Koinonia Agosto 2017


DUE DOMANDE DEL CARD. C.M.MARTINI A  S.PAOLO

a proposito di 1Cor 1,17-2-5

 

Paolo riflette in questa pagina sul suo modo di predicare a Corinto e possiamo chiedergli: che cosa hai scoperto a Corinto, dopo l’insuccesso di Atene, rispetto alla maniera di predicare e di vivere il ministero? Che cosa ti si è chiarito a Corinto, a cominciare da quell’inverno dell’anno 50?

Di fatto, Paolo ha raggiunto una comprensione più profonda della dottrina della croce e delle sue conseguenze per la predicazione, per il ministero, quando è diventato più adulto nella fede, dopo un certo cammino di esperienze apostoliche.

 

«Anch’io - ci dice - all’inizio predicavo come Pietro a Pentecoste (cf At 2) o dopo la guarigione dello storpio (cf At 3), partendo cioè dalla risurrezione, dalla gloria di Dio rivelata in Cristo risorto oppure da un prodigio divino, segno della risurrezione di Gesù. Ricordavo la morte di Gesù, e tuttavia non era quello il centro delle mie argomentazioni; costituiva semplicemente un anello, pur se necessario, ma al centro stava la risurrezione dove si mostra la fedeltà di Dio alle sue promesse, fedeltà che riparava in qualche modo lo scandalo della croce ignominiosa di Gesù; faceva giustizia rispetto all’ingiustizia perpetratagli. Quando però ho dovuto predicare non più agli ebrei - ai quali bisognava far capire che le profezie si avverano in Cristo crocifisso e glorioso -, ma ai soli pagani, a seguito della crisi di Antiochia in Pisidia (cf At 13, 46-47), mi sono trovato di fronte un interrogativo non facile. È l’interrogativo - continua Paolo - che si pone a ciascuno di voi allorché vi mettete a parlare ai non credenti o comunque a quel non credente che c’è nel cuore di ogni uomo: da dove cominciare?

Nei primi tempi, per esempio a Listra (cf At 14, 15-16), a motivo dell’equivoco dei pagani che mi ritenevano un dio sceso sulla terra, ho improvvisato un discorso di saggezza; non ho osato parlare né della risurrezione né della croce, limitandomi a delineare il disegno di Dio in generale. Soprattutto ho sviluppato questo discorso ad Atene nel desiderio di cercare un approccio tipico della saggezza filosofica, appellandomi al dio ignoto e menzionando appena la risurrezione, senza neanche citare il nome di Gesù (cf At 17, 2231).. L’insuccesso di quella mia predicazione ai filosofi di Atene mi ha molto amareggiato e mi ha spinto a riflettere più profondamente sul nucleo della catechesi cristiana. È nata così una svolta decisiva del mio apostolato, la svolta di Corinto; gravida di conseguenze anche per voi, per la vostra vita e la vostra predicazione. Che cosa è dunque successo a Corinto? Mentre tentavo di avvicinare la gente, segnata dalla corruzione e dallo scetticismo di una grande metropoli, ho avuto una sorta di intuizione sul modo di vivere l’apo= stolato tra i pagani. Ho compreso che l’argomento capitale e coinvolgente della conversione cristiana è quello della croce; non quello fondato sul timore del giudizio divino imminente - come era stato per Giovanni Battista e come io stesso avevo fatto ad Atene: «Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha’ stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare tutta la terra» (At 17, 30-31) - e neppure l’argomento che parte dalla gloria di Cristo, gloria che si esprime nella risurrezione dai morti e nei miracoli che la rendono presente, pur se ho conservato sempre tale tematica. Ho capito, insomma, che la crocifissione del Messia e l’amore misericordioso del Padre che.. essa manifesta, è determinante per la conversione del cuore».

 

Concludendo, in 1 Cor 1, 17 - 2, 5 san Paolo ricorda che nella sua predicazione in quella città è giunto a intuire con maggiore chiarezza ed evidenza come il primo annuncio a chi è lontano da Dio debba anzitutto e ,soprattutto far conoscere la misericordia divina dimostrata nel mistero della croce; deve far conoscere l’intima tenerezza paterna e materna di Dio, che ci viene incontro malgrado le nostre resistenze. È la predicazione che mette in piena luce la misericordia di Dio nella morte espiatrice del Figlio sul Calvario, è l’onnipotenza di Dio che si manifesta nel perdonare e nel salvare ciò che era perduto.

 

«E io - ci dice ancora Paolo - ho sperimentato a Corinto che la conversione, l’attenzione della gente, la loro sorpresa, la loro gioia quando comprendevano il mio annuncio, mi confermava che la croce, lungi dall’essere fiacchezza, debolezza di Dio, è forza ricreatrice per i credenti, principio formativo di personalità solide e mature; lungi dall’essere stoltezza, è saggezza di Dio, principio di una nuova intelligenza del senso delle cose e capace di costituire un ordine nuovo e un’umanità nuova. Ho sperimentato come anche i più diseredati culturalmente e i più sprovveduti capivano il linguaggio della croce e si convertivano».

 

Come risposta alla prima domanda possiamo affermare, in sintesi, che Paolo, mentre evangelizza i Corinzi, capisce e sperimenta la divina forza spirituale del tema della crocifissione del Figlio di Dio per suscitare profonde conversioni tra i pagani chiamati alla fede.

 

In Il vangelo di Paolo, Ancora 2007, pp. 105-109

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