Koinonia Luglio 2017


UN PAPA COMUNISTA?

 

Da quando è diventato papa, Jorge Bergoglio continua a sbalordire per la sua semplicità di parola e di gesti, per la sua scelta di una vita povera, per la sua socievolezza nei rapporti con la gente più umile. Ma oltre a tutto ciò, col suo abituale linguaggio diretto, non perde occasione di rammentare che il messaggio del Vangelo non si riduce a una somma di buone intenzioni del tipo “dobbiamo amare i poveri”, ma al contrario pretende scelte coerenti e radicali, in primo luogo combattere le ingiustizie. E questo in un momento storico in cui il neoliberismo, che da decenni sta infestando l’intero pianeta, non solo genera disuguaglianze e povertà, ma anche pretende di essere accettato come l’unica soluzione per un mondo aperto al futuro (1). In questo contesto, mentre invoca una radicale inversione di tendenza, papa Francesco è sostanzialmente ignorato da tutti i poteri forti.

“ Parla pure, che nessuno ti ascolta” dicono fra sé coloro che detengono il potere, anche quando in apparenza, timorosi della forza di attrazione che il papa esercita sulle masse, fingono un atteggiamento condiscendente e rispettoso. In realtà la parola di Francesco ha una forte carica di liberazione: liberazione dalla paura, dal conformismo, dall’assuefazione alle ingiustizie.

Fin quando chi evade il fisco, chi manda i capitali all’estero, chi calpesta il compagno di lavoro per acquistare credito agli occhi del capo, chi si prostituisce, e non solo fisicamente… fino a quando tutti questi comportamenti vengono accettati come naturali dobbiamo rassegnarci a un mondo  triste, a un mondo senza Dio (per chi crede in Dio) perché non c’è Dio senza liberazione, come insegna il Vangelo, anche se molti il nome di Dio l’hanno sempre sulla bocca e se ne servono al momento opportuno.

Tanti vorrebbero opporsi, e tentano di farlo, a questa deriva morale, che è anche politica, ma troppo spesso si sentono impotenti, frustrati, derisi, in una parola dei perdenti. Per tutti costoro, e per noi che ci consideriamo fra questi, la parola di Francesco è una boccata di ossigeno. È una parola forte che ci aiuta a credere che giustizia, solidarietà, uguaglianza non sono pure chimere, vaneggiamenti di coloro che si attardano a guardare al passato, che vivono nel mondo dei sogni.

Per papa Francesco la proprietà non può dunque essere “privata”, nel senso di esclusiva, ma finalizzata al bene comune. La crescita, idolatrata come unico indice di sviluppo e di benessere, non  è un bene se non è accompagnata da un’equa distribuzione della ricchezza; anzi in tal caso può essere fonte di squilibri sempre maggiori. Infatti nel migliore dei casi, nei tempi di espansione economica, a fronte di una ricchezza  che aumenta notevolmente per pochi, ai molti toccano le briciole; ma quando siamo in un momento di crisi, mentre chi ha già molto continua ad arricchirsi, per i meno fortunati le condizioni di vita peggiorano, e molti sprofondano nella miseria.

Questa linea di tendenza, che anche nelle nazioni “sviluppate” abbassa il tenore di vita di parte considerevole della popolazione, nei paesi che un tempo chiamavamo Terzo Mondo porta a  conseguenze devastanti. Quindi non dobbiamo meravigliarci se già oggi in ogni parte del pianeta centinaia di milioni di persone (ma domani potrebbero essere miliardi)  per sfuggire a condizioni di non-vita (fame, malattie, guerre) vogliono in ogni modo fuggire dalle proprie terre per raggiungere i paesi dell’opulenza, sempre più precaria, in realtà (Europa, Stati Uniti, Giappone).

Coloro che detengono il potere a livello mondiale (multinazionali e finanza internazionale) ben conoscono le cause di questa situazione drammatica, ma non possono, né vogliono, porvi rimedio, perché per mantenere i propri privilegi non sono disposti a mettere in discussione il sistema di sfruttamento che essi stessi hanno creato.

Di fronte al fallimento del modello sovietico i fautori del liberismo selvaggio hanno avuto buon gioco a dipingere il comunismo come l’origine di tutti i mali, ovviamente occultando le loro colpe passate e presenti, a partire dal colonialismo che recentemente Francesco ha denunciato come una delle cause storiche che stanno all’origine delle attuali migrazioni di massa. 

Papa Bergoglio sfugge alla logica dell’anticomunismo. Da buon latinoamericano con gli occhi aperti al mondo conosce bene i mali prodotti dallo sfruttamento delle multinazionali, che spesso si servono di regimi compiacenti e corrotti, oppressori dei loro stessi popoli, per ricavare il massimo profitto dai loro traffici.

Queste politiche perverse, che i media di casa nostra considerano del tutto “normali” o comunque necessarie per favorire la “crescita”, vengono denunciate quotidianamente da Francesco.

Un papa “comunista”, dunque? Certamente no, se per comunismo si intende quel sistema oppressivo che per decenni ha dominato mezzo mondo, dall’Europa dell’Est all’Estremo Oriente (2). Ma se per comunismo si intende quell’ideale di uguaglianza che, ben prima di Marx, ha percorso millenni di storia, allora il discorso si fa complesso. L’utopia comunista non era forse presente nelle prime comunità cristiane? Tutti condividevano ciò che possedevano con gli altri membri della comunità, ci dice Paolo, e tutti avevano secondo le proprie necessità. Non è forse questa la prospettiva ultima che lo stesso Marx indica per il futuro dell’umanità? E questo ideale non è forse stato sempre presente in tutti i movimenti sociali che in ogni tempo e in ogni parte del mondo hanno rivendicato giustizia e uguaglianza (3)?

Francesco è ben consapevole che fra l’“utopia” comunista e il Regno di Dio c’è una evidente contiguità, tanto che per non piccola parte del loro cammino sembrano coincidere. Con la differenza che il comunismo come l’ha inteso Marx trova compimento, anche se in tempi lontani, su questa terra, mentre il Regno di Dio, che è già presente in tutti i momenti in cui gli uomini lottano per la giustizia, l’uguaglianza, la pace e si mostrano solidali gli uni con gli altri, trova compimento solo nell’abbraccio di Dio.

 

Bruno D’Avanzo

 

 

NOTE

(1) I fautori del neoliberismo sostengono che chi si pone contro questa prospettiva favorisce il disordine, il caos, il declino.

 

(2) Non si può ignorare che il comunismo sovietico ha portato un sensibile miglioramento nelle condizioni materiali di vita di gran parte della popolazione russa, che prima della Rivoluzione Sovietica, particolarmente nelle campagne, viveva in condizioni di sostanziale servitù. Ma questo balzo in avanti fu realizzato da un sistema dittatoriale che ha oppresso con la forza ogni tipo di dissidenza mandando milioni di oppositori a morire nei gulag siberiani e che ha sedato violentemente ogni tentativo di riconquistare la propria libertà da parte dei popoli che dopo la seconda guerra mondiale erano venuti a trovarsi sotto il suo dominio (Tedeschi orientali,  Polacchi, Ungheresi…) .

 

(3) Non dobbiamo poi dimenticare che in Occidente per molti secoli tali movimenti si sono ispirati proprio ai valori del Vangelo: pensiamo ai valdesi e agli anabattisti nel Medioevo e nel Rinascimento, o alle “Riduzioni” del Paraguay promosse dai gesuiti nel corso del Settecento.

Anche oggi, del resto, settori non piccoli di cristiani alimentano movimenti sociali che si battono per la giustizia e l’uguaglianza. In particolare in America Latina le comunità ecclesiali di base, espressione popolare della Teologia della Liberazione, sono sempre in prima fila nelle lotte per la riforma agraria, per la difesa dei beni comuni, per la salvaguardia dei diritti delle comunità indigene.

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