Koinonia Aprile 2018


PERSONAGGI E VICENDE a cura di Sara Rivedi Pasqui

 

Donne nella bufera

 

Risaliamo con la memoria a quel 24 ottobre 1917 e cioè quando l’Italia era in guerra con l’Impero Austroungarico ed ebbe inizio lo sfondamento del fronte, la fuga degli italiani ad est del Piave, la disfatta dell’esercito italiano e la conseguente rotta di Caporetto. Durante questo evento così tragico con il suo carico di morti, feriti e atrocità di ogni genere le donne dei luoghi di guerra si rivelarono veramente coraggiose, anzi eroiche. Chi furono queste donne? Suore, infermiere, maestre, ma anche contadine e popolane. Esse presero coscienza di dovere difendere il proprio paese. L’episodio che sto per narrare è giunto fino ad oggi grazie al diario di suor Geltrude Bisson la quale, dopo la disfatta di Caporetto, ricevette l’ordine di lasciare Valdobbiadene con quattro sorelle e tredici orfane. Suor Geltrude, nata nel 1864, fu insegnante della scuola elementare di Valdobbiadene dal 1896 fino al 1927, anno della sua morte e fu una donna dal fisico robusto e dal carattere volitivo; apparteneva all’Ordine Doroteo dal nome di Santa Dorotea martire. Al suo diario si deve la storia che sto per raccontare, una storia di donne-suore che vissero l’esperienza dell’abbandono del proprio convento, del paese che le ospitava, ma anche del contatto continuo con i soldati nemici che avevano occupato porzioni di territorio italiano e anche della fame e del freddo sofferti. Inoltre suor Geltrude racconta la storia delle suore dorotee che operavano sia nell’ospedale che nel manicomio di Valdobbiadene prendendosi cura dei malati e delle pazze. Al momento della separazione le autorità avrebbero voluto abbandonare queste sciagurate a se stesse, ma le nostre suore si opposero e decisero di prendersi cura di queste creature indifese e impaurite perché dovevano adempiere al ministero per cui avevano preso il velo.

La suora durante l’anno dell’occupazione aveva fermato sulla carta gli avvenimenti più significativi di cui era stata testimone dettandoli alle consorelle perché non riusciva più a vedere bene in quanto affetta da cataratte. Nel 1927 il signor Carlo Ferrari, un nobiluomo invalido di guerra, si offrì di trascrivere a macchina il manoscritto e di concludere il racconto dietro dettatura dell’anziana suora, ormai molto malata e debole, così suor Geltrude poté ripercorrere quanto aveva vissuto e sperimentato nelle terre al di là del Piave, dopo la disfatta di Caporetto (24 ottobre 1917). Quest’anno, centenario della I Guerra Mondiale, la casa editrice Gaspari di Udine ha pubblicato il libro L’altra Caporetto di suor Albarosa Ines Bassani delle suore dorotee di Vicenza [1] che si è ispirata al racconto di suor Geltrude seguendo fedelmente le esperienze vissute da questo gruppo di suore, ma anche le tristi vicende dei profughi costretti a ubbidire agli ordini delle autorità tedesche, sballottati da un paese all’altro. Praticamente la storia di queste suore si intreccia con quella della popolazione in fuga.

Il diario di suor Geltrude non esiste più, scritto su fogli volanti, a distanza di anni è stato trascritto due volte dunque non è più un vero diario, piuttosto una memoria, ma il racconto ha permesso all’Autrice di costruire una storia viva e piena di notizie del vissuto quotidiano di quei tragici giorno che permette al lettore di viverlo intensamente.

Il dramma di quel funesto periodo fu la fame e le nostre suore incuranti dei pericoli continui partivano alla ricerca di cibo “elemosinando” presso gli abitanti della zona i quali non le respingevano malamente, riuscivano sempre a dare qualcosa. Vedevano le orfanelle tirare il carretto e ne provavano pena, mentre le suore dell’ospedale si prodigavano attorno ai malati e ai feriti. Sia le une che le altre si dimostrarono coraggiose affrontando quotidianamente le difficoltà e i pericoli. Via via che il nemico avanzava in territorio italiano arrivava l’ordine di evacuare per lasciare il posto alle truppe austriache e tedesche che razziavano tutto quello che trovavano, a dir la verità molto poco perché tutta la popolazione stanziale soffriva freddo e fame. I soldati non rispettavano niente e nessuno, se non trovavano cibo distruggevano, rubavano di tutto e miravano alle povere orfane, tanto che le suore le nascosero in un sottoscala per sottrarle alle brutali attenzioni dei soldati. In quei giorni occuparono un posto di rilievo alcuni parroci come padre Innocente Bortoluzzi che operava nella parrocchia di Revine (un paesino vicino a Vittorio Veneto) che trasformò la sua casa in un rifugio per le nostre profughe e per i suoi parrocchiani anche se le finestre non avevano più vetri e le provviste erano scarse, ma le religiose si sentivano protette e soprattutto sorrette dalla fede che in verità non era mai venuta meno. Le suore non si limitarono a cercare del cibo elemosinando di porta in porta per poter sfamare le orfane e le malate, vollero reagire a quella barbarie organizzando la scuola per i bambini del paese e coinvolgendo gli adulti. Queste suore dorotee furono delle Maestre, fedeli alla loro missione, senza esitazioni. Un anno dopo la disfatta di Caporetto, l’esercito italiano riuscì a liberare questa parte d’Italia e le suore poterono ritornare alla Casa Madre di Vicenza, purtroppo qualcuna mancava all’appello, non ce l’aveva fatta. Sembra che suor Geltrude terminasse così il suo racconto: “……questa fu l’altra Caporetto per tanta gente, per le nostre donne pazze, per le orfanelle e per noi suore di Valdobbiadene”.

 

Sara Rivedi Pasqui

 

[1] Albarosa Ines Bassani è una delle prime due donne nella storia della Chiesa nominata Consultore Storico per le Cause dei Santi e fino ad oggi è l’unica suora membro dell’Accademia Olimpica di Vicenza, la più antica accademia d’Italia sorta nel 1555. Ha pubblicato vari studi di storia contemporanea religiosa, sociale ed economica, veneta.



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