Koinonia Luglio 2017


ISLAM, CRISTIANESIMO E OLTRE

 

Si dice che “il consumismo ci allontana dai problemi metafisici, ma la crisi attrae la teologia”. Assistiamo a un rinnovato interesse per la teologia e per la religione musulmana.

 

L’islam questo sconosciuto 

L’islam, seppure diffuso principalmente tra gli arabi, non è legato a un gruppo etnico, bensì all’idea centrale del suo credo religioso. L’islam è “razionale”, nel senso che è una religione senza “misteri”: Dio è grande (Allahu akbar) - ha cento nomi -, ed è rigorosamente uno – non è in tre Persone -. Egli detta cinque pilastri (ark?n al-Isl?m) chiari e insindacabili. Allah è un Dio che richiede adesione totale: la vita diventa l’atto di ritorno a Lui, una sottomissione che va oltre l’affermazione verbale di fede. Dio che si è degnato di parlare attraverso rivelazioni, già a partire da Adamo, e che ha in Gesù un grande profeta, si degna di dare il Corano come unica e non più modificabile affermazione della sua volontà divina, destinata a perdurare inalterata fino al Giorno del Giudizio.

L’islam è l’espressione più alta di monoteismo, dogmaticamente ben ancorato.

Tutto questo conferisce all’islam una forte identità, un’etica sicura per l’uomo comune e, infine, risulta una buona strategia. In tempo di alta demografia e mobilità, è di grande utilità avere delle ancore. I sondaggi recenti mostrano la crescita delle religioni fondamentaliste come l’islam e, dentro alle religioni, la crescita dei movimenti fondamentalisti.

 

L’islam nella storia

Dell’islam dobbiamo riconoscere il peso storico: aver purificato le concezioni religiose politeiste rudimentali dei popoli nomadi; aver strutturato una lingua veicolare comune e sacra... “L’islam è una fede che, avendo grandi valori religiosi e morali, ha aiutato centinaia di milioni di persone a rendere a Dio un culto sincero e insieme a praticare la giustizia” (Card. Martini). L’islam del suo periodo d’oro può essere collocato vicino al monachesimo di San Benedetto, per la salvezza del patrimonio di pensiero dell’umanità (si pensi a Avicenna e Averroé che “salvarono” le opere dei filosofi greci). Al tempo stesso l’islam aveva elaborato un ottimo sistema sociale.

Non dobbiamo però mitizzare la storia dell’islam. Esso è nato da lotte fratricide, non da Qualcuno che in croce ha perdonato ai crocifissori e ha ispirato i martiri a dare il proprio sangue come semente di nuovi cristiani. Per l’islam ci fu un tempo lungo di guerre di conquista verso l’Europa, l’Africa e l’Oriente, con il sogno di creare un impero.

Oggi dobbiamo ringraziare i musulmani per la loro testimonianza del primato di Dio su ogni cosa, al fine di riconsegnare a Dio un mondo a lui sottomesso. Essi ci gridano che noi occidentali abbiamo perso troppi valori, o non riusciamo più ad agganciarli a Dio, Signore di tutto.

 

Il fondamentalismo islamico

Rimane il problema, gravissimo, del fondamentalismo, fino al terrorismo. Gli islamici moderati considerano il terrorismo opera di frange estremiste, presenti in tutte le religioni. Gli estremisti islamici sembrerebbero più numerosi di quanto non siano in realtà, e questo per vari motivi: per il grande numero di fedeli musulmani (1.600 milioni), per il momento critico di guerra che viviamo e per la scelta dei media di puntare i riflettori sul catastrofismo e terrorismo per l’audience e altri fini politici. Prendiamo il caso del jih?d - considerato in certi ambienti (sciita, kharigita e sunnita-hanbalita) un sesto pilastro -: sempre si parla del “jih?d minore” e/o jihadismo post moderno, che chiede impegno sacro armato, mai del “jih?d maggiore”, teso a combattere gli aspetti più deteriori dell’animo umano. Ma non si può negare una recrudescenza del radicalismo islamico. (C’è però chi ricorda che l’atto terroristico più disastroso, che ha ucciso duecentomila persone a Hiroshima e Nagasaki, settant’anni fa, fu opera di cristiani).

Sappiamo che mentre certi fenomeni sono presenti in tutte le religioni (per esempio, il misticismo), altri fenomeni, come il fondamentalismo, sono assenti in alcune di esse. Non mancano pensatori che considerano il fondamentalismo connaturale all’islam: “il fondamentalismo islamico non è un’anomalia, ma la quintessenza del religioso” (Marcel Gauchet).

 

Le religioni “del libro”

Il fondamentalismo dell’islam gli verrebbe non solo dalla sua storia, ma anche dalla sua natura di... religione monoteista rivelata. Occorre riflettere su questo punto, dal momento che noi siamo cugini maggiori dei musulmani: abbiamo in comune il padre Abramo, la fede monoteista in Dio trascendente e il fondamento della rivelazione scritta. Le tre religioni del libro - ebraismo, cristianesimo e islam - sarebbero (sono) tendenzialmente fondamentaliste. La fede nella Rivelazione che Dio mi offre, mi porta a negare altre rivelazioni come false o equivocate.

Nel caso dell’islam, Dio-Allah non soltanto ispirò il Corano, ma lo dettò. Tale Parola rivelata ha due conseguenze: essa si propone come normativa della vita, anche di quella sociale (teocrazia) ed essa boccia come false tutte le parole - rivelate e no -, se sono in dissonanza con il Corano, ... con l’obbligo di combatterle anche con le armi, per la difesa della Verità e il bene dell’umanità.

L’intenzione delle religioni non è la guerra (santa), ma la pace. Però la guerra è un possibile effetto collaterale. Infine, senza arrivare a dire che il terreno delle religioni del libro è disseminato di armi, dobbiamo convenire che esse sono navi che possono portare sia la pace che la guerra. Questo deve farci riflettere su un possibile fondamentalismo, chissà velato, del cristianesimo. Come religione rivelata, il cristianesimo ha vissuto epoche di intolleranza, in cui la chiesa ufficiale accendeva roghi e promoveva guerre di conquista, pensando di far cosa gradita a Dio. Ma ha poi mitigato l’esigenza di esclusività, forse considerando che la Bibbia è rivelazione non “dettata”, ma “ispirata”. Inoltre, il monoteismo cristiano è stato mitigato fin dall’inizio dal dogma della Trinità (e dalla devozione ai santi, nel caso del cattolicesimo). Nella Trinità c’è diversità nell’unità, c’è relazione, c’è alterità (la moderna democrazia viene di là?).

Dobbiamo anche tenere presente che ogni religione, come ogni cultura, è sempre in fieri, e il suo procedere non è lineare, grazie agli incontri-scontri, perciò ci sono evoluzioni. Il cristianesimo si è evoluto, arrivando al dialogo religioso, più e prima dell’islam.

 

Teismo, ateismo e oltre

A questo punto non possiamo evitare il confronto tra teismo e ateismo, già avviato in Occidente e nuovo per l’islam. Personalmente ritengo che tale dibattito sia indispensabile per il superamento del fondamentalismo, quindi per il futuro dell’umanità, ma esso deve essere sviluppato su una linea differente da quella attuale. Sì, il dibattito così com’è posto oggi è più occidentale che universale. Spiego. In un noto essay su Dio, Flores d’Arcais e Card. Ratzinguer difendono rispettivamente l’ateismo e il teismo con rigore scientifico. Forse d’Arcais convince perfino di più, ma ambedue peccano di positivismo dogmatico. Noi occidentali siamo malati di razionalismo; pensiamo di giungere alla verità ontologica con sillogismi, nella linea statica delle essenze, invece che col cammino dinamico esistenziale. In questa linea di pensiero il meglio che si può raggiungere è la confessione di Card. Martini: “C’è in me un credente e un non-credente”.

Bisogna però superare la logica aristotelica per deduzione e sillogismi. Ci sono realtà che noi non riusciamo a definire razionalmente: l’universo è finito o infinito? Il tempo è limitato o c’è l’eternità? L’anima è mortale o immortale? Dio esiste o non esiste? L’una o l’altra risposta non convince appieno, anzi spaventa. Ebbene, Buddha si è rifiutato di rispondere a tali interrogativi, quando Malunkyaputta, suo discepolo, glieli propose. Nessuna pretesa di sciogliere l’enigmatico nodo di Gordio con la spada.

 

Il ventaglio delle religioni

Vediamo le domande di sopra. Come sarebbe l’universo? Infinito dice Euclide, e crea la sua geometria; finito dice Albert Einstein, e ci dà la fisica moderna. E l’eternità? Perplesso davanti all’idea di eternità, Angelo Silesius, dice che essa spaventa nella prospettiva di un dolore eterno..., ma non certo della gioia eterna. E Dio! Per gli indiani Dio è tutto e si “squaderna” nelle creature. Per i cinesi l’universo basta a se stesso, in un’autocreazione continua di tempo indefinito; quanto all’esistenza di Dio, ci sono cento motivi per dire che Dio esiste e cento che non esiste. Gli indios dell’Abya Yala sono rimasti costernati al sapere che i conquistatori erano così barbari(!) da adorare un solo Dio: il monoteismo è pericoloso perché inevitabilmente il Dio unico vuole l’imperialismo. Per i poeti e i mistici, il panteismo e il politeismo aiutano meglio a vivere l’esperienza divina.

San Tommaso riesce a costruire una Summa per mostrare la logica della fede cristiana, ma Tertulliano dice: “Credo quia absurdum” (Io credo perché è assurdo).

Insomma, nessuna religione esaurisce i problemi metafisici. I cinesi mi hanno insegnato che tutto è simbolico. Per esempio, parlando degli elementi costitutivi dell’universo (più o meno gli stessi della cultura occidentale), essi affermano che si tratta di simboli: chi m’assicura che quello che chiamo materia non sia un nodo di energia? I fisici di oggi danno ragione ai cinesi. Inoltre i cinesi considerano macchinose e improbabili le verità cristiane come creazione, peccato originale e incarnazione, ma rispettano il nostro credo, riconoscendo che fornisce un codice spirituale di vita.

Allora per le persone religiose, il salto da fare è dal piano logico al piano della simbologia: ogni religione è interpretazione simbolica, provvidenziale e rispettabilissima, ma relativa.

Completando, Confucio suggerisce: “Per motivo di etica, è meglio vivere come se Dio esistesse”. Nel simpatico libro di Keshavjee Shafique “Il re, il saggio e il buffone”, si parla di un re che indice le Olimpiadi delle religioni. A Olimpiadi concluse, egli si riserva di assegnare la medaglia d’oro più tardi, dopo un periodo di verifica della pratica (praxis) delle religioni stesse.

 

Il mio credo

Ecco il mio credo: io come cristiano occidentale credo in Dio, Padre amato, col quale Gesù dialogava, grato per avergli affidato il progetto del Regno e la forza di morire per tale missione: introdurre un mondo di giustizia, pace e gioia spirituale (Rm 14,17), un mondo riconciliato, di fratelli e sorelle, di figli e figlie di Dio; un mondo benedetto, di condivisione, senza esclusi, senza impoveriti, senza schiavi e schiavisti, senza oppressi e oppressori, con ponti e senza muri.

Allo stesso tempo io credo, con molta empatia e rispetto, in Tupã e Allah, nel Cielo di Confucio e nel Nirvana di Buddha... Circa 25 anni fa, l’intuizione poetica m’aveva ispirato un inno Al Dio della soglia.

Gloria a Te, Dio della soglia,/ Dio pellegrino/ unico vero Dio.

Quando sei nel cuore della casa/ spii fuori dalla finestra;

quando vieni di lontano,/ assolutamente Altro,/ entri e accendi

il focolare/ come il più intimo dei famigliari.

Tu abborrisci l’esclusività/ al punto di non aggrapparti

- geloso - alla tua divinità;/ e sei diventato uno di noi.

Così ti ho conosciuto:/ Forza vitale dei bantu, Pacha-Mama

dei popoli andini,/ Cammino di armonia del taoista,

Onnipresente Brahma dell’induista, Kami dello Shinto

che rispetto;/ Coscienza benevolente del buddhista,

Volontà assoluta del musulmano,/ Spiriti dei “terreiros”,

Padre-e-Madre degli indios kuna,/ Coerenza dell’ateo,

Essere Supremo dell’ecumene religioso,/ Santi e Sante

della religiosità popolare,/ Gesù Emanuel, Dio con noi.

O glorioso Dio della soglia,/ umilia l’uomo fanatico

che si nasconde nelle pieghe della mia anima,/ fa’ di me

un devoto, un uomo universale,/ fratello tra i fratelli. Amen. 

 

Arnaldo De Vidi

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