Koinonia Aprile 2018


Leggendo l’omelia della Domenica delle Palme

 

PAPA FRANCESCO PER UN NUOVO ’68?

 

Parlando dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme nella sua omelia per la Domenica delle Palme, Papa Francesco osserva che la “gioia osannante del popolo risulta scomoda e diventa assurda e scandalosa per quelli che si considerano giusti e fedeli alla legge e ai precetti rituali”. E annota amaramente: “Com’è difficile comprendere la gioia e la festa della misericordia di Dio per chi cerca di giustificare sé stesso e sistemarsi! Com’è difficile poter condividere questa gioia per coloro che confidano solo nelle proprie forze e si sentono superiori agli altri”. Non è solo un’annotazione di carattere morale che riguarda comportamenti di singoli, ma è la denuncia del vizio di fondo di un sistema, come quando nel racconto della Passione di Marco abbiamo ascoltato sempre ieri che Gesù era stato consegnato a Pilato “per invidia”.

Che le cose stiano così, lo dimostra quanto segue, che non è un commento spirituale, ma è un mettere il dito nella piaga in termini papali papali per la chiarezza, anche se meno usuali quanto a radicalità: “E così nasce il grido di colui a cui non trema la voce per urlare: ‘Crocifiggilo!’. Non è un grido spontaneo, ma il grido montato, costruito, che si forma con il disprezzo, con la calunnia, col provocare testimonianze false. È il grido che nasce nel passaggio dal fatto al resoconto, nasce dal resoconto. È la voce di chi manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a ‘incastrare’ altri per cavarsela. Questo è un [falso] resoconto. Il grido di chi non ha scrupoli a cercare i mezzi per rafforzare sé stesso e mettere a tacere le voci dissonanti. È il grido che nasce dal ‘truccare’ la realtà e dipingerla in maniera tale che finisce per sfigurare il volto di Gesù e lo fa diventare un ‘malfattore’. È la voce di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi. È il grido fabbricato dagli ‘intrighi’ dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia che proclama senza problemi: ‘Crocifiggilo, crocifiggilo!’”.

Se un papa ha avuto l’ardire di pronunciare questa sentenza, abbiamo altrettanto coraggio di ascoltare queste parole per quello che sono, per non farle disperdere nel colonnato di Piazza S.Pietro come parole di routine per un Papa? “Crocifiggilo”:  “è il grido che nasce dal ‘truccare’ la realtà e dipingerla in maniera tale che finisce per sfigurare il volto di Gesù e lo fa diventare un ‘malfattore’”. Avviene sistematicamente tutte le volte c’è da “mettere a tacere le voci dissonanti”: squalificarle a priori e sottoporle ad un “resoconto” o resa dei conti senza mai avere un minimo di ascolto. Mi chiedo se non ci sia qui un inaspettato invito alla ribellione a questo stato di cose,  alla maniera di Cristo per fare verità: “Di fronte a tutte queste voci urlate, il miglior antidoto è guardare la croce di Cristo e lasciarci interpellare dal suo ultimo grido… Gesù continua a essere motivo di gioia e lode nel nostro cuore oppure ci vergogniamo delle sue priorità verso i peccatori, gli ultimi, i dimenticati?”.

Ci viene detto chiaramente che le cose non possono continuare ad andare avanti così senza che qualcuno si opponga a questo sistema di perbenismo, di comodo, di autogiustificazione, di correttezza formale e di conformismo, a tutti i livelli ma anche sul piano pastorale. A patto che parole così incisive non si siano già volatilizzate nei meandri di ogni potere costituito, provocando più contromisure che voglia di lottare.

Evidentemente Papa Francesco vive queste situazioni e lancia un appello, forse anche senza illudersi che sia ascoltato. In ogni caso ci dice dove è il problema, al di là di tutti i pretesti, le insinuazioni di chi si strappa le vesti: il sistema di potere che difende se stesso  creandosi ad arte i propri nemici. Ecco allora la sua chiamata ai giovani perché vengano allo scoperto: “Far tacere i giovani è una tentazione che è sempre esistita. Gli stessi farisei se la prendono con Gesù e gli chiedono di calmarli e farli stare zitti”.

Ed ecco la perorazione finale che non lascia scampo: “Ci sono molti modi per rendere i giovani silenziosi e invisibili. Molti modi di anestetizzarli e addormentarli perché non facciano ‘rumore’, perché non si facciano domande e non si mettano in discussione. ‘State zitti voi!’. Ci sono molti modi di farli stare tranquilli perché non si coinvolgano e i loro sogni perdano quota e diventino fantasticherie rasoterra, meschine, tristi… Cari giovani, sta a voi la decisione di gridare, sta a voi decidervi per l’Osanna della domenica così da non cadere nel ‘crocifiggilo!’ del venerdì… E sta a voi non restare zitti. Se gli altri tacciono, se noi anziani e responsabili - tante volte corrotti - stiamo zitti, se il mondo tace e perde la gioia, vi domando: voi griderete? Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre”.

Mi chiedo se non ci sia qui la sollecitazione ad un nuovo ’68 e ad una mobilitazione dei giovani perché si facciano sentire, e si facciano carico di un nuovo equilibrio in un mondo fuori asse. Il punto debole di questa operazione è che dei giovani debbano essere spinti a venir fuori dalle loro nicchie e che magari si facciano avanti giovani già inquadrati e incanalati in movimenti finalizzati in senso autoreferenziale. Fino a quando si continua a ragionare di giovani in termini di riserva o di categoria da promuovere e da favorire, tutto si risolve  a vantaggio del sistema, che invece dovrebbe cambiare alla radice perché ci siano spazi naturali per tutti, e quindi anche per i giovani, sia nella società che nella chiesa.

Al momento di chiudere queste considerazioni, vedo che mi viene incontro Michele Serra col suo articolo su Francesco e la nipote del leader nero Martin Luther (Un direttorio Papa-Yolanda King contro il nuovo Vietnam delle armi – in “la Repubblica” del 26 marzo 2018), che evoca appunto un “secondo Vietnam”, quello dei morti uccisi in casa: “Una guerra in piena regola contro la quale costruire, finalmente, un ripudio di massa, e molto di più che un ripudio politico: un ripudio esistenziale come quello che, durante la guerra in Vietnam quella vera, così lontana e così assurda, fece da innesco ai moti giovanili di massa degli anni ‘60”.

È troppo dire che Papa Francesco ha acceso la miccia per un nuovo ’68 prossimo venturo? Si starà a vedere!

 

Alberto B. Simoni op

 

 

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