammino per le strade, il tuo mondo mi dà molto a pensare - no, pensare non è la parola, piuttosto è lo sforzo di comprendere con un nuovo organo di senso. Ho spesso la sensazione di poter abbracciare con un unico sguardo la nostra epoca, come una fase della storia di cui conosco l’inizio e la fine, e che so “inserire al suo posto” nel tutto.

 

27 luglio 1942. Di sera, le dieci e mezzo

Dovrà pur sopravvivere qualcuno per testimoniare che Dio è vissuto anche nella nostra epoca. E perché non potrei essere io quel testimone? [...] Sento di dover essere prudente con ognuna delle mie parole. Come se avessi il dovere di pronunciare solo quelle strettamente indispensabili. E come se tutto ciò che amo e che mi è caro qui, dovessi raccoglierlo e conservarlo nel fondo di me, per poter portare con me tutto un mondo irrinunciabile. Dire solo l’indispensabile, e per il resto concentrarsi sempre più in sé. Ora che siamo quasi stritolati dalla nostra epoca, che forse un giorno si potrà definire grande, l’importante è sollevare Dio a mo’ di stendardo, al di sopra delle mille angosce, dei pensieri opprimenti e dello scoraggiamento che ci infligge il quotidiano.

 

15 settembre 1942, martedì mattina, le dieci e mezzo

Forse tutto questo, tutto insieme, è davvero un po’ troppo, mio Dio. Ora mi accorgo di quante cose mi hai dato da sopportare. Tante belle e tante difficili. E quelle difficili, quando mi sono mostrata pronta ad accettarle, si sono trasformate in qualcosa di bello. E le cose belle e grandi talvolta sono state ancora più dure da sopportare delle sofferenze, perché erano così travolgenti [...] Ti sono davvero grata mio Dio, perché hai scelto proprio il mio cuore, di questi tempi, per fargli sopportare tutto ciò che ha sopportato. Forse è un bene che mi sia ammalata, non mi sono ancora riconciliata con questo dato di fatto, sono ancora un po’ stordita, persa e disarmata, ma allo stesso tempo sto provando a racimolare in ogni angolo del mio essere un po’ di pazienza, ci vorrà un genere di pazienza completamente nuovo per una situazione che è del tutto nuova, questo lo avverto con chiarezza. Parlare con te, mio Dio. Va bene? Poiché gli esseri umani passano, non desidero altro che parlare con te. Se nutro un amore così intenso per gli altri, è perché in ciascuno di loro amo un frammento di te, mio Dio. Ti cerco ovunque negli uomini e trovo spesso un frammento di te. E cerco di disseppellirti nel cuore degli altri, mio Dio.

 

 

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