Koinonia Giugno 2018


KAIROS-ITALIA SEMPRE ALL’ORIZZONTE

 

L’ipotesi di lavoro Kairòs-Italia non è tramontata, ma continua ad essere presente, appunto come orizzonte orientativo. L’attenzione prestata al testo di Stella Morra rispondeva esattamente alla ricerca e al tentativo in atto  di trovare una plausibile chiave di lettura teologica del “caso-Italia”, divenuto più che mai per noi “luogo teologico” e banco di prova per una predicazione del vangelo su un terreno già troppo sfruttato o comunque occupato da insediamenti tutt’altro che rimovibili. Ai fini di una rinascita evangelica di base, tutto appare già fatto e immodificabile, se non per restauri e abbellimenti!

 

Devo dire che guardo spesso alla prospettiva paolina  della “kenosi” -  abbassamento, svuotamento..-  in vista di una riflessione teologica diciamo kenotica, tale cioè che consideri e valorizzi l’azzeramento come condizione di comprensione e di indirizzo dello stato delle cose nel nostro Paese in chiave di tradizione cristiana: una sorta di tabula rasa della fede di un popolo, per ritrovare gli elementi primi da cui ripartire. Questa attitudine mi ha portato a cogliere con interesse il titolo di un libro di Brunetto Salvarani, che mi sembrava potesse rispondere a queste mie  attese e potesse aiutarmi ad impostare un metodo di pensiero per entrare nel vivo della situazione religiosa ed ecclesiale nella quale siamo immersi. Il titolo infatti è “Teologia per tempi incerti” (Laterza, 2018), ed il libro è imperniato tutto sul tema della “fragilità”.

 

Mi sono però reso subito conto che, il volume si sviluppa secondo una chiave di lettura che “presenta alcune figure del libro sacro agli ebrei e ai cristiani”: è quindi l’illustrazione biblica di un tema che può fare da quadro di riferimento, ma non entra nel vivo della situazione, per vedere cosa comporta fare leva sulla fragilità come base per una liberazione della fede dalle sue incrostazioni, rivestimenti, elaborazioni culturali, per riportarla alla sua originalità e fecondità: invece che arrivare alla fede attraverso le infinite mediazioni e strumentazioni, verificare tutte queste a partire da una fede nuda che, come il seme che muore, abbia la sua potenza vitale e sappia trovare i suoi tempi e percorsi di crescita.

 

È chiaro che deve essere una fede vissuta e condivisa, che postulerebbe un concorso libero e personale di esperienza e di intelligenza: una teologia itinerante e mendicante in fieri, che si fa mentre “crede” (in credendo) e che diventa comprensione e prospettazione nell’agire. Si tratta di una “esistenza teologica”, quale del resto dovrebbe tornare ad essere la vita di una chiesa o del Popolo di Dio.

 

In ogni caso, scorrendo le pagine del libro, vedo che l”ultimo capitolo è dedicato a “La fragilità della chiesa”, e andando a guardarlo noto che le pagine conclusive entrano in qualche modo nel filone in cui ci ha introdotti Stella Morra, che è poi quello di una spoliazione possibile da tutte le forme derivate  e surrogate di una fede non è mai riducibile alle sue condizioni di fatto, per quanto incorporate. È chiaro che non si tratta di una affermazione e basta, ma ormai è qui il ferro da battere , se effettivamente vogliamo essere strumenti vivi di una modificazione genetica di esistenza credente.

 

In questo senso anche Brunetto Salvarani ci dà un aiuto nelle pagine conclusive del libro riportate di seguito, in cui si dice di  “abitare le fragilità della Chiesa” e  - guarda caso - si leggono  queste parole: “E  chissà che, alla fine, non si riveli un kairòs, un tempo di straordinario e sorprendente opportunità”. In ogni caso si veda e si mediti anche questo testo, perché porta acqua al mulino di “Kairòs-Italia” che rimane aperto a tutti.

 

ABS

 

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