Koinonia Marzo 2018


Libro di interviste curato da T.Petcu e Michele Turrisi *

 

Filosofia della religione al presente

 

Con il presente volume, che raccoglie alcune interviste ai maggiori filosofi della religione italiani, si inaugura presso l’editore Stamen L’umano e il divino, una collana dedicata espressamente alla filosofia della religione. Particolarmente in questi ultimi anni se ne sente in modo impellente la necessità. La questione religiosa è quotidianamente presente sulle prime pagine di tutti i giornali internazionali, ma spesso è affrontata con superficialità e senza il necessario approfondimento. La religione, quale essa sia e a qualsiasi latitudine si esprima, tocca in profondità la vita di miliardi di persone, ma in modo stupefacente la riflessione su di essa ha un andamento episodico e quasi residuale, abbandonata all’estro dei giornalisti e di opinionisti, che mancano spesso di una adeguata formazione storico-religiosa e filosofico-religiosa.

Questo carattere episodico e incerto è dovuto per un verso agli interdetti religiosi provenienti dalle gerarchie ecclesiastiche, che non vedono sempre di buon occhio il formarsi di una categoria autonoma e scientificamente “laica” che studia il fenomeno religioso, per l’altro al laicismo imperante negli ultimi decenni nelle società avanzate europee, che tendono a relegare in un angolo l’esperienza religiosa, per poi ritrovarsela continuamente tra i piedi nelle forme più disparate e inaspettate.

In molti paesi europei di tradizione protestante la filosofia della religione ha da tempo uno spazio all’interno delle Università sia nei Dipartimenti di Teologia e di Filosofia sia in quelli, sempre più frequenti e di altissimo livello qualitativo, delle Religionswissenschaften. La filosofia della religione è inserita a pieno titolo nel dibattito sulle scienze umane, che l’ha fatta avanzare non poco sulla via della definizione generale del fatto religioso. Esistono centri di eccellenza come Freiburg, Tuebingen, Heidelberg, Fribourg, Zurigo, Strasbourg, Lovanio, solo per citarne alcuni, che si applicano alla ricerca filosofico-religiosa secondo i più avanzati criteri e con notevole impiego di risorse. Da questi centri provengono attualmente i migliori filosofi della religione a livello internazionale.

In Italia la filosofia della religione è rimasta sempre ai margini, chiusa in un ambiente governato dall’influenza ecclesiastica, che non permetteva si discutesse di questioni religiose al di fuori degli ambienti ecclesiastici. Negli ultimi decenni, la nuova generazione, formatasi nelle Università tedesche ed europee, ha portato nuova linfa nel dibattito, al di là delle appartenenze confessionali, e ha contribuito in modo decisivo alla discussione. In Italia le scuole di filosofia della religione hanno continuato per decenni stancamente la filosofia “religiosa” dei loro maestri, appartenenti alla filosofia cattolica del Secondo Dopoguerra (Caracciolo, Mancini, la Neoscolatica dell’Università Cattolica di Milano, Pareyson), filosofi che – con la sola eccezione di Pareyson come storico della filosofia idealista – non hanno avuto un’eco internazionale. La ragione è dovuta al fatto che molti di loro hanno intrapreso la strada della filosofia “religiosa”, in cui si mescolava metafisica e teologia, lumen naturale e dato rivelato, perdendo spesso di vista la riflessione filosofica sul fenomeno religioso complessivo. La loro era una scelta di campo filosofica ed esistenziale, in cui la Rivelazione diventava un semplice dato dell’appropriazione esistenziale, per cui il fenomeno religioso era giustificato dalla stessa autochiarificazione dell’esistenza e non richiedeva un ulteriore supplemento di indagine. Per molti anni in Italia si è pensato che la filosofia della religione coincidesse (o dovesse coincidere) con la filosofia dei filosofi cattolici e che i filosofi cattolici più avanzati non potessero che annoverarsi all’interno dell’esistenzialismo cristiano.

Oggi una simile posizione non è più sostenibile, perché è venuto meno il sostrato che permetteva la stessa identificazione della filosofia cattolica. È l’universo stesso del mondo cattolico di riferimento ad essersi dissolto, per un verso sotto l’opera incessante della secolarizzazione che ha eroso le basi del consenso e l’interesse delle giovani generazioni di studiosi, che si sono orientati verso altri ambiti del pensiero filosofico (filosofia del linguaggio, filosofia della mente, etica pubblica, filosofia della politica), per l’altro a causa di un mutamento stesso della società, in cui l’identità cattolica ha perso il suo carattere di identità di riferimento, caratterizzante lo stile di vita complessivo, e quindi anche lo stile di vita filosofico, per divenire una delle tante identità multiple all’interno di cui è chiamato a vivere l’uomo contemporaneo. Pensare di vivere all’interno di una sola identità – cattolica, comunista, laica, repubblicana – è un assurdo storico, che non corrisponde più alla realtà dei nostri tempi. E possiamo aggiungere fortunatamente, perché l’identità unica, religiosa o politica che fosse, costituiva una gabbia in cui il pensiero filosofico rimaneva rinchiuso e rischiava di perdere il suo carattere di ricerca autentica; si ricordi soltanto la sofferenza del giovane Heidegger quando per seguire la propria autentica vocazione filosofica dovette abbandonare il System des Katholizismus. L’epoca delle identità multiple da questo punto di vista costituisce a livello filosofico una preziosa opportunità di approfondimento.

È finita l’epoca in cui il filosofo cattolico si ispirava ad autori cattolici, pubblicava in case editrici cattoliche e frequentava convegni cattolici, e faceva filosofia con un linguaggio che mescolava afflato mistico e analisi teoretica – quando non era dogmaticamente tomista –, rivendicando in modo orgoglioso la sua provenienza, che lo separava da chi aveva altre appartenenze politiche, sociali e religiose. Oggi rivendicare questa identità non solo è un assurdo storico, ma diventa il residuo di epoche passate. Ciò non significa che il filosofo (della religione) non abbia e non possa avere a livello esistenziale delle sue convinzioni religiose, politiche, sociali, ma esse non sono utilizzate per circoscrivere un campo di studi, di frequentazioni, di pubblicazioni. A ogni filosofo è chiesto di “ibridarsi” in una società dalle identità plurali, per portare a sua volta nel dibattito pubblico la sua molteplice identità, tra cui anche il suo essere cattolico, credente o no, di un determinato orientamento politico, membro di organizzazioni sociali o caritatevoli, ecc. L’insieme delle identità definisce la sua identità e non c’è più un’identità principale che orienta tutte le altre: l’uomo contemporaneo si caratterizza per l’insieme molteplice delle sue identità, che si aggregano secondo un modello orizzontale e non più verticale e gerarchico.

La filosofia della religione, quindi, non è più appannaggio di filosofi cattolici che insieme a una metafisica elaboravano anche una filosofia “religiosa” o tuttalpiù una metafisica del fatto religioso, ma di filosofi, cattolici e non, religiosi e non, che si occupano di studiare il fatto religioso, di là dalle appartenenze confessionali, come una modificazione dell’esperienza di vita (Lebenserfahrung), intesa in quanto esperienza “fattizia” della vita (faktische Lebenserfahrung), in cui l’esperienza di vita si mostra nella molteplicità delle sue modificazioni a contatto con i diversi contenuti fattizi di esperienza, tra cui il contenuto religioso. La filosofia della religione diventa perciò parte integrante della filosofia morale, dell’etica nella complessità delle sue articolazioni, e non della filosofia teoretica o filosofia prima, come si pensava un tempo in base all’oggetto della sua ricerca: Dio, perché Dio può essere o non essere l’oggetto della filosofia della religione, in quanto non tutte le tradizioni religiose hanno un essere sommo, infinito, perfetto e onnipotente che chiamano con il nome di provenienza indoeuropea Dyaeus, potrebbero avere una pluralità di dèi oppure anche nessun Dio nel senso sopra indicato. Quindi partire da una divinità unica per definire il fenomeno religioso significa falsare la prospettiva generale attraverso un dato storico particolare e contingente. L’esperienza religiosa al contrario come modificazione dell’interiorità etica, della coscienza secondo il linguaggio filosofico tradizionale, costituisce la più sicura fondazione, o meglio punto di partenza, dell’analisi filosofico-religiosa.

La collana che qui si presenta L’umano e il divino nasce con questo desiderio di voler essere un punto di incontro tra diverse esperienze e studi filosofico-religiosi, che hanno al loro centro il dato di fatto religioso, analizzato secondo una molteplicità di punti di vista e di metodologie. Sarà costituita di saggi e monografie tematiche, ma anche da interviste e ritratti di filosofi, come è il caso del presente lavoro, con l’obbiettivo di guardare il fenomeno religioso, l’umano e il divino, nella sua globalità: come l’uomo si rapporta al divino, ma anche come il divino si lega all’umano, come i due termini vivono di una complessa unità all’interno dell’esperienza del mondo.

 

Pierfrancesco Stagi

Docente universitario, abilitato a Professore Associato in Filosofia Morale 11/C3 (ASN 2012), è dottore di ricerca in Filosofia ed Ermeneutica filosofica presso l’Università di Torino (XVII ciclo) e Dr. Phil. presso le Università di Tübingen e Freiburg i. Br. 

 

*Introduzione a T. Petcu - M. Turrisi (a cura di), Filosofia della religione al presente, interviste ad Andrea Aguti, Carla Canullo, Carmelo Dotolo, Adriano Fabris, Giovanni Giorgio, Giovanni Piana, Pierfrancesco Stagi (Stamen 2017).

 

 

 

 

 

 

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