Koinonia Aprile 2018


GRUPPI NEOFASCISTI ALL’OPERA. MA NON SONO FUORILEGGE?

 

Ricorda Manzoni ne “I promessi Sposi” che nella Milano del ‘600, sotto il dominio spagnolo, le autorità condannavano la consuetudine dei potenti di rapire ragazze del popolo per farne oggetto di piacere; ma, poiché tali condanne restavano lettera morta, queste “grida” venivano promulgate più e più volte, sempre con esito negativo, ovviamente.

Questo episodio del romanzo manzoniano mi è tornato alla mente in relazione alla proposta nata in ambito governativo atta a contrastare le organizzazione di ispirazione fascista. Ma come? Non è già scritto a chiare lettere nella nostra Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza che ogni forma di propaganda fascista è proibita? C’è da chiedersi, allora, come mai da decenni organizzazioni che si richiamano addirittura al nazismo (nei simboli, negli atteggiamenti, nelle stesse pratiche violente) siano state tollerate, al punto che talvolta viene loro concesso l’uso di strade e piazze cittadine per manifestazioni pubbliche.

Fino a tempi recenti tali gruppi eversivi, la cui pericolosità è stata sistematicamente sottovalutata, erano considerati un fenomeno residuale, al limite del folclore. Oggi però questa cecità non è più tollerabile. Il rigurgito fascista non è solo italiano, ma è diventato un fenomeno europeo. Croci celtiche, svastiche, teste rasate sono il nuovo look, si fa per dire, di questi gruppi il cui nemico non sono più tanto gli ebrei (almeno per ora) quanto gli immigrati.

I recenti fatti di Macerata stanno a dimostrarlo. Dopo il delitto efferato di una ragazza assassinata e poi fatta a pezzi, del quale sono accusati alcuni nigeriani legati allo spaccio della droga, un giovane neofascista ha sparato alla cieca contro un gruppo di africani, ferendone vari. A prima vista potrebbe essere considerato il gesto criminale, ma isolato, di un estremista disturbato mentalmente; ma le reazioni degli ambienti di estrema destra, che hanno rivendicato tale atto come una giusta vendetta contro l’invasione degli “sporchi negri”, ci suggerisce una ben diversa lettura di tale vergognoso episodio. Si tratta infatti dell’ennesimo tassello di una strategia eversiva atta a far precipitare il nostro paese in una spirale di violenza xenofoba. La risposta dello stato avrebbe dovuto essere immediata e drastica. Subito una manifestazione pacifica di massa, a Macerata, promossa da tutte le forze democratiche con i rappresentanti delle istituzioni in prima fila e poi la chiusura definitiva di tutte le sedi di organizzazioni di stampo fascista presenti sul territorio nazionale. E invece no. Tutta una serie di distinguo e di discussioni sull’opportunità di una iniziativa di tale portata, col sindaco in testa a sostenere che bisogna placare gli animi e evitare contrapposizioni fra i cittadini (1).

Può darsi che la tornata elettorale del 4 marzo abbia suggerito a forze politiche  che si dichiarano democratiche un atteggiamento “prudente”, dato che la questione degli immigrati è un tema sensibile riguardo al quale si rischia di perdere voti. Ma la posta in gioco è ben più alta di un immediato consenso politico.

Memoria corta. Oggi meno che mai sembra aver valore la massima universale “storia maestra di vita”. Tutto sembra essere appiattito sul presente. Ci si dimentica che fascismo e nazismo presero il potere certo perché voluti, sostenuti, finanziati dalle classi padronali italiane e tedesche impaurite da un’eventuale vittoria delle rispettive classi operaie, ma anche per la debolezza dei partiti democratici che non seppero opporsi con decisione ai movimenti eversivi al loro nascere, quando ancora avrebbero potuto essere schiacciati con facilità (2). Sia ben chiaro, interventi dall’alto contro l’insorgere di atteggiamenti razzisti e fascisti, seppure auspicabili, non sono di per sé sufficienti. Reprimere il male è certamente necessario, ma più ancora serve prevenirlo, creare le condizioni perché il male non si manifesti. Da un lato è compito delle istituzioni preposte al governo degli stati favorire condizioni di vita fondate sulla giustizia sociale, che siano in grado di scoraggiare egoismi e paure. Ma un ruolo non secondario è quello dell’educazione familiare, scolastica, religiosa. Come ben sappiamo le stesse chiese con la loro testimonianza possono avere effetti benefici nel favorire un processo di pace fra i popoli e tra gruppi sociali o etnici diversi. Da questo punto di vista la Chiesa cattolica, soprattutto grazie a un papa che si dimostra un vero paladino della pace universale, vive un momento particolarmente favorevole. Ma guai a delegare a un solo uomo, certamente influente a livello universale, ma anche fragile per i troppi potenti nemici (non pochi dei quali all’interno della stessa Chiesa) che si rivelano sempre più agguerriti col passare del tempo. Dobbiamo perciò interrogarci su cosa facciamo di concreto noi, che ci dichiariamo cristiani: siamo veramente, per quanto deboli e imperfetti, operatori di pace? Da più di duemila anni, come cristiani, abbiamo un modello formidabile cui ispirarci: il Vangelo di Cristo. E in più noi italiani, indipendentemente dal fatto di essere credenti o non credenti, abbiamo un vangelo laico, come lo definiva La Pira, nel quale trovare risposte: la nostra Costituzione. Ma essere testimoni coerenti di quei valori diventa sempre più difficile in un mondo dove gli egoismi privati sembrano da tempo aver preso il sopravvento sulle ragioni del bene comune. Ci sembra quasi che insegnare ai nostri figli (se siamo genitori) o ai nostri allievi (se siamo insegnanti) i valori della solidarietà, dell’altruismo, dell’uguaglianza, voglia dire farne dei fessi, dei disadattati, votati a una sicura sconfitta in un mondo dove l’apparire, il successo, la ricchezza vengono presentati come gli obiettivi da perseguire a ogni costo. E tuttavia, se non siamo ciechi, possiamo vedere con chiarezza dove ci porta  una strada in cui l’interesse privato calpesta quello collettivo: verso un mondo senza pace e forse senza futuro.

 

Bruno D’Avanzo

 

 

NOTE

 

1) Una imponente manifestazione promossa soprattutto da svariate associazioni democratiche, ma senza la partecipazione ufficiale delle più consistenti formazioni parlamentari, venne effettuata comunque, a Macerata, subito dopo il raid fascista. Solo svariati giorni dopo venne organizzata, a Roma, una seconda manifestazione, questa volta “ istituzionale”.

2) Purtroppo non mancano elementi che permettono un raffronto  (fatte le debite differenze) fra la situazione sociale dell’Europa successiva alla prima guerra mondiale e quella di oggi. Allora come adesso siamo di fronte a una società allo sbando, colpita da una grave crisi economica segnata da povertà e disoccupazione e al tempo stesso da una profonda crisi di valori. E oltre a tutto ciò ai nostri giorni siamo in presenza di una paura diffusa per l’arrivo di grandi masse di immigrati che, secondo la propaganda della destra xenofoba, rubano il lavoro agli italiani, spacciano, delinquono, portano malattie. Una propaganda che purtroppo, in mancanza di politiche sociali adeguate, trova terreno fertile proprio nei ceti più disagiati, provocando una guerra tra poveri e innestando i germi del razzismo.

 

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