Koinonia Marzo 2018


PERSONAGGI E VICENDE a cura di Sara Rivedi Pasqui

 

UNA TESTIMONE DELLA SHOAH*

 

Da alcuni anni, ma non da molti, il 27 gennaio è il giorno dedicato al ricordo dello sterminio degli ebrei ad opera del regime nazista ed infatti è chiamato Giorno della Memoria e viene celebrato con varie manifestazioni civili e religiose. Perché questa data? Perché l’esercito russo (sovietico) entrò il 27 gennaio del 1945 nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau e si trovò di fronte ad un orrore senza fine. I nazisti nel loro cieco odio verso gli ebrei avevano studiato un sistema capillare di distruzione sistematica di questo popolo eliminando uomini, donne, vecchi e bambini di qualsiasi età, ma prima di ucciderli con il gas mortale e bruciarli nei forni crematori li riducevano a larve: denutriti, ammalati, seviziati, torturati, sfruttati con lavori disumani e adoperati come cavie negli ambulatori attrezzati per sottometterli ad esperimenti crudeli e dolorosi. Dove l’esercito tedesco arrivava, con la connivenza di alcuni abitanti del luogo, rastrellava e caricava su carri merci gli ebrei per poi spedirli nei vari campi di sterminio. L’ebreo era considerato una sottospecie umana, destinata alla eliminazione totale.

Anche l’Italia accettò di partecipare a questa caccia spietata e vergognosa, non ci fu indignazione da parte di un popolo “cristiano” anzi numerosi italiani furono conniventi, delatori, saccheggiatori delle case ebree, ho visto donne pavoneggiarsi negli abiti rimasti appesi negli armadi. Non è una mia invenzione, purtroppo è una dolorosa esperienza vissuta da me bambina di dieci anni. Ma ci furono anche atti di fraternità, le chiese aprirono le loro porte per accogliere i derelitti che erano riusciti a sfuggire ai loro aguzzini, le suore generosamente accolsero decine di ebrei in fuga e tante case private nascosero qualche creatura indifesa e braccata. Furono pochi coloro che alla fine della guerra poterono ritornare a casa, ritrovarla e ritrovare la famiglia così si aggiunsero strazio e dolore alle sofferenze già vissute. Oggi, a tanti anni di distanza, i sopravvissuti ancora viventi sono ormai rari fra cui Liliana Segre di ottantasette anni che il 19 gennaio 2018 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato senatrice a vita.

Liliana durante una retata dei nazifascisti venne deportata con il padre, era una bambina di tredici anni che si ritrovò sola nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau dove, pur essendo ridotta a scheletro, riuscì per ben tre volte a evitare la selezione che l’avrebbe condotta ad un forno crematorio. Come tanti sopravvissuti una volta superato quel cancello degli orrori e ritornata libera riprese la sua vita di fanciulla e poi di donna tacendo sul suo passato. Ritornata nella sua città, Milano, si riscattò con un matrimonio felice e la nascita di tre figli, ma tacendo sempre sulle sue terribili esperienze. Solamente nel 1990 decise di testimoniare e raccontare la sua tragica esperienza di bambina ai giovani, agli studenti. Dopo anni di silenzio la Segre ha sentito il bisogno di narrare il suo vissuto in un lager nazista, lo doveva ai suo cari spariti, ingoiati in quell’abisso del male, sentiva l’importanza di mantenere desta la memoria e così cominciò a passare di scuola in scuola, di città in città a narrare la sua esperienza, a raccontare ciò che aveva visto e aveva sentito. Era necessario perché ancora oggi esistono persone che non credono aa dramma della Shoah, sarà vero che non ci credono oppure ne sono consapevoli ma vogliono cancellare questa pagina nera della storia?  Per salvare un’ideologia di morte è preferibile dubitare e accusare di menzogna ancora una volta un popolo perseguitato da sempre ?

Liliana Segre con un linguaggio pacato e privo di odio e risentimento ha narrato la sua esperienza di adolescente agli studenti e ai loro insegnanti, i ragazzi non solo l’hanno ascoltata in rispettoso silenzio, ma le hanno, in tanti, scritto per ringraziarla.  Ha dato e dà ancora oggi, questa anziana signora, un messaggio di amore e non incita mai all’odio, alla vendetta, alla violenza, vuole solamente tenere vivo il ricordo di una pagina dolorosa e vergognosa della storia.

 

Gentilissima Signora Segre,

siamo la classe II B della Scuola Media Statale di Sabbio Chiese in provincia di Brescia. In occasione della Giornata della Memoria la nostra insegnante di lettere ci ha fatto vedere una video cassetta con la registrazione della conferenza che lei ha tenuto presso l’Università Cattolica di Brescia nel 1998. Alla fine dell’ascolto ci siamo confrontati e sono emerse alcune considerazioni.

Stefania ha pensato molto al fatto che tutti voi, anche in condizioni terribili, avete scelto sempre la vita; ci ha detto di essersi sentita in colpa per tutte le volte che ha disprezzato la vita per qualcosa che non andava, perciò la ringrazia anche per questo.

Luna invece ha concluso che in quei tempi anche lei avrebbe dovuto portare il segno distintivo e subire la persecuzione in quanto Testimone di Geova.

Siamo rimasti commossi quando lei ha raccontato di non essersi girata a confortare con un gesto o un saluto la sua compagna Janine, che non aveva superato la selezione. Lei, a distanza di tanti anni, la sente ancora come una colpa; ma Martina, Nicola e tutti noi vogliamo dirle che in tanta sofferenza era impossibile conservare dei sentimenti e non pensare a sé.

Anche il ricordo di quell’albicocca secca che lei ha definito “il sapore della libertà” ci è rimasto dentro: avremmo voluto abbracciarla […] Ora, attraverso la sua testimonianza, noi siamo diventati dei testimoni e ci impegniamo a non dimenticare, a non tradire, a difendere anche nei nostri rapporti quotidiani quei valori di libertà, giustizia e fratellanza che garantiscono agli uomini di poter vivere bene insieme, al di là delle differenze culturali, religiose o sociali.

La fiaccola che lei ci ha affidato è nelle nostre mani. La salutiamo con affetto.

Un foglio di firme
Sabbio Chiese (Brescia), febbraio 2004

Sara Rivedi Pasqui

 

*Emanuela Zuccalà, Sopravvissuta ad Auschwitz, Edizioni Paoline 2013





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