Koinonia Marzo 2018


QUALE LINGUA PARLA LA CHIESA CATTOLICA?

 

Mi sembra di vedere nella chiesa una lingua biforcuta. Con una, di papa Francesco e delle associazioni e movimenti cristiani per la pace nonviolenta, per la difesa nonviolenta dei diritti umani, si supera definitivamente il concetto di «guerra giusta» e si ripudia la violenza religiosa, mentre si indica la forza umana nonviolenta come il mezzo giusto nelle lotte per fini giusti.

Con l’altra lingua, segnata da forte accento curiale, si usa Papa Giovanni della Pacem in Terris, per canonizzare la compromissione con l’esercito di chi ha da annunciare il “vangelo della pace” di Gesù. Tali sono i preti inquadrati vestiti e pagati come militari. Sono anche loro volontari? Credono forse di poter dire il vangelo insieme alla dottrina che “nell’esercito è necessaria l’obbedienza automatica perché combattere significa uccidere”? (così letteralmente il Generale Carlo Jean, a Torino, il 29 marzo 1996, ad una platea di studenti). (Da notare: l’obbedienza automatica non è umana, è di un oggetto fisico che risponde alla forza di gravità, o di un meccanismo che non sa quello che fa).

Eppure devono ben sapere, i preti cattolici, che “la vittoria militare non porta mai la pace giusta” (Raimon Panikkar) e che “la giustizia si allontana sempre dal carro dei vincitori” (Simone Weil) e che “le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie” (papa Francesco, “dopo Angelus” del 4 febbraio 2018) e che “un giorno l’umanità si vergognerà di avere costruito le armi” (Ernesto Balducci). Sul portone, in via Arsenale a Torino, della Scuola d’Applicazione d’Arma, è scritto nel bronzo “Doctrinas bello aptare” = Adattare le dottrine alla guerra. Va bene così per un prete?

Tanto per distinguere le due lingue, e vedere in quale delle due parla il vangelo di Gesù di Nazareth, quello scompigliatore delle leggi dei più forti che dominano sulla vite umane dei più poveri.

Si decida la chiesa cattolica: quale lingua parla?

 

Enrico Peyretti

 

 

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