Koinonia Settembre 2017


ERNESTO “CHE” GUEVARA A CINQUANTA ANNI DALLA MORTE

 

Ernesto Guevara nacque  a Rosario (Argentina) nel 1928 da una famiglia di ceto medio, colta e progressista.

Ancora studente in medicina, intraprese svariati viaggi attraverso l’America del sud. Ebbe così modo di conoscere a fondo le popolazioni povere del continente sfruttate dalle èlites locali e dalle multinazionali USA, esperienza questa che lo portò ad abbracciare gli ideali del marxismo e della lotta di classe. Dopo essersi laureato in medicina, nel 1953 abbandonò il suo paese. In Messico nel 1955 conobbe i fratelli Fidel e Raul Castro, esiliati da Cuba a causa del dittatore Batista. Assieme a loro e a poche decine di altri compagni alla fine del 1956 sbarcò nell’isola. Iniziò così la rivoluzione cubana che terminò nel dicembre del 1958 con la cacciata del tiranno.

Prestigioso capo guerrigliero, Guevara, soprannominato “Che” per il suo intercalare argentino, diede un apporto determinante alla liberazione di Cuba. Dopo la vittoria fu nominato direttore della Banca centrale e ministro dell’economia.

Le riforme sociali e l’espropriazione delle grandi compagnie monopolistiche approvate dal nuovo governo rivoluzionario resero tesi i rapporti con gli USA. Nei primi anni ‘60 il Che orientò in senso socialista l’economia di Cuba e intrattenne rapporti stretti con i paesi comunisti, con i quali stabilì importanti trattati commerciali (esportazione dello zucchero cubano in cambio di prodotti industriali). Deluso però dalle politiche di questi stati e dai loro regimi burocratici e oppressivi, Guevara elaborò una nuova strategia di rivoluzione mondiale contro il capitalismo che partisse dai paesi del Sud del mondo. Per questo, dopo aver lasciato Cuba, cercò, a partire dalla Bolivia, di suscitare una rivoluzione in tutta l’America Latina. Il fallimento di questo progetto portò alla sua cattura e al suo assassinio nell’ottobre del 1967, a soli 39 anni.

Nessun personaggio politico del XX secolo, a eccezione di Gandhi, ha avuto una fama tanto vasta come il Che. Il mito di Guevara, già presente durante la sua vita, si è ingigantito dopo una fine tanto drammatica: una volta fatto prigioniero dai soldati dell’esercito boliviano addestrati dalla CIA, Guevara fu ucciso a sangue freddo; il corpo venne fotografato affinché nessuno potesse dubitare della sua morte; i suoi resti vennero seppelliti in un luogo nascosto, così che non potessero essere  trovati e identificati.

Il Che non colse solo successi nella sua breve esistenza. Avviò riforme radicali nella piccola Cuba, sua patria di adozione, ma non ne verificò l’attuazione nel lungo periodo, compito che toccò invece a Fidel Castro. Dal punto di vista militare, dopo il successo della rivoluzione cubana di cui fu uno dei protagonisti, Guevara andò incontro a sconfitte, dal tentativo fallimentare di promuovere un processo rivoluzionario nell’Africa Nera post coloniale all’avventura boliviana che gli costò la vita. La stessa scelta di fondo di imboccare la via della rivoluzione armata appare oggi anacronistica.

Eppure dagli anni ‘60 a oggi Guevara è diventato un simbolo universale di lotta per la giustizia per centinaia di milioni di giovani di tutto il mondo, una fama che ha conservato la sua lucentezza generazione dopo generazione.

A che si deve un mito tanto duraturo? E perché, tra l’altro, la figura di Guevara, per decenni, ha affascinato milioni di cristiani? Nel Che, che pure non era credente, non possiamo non riconoscere una forte consonanza con i valori del Vangelo: “Gesù amò il suo prossimo fino alla fine, e altrettanto possiamo dire di Guevara. Il Che, come Gesù, amava la vita, ma fu disposto a perderla per amore del povero, dell’emarginato, dello sfruttato. Le riflessioni del grande teologo della liberazione Jon Sobrino ci inducono a pensare che la sua tragica morte a causa della giustizia lo iscrive a pieno titolo nell’elenco sterminato dei martiri che sono morti per la stessa causa per cui fu ucciso Gesù”. (1)

 I pregi del Che, ove dimensione personale e dimensione pubblica appaiono difficilmente separabili, sono universalmente riconosciuti, anche dai suoi avversari: onestà, altruismo, coraggio, generosità, dedizione alla causa degli oppressi. Ma forse più di ogni altra cosa colpisce la coerenza del Che, una rarità ai tempi nostri dominati da un sistema economico, sociale e culturale, il neoliberismo, che schiaccia i deboli e impoverisce spiritualmente l’umanità intera. Ecco perché, come afferma Eduardo Galeano:

“QUANTO PIÙ LO INSULTANO, LO MANIPOLANO, LO TRADISCONO, PIÙ IL CHE RINASCE. NON SARÀ PERCHÉ DISSE QUELLO CHE PENSAVA E HA FATTO QUELLO CHE DICEVA? QUALCOSA DI STRAORDINARIO IN UN MONDO DOVE LE PAROLE E I FATTI RARAMENTE SI INCONTRANO E SE SI INCONTRANO NON SI SALUTANO PERCHÉ NON SI CONOSCONO”.

 

Bruno D’Avanzo

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