Koinonia Marzo 2018


UNA SFIDA DI CUI NON SI PARLA ABBASTANZA

 

Incontrando l’amico Prof. Andrea De Marchi - Professore ordinario di Storia dell’arte medioevale all’Università di Firenze – il discorso cade inevitabilmente sulla chiusura del Convento S.Domenico di Pistoia dove  appunto ci ritroviamo insieme. Per lui è l’occasione per dirmi che si è interessato alla chiusura dei conventi come fenomeno di ordine culturale ed artistico e che su questo problema ha scritto un articolo, che successivamente mi ha inviato: e che qui riportiamo.  Non c’è che da ringraziarlo, non solo per il suo dono, ma prima di tutto per aver sollevato il velo su una “sfida di cui non si parla abbastanza”.

Un aggancio per qualche annotazione al suo discorso lo trovo soprattutto in queste parole: “Gli ordini regolari hanno creato e vissuto  questi luoghi, ormai faticano a gestirli sempre più. Erano custodi e garanti della memoria storica, per la continuità di un uso che viene improvvisamente meno. Non sembra esserci adeguata consapevolezza di quanto traumatico e delicato sia questo passaggio, che con la crisi delle vocazioni probabilmente colpirà sempre più monumenti, piccoli e grandi, minacciando un tessuto imponente che è una delle peculiarità non secondarie del patrimonio artistico, specie in Italia”.

Quando dice che “non sembra esserci adeguata consapevolezza di quanto traumatico e delicato sia questo passaggio”, è per me inevitabile andare al di là “delle peculiarità non secondarie del patrimonio artistico”, per considerare l’indifferenza e l’insufficienza in cui il fenomeno passa  sul piano ecclesiale in generale e all’interno della “vita religiosa”, là dove tutto sembra risolversi in termini amministrativi e gestionali. Questa attenzione non deve sorprendere nessuno  o apparire di comodo, se già abbiamo avuto modo di dire che la chiusura dei conventi altro non è che la “morte del convento”.

D’altra parte non è da ora che solleviamo una “questione convento”, al punto che essa è all’origine del nostro cammino di Koinonia: non saprei dire quante volte si sia parlato di “chiesa in forma convento”, fino ad evocare recentemente il “convento interiore”, ma al tempo stesso la nave convento ha continuato imperturbabile il suo percorso su rotte e per porti di sicurezza. Ma la cosa più incredibile è che la chiusura in atto dei conventi passi come soluzione ai problemi interni e magari come operazione di successo all’esterno. E tutto questo nel disinteresse generale da parte della chiesa gerarchica e nella indifferenza per la chiesa  popolo, come se la cosa non li riguardasse.

È chiaro, a questo punto,  che se un discorso “conventi” si volesse aprire, non basta più farne una questione domestica, ma andrebbe inserito nel quadro di ricerca di quel “cambiamento d’epoca” in cui siamo imbarcati.

 

ABS

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