Koinonia Febbraio 2018


... chi lo deve risolvere

 

27. Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, «ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale».[25]

29. (Oltre la parrocchia) le altre istituzioni ecclesiali, comunità di base e piccole comunità, movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori. Molte volte apportano un nuovo fervore evangelizzatore e una capacità di dialogo con il mondo che rinnovano la Chiesa. Ma è molto salutare che non perdano il contatto con questa realtà tanto ricca della parrocchia del luogo, e che si integrino con piacere nella pastorale organica della Chiesa particolare. Questa integrazione eviterà che rimangano solo con una parte del Vangelo e della Chiesa, o che si trasformino in nomadi senza radici.

31. Il Vescovo deve sempre favorire la comunione missionaria nella sua Chiesa diocesana perseguendo l’ideale delle prime comunità cristiane, nelle quali i credenti avevano un cuore solo e un’anima sola (cfr At 4,32). Perciò, a volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo, altre volte starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa, e in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro e – soprattutto – perché il gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade. Nella sua missione di favorire una comunione dinamica, aperta e missionaria, dovrà stimolare e ricercare la maturazione degli organismi di partecipazione proposti dal Codice di diritto canonico[34] e di altre forme di dialogo pastorale, con il desiderio di ascoltare tutti e non solo alcuni, sempre pronti a fargli i complimenti. Ma l’obiettivo di questi processi partecipativi non sarà principalmente l’organizzazione ecclesiale, bensì il sogno missionario di arrivare a tutti.

33. La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale.

 

Dalla Esortazione apostolica Evangelii gaudium

 

 

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