Koinonia Giugno 2017


Marco Ventura in “Confronti” del maggio 2017

 

IL RUOLO CHIAVE DELLE COMUNITÀ RELIGIOSE

NELL’EUROPA E NEL MONDO

 

Nei sessanta anni successivi al Trattato di Roma e all’istituzione della Comunità europea, la costruzione europea si è fondata sulla triplice alleanza in primo luogo tra l’economia di mercato, il welfare e la religione, in secondo luogo tra diritti dell’uomo e religione e infine tra la religione e il progetto sovranazionale di superamento dei nazionalismi. Desidero qui ricostruire quelle tre alleanze, descrivere la loro crisi contemporanea e individuare le corrispondenti tre questioni cruciali rispetto alle quali le comunità religiose hanno oggi una responsabilità decisiva nei confronti dell’Europa e del mondo.

L’alleanza tra economia di mercato, welfare e religione ha unito l’Europa occidentale al suo interno, nel progetto della Comunità europea, e all’esterno in due direzioni: da un lato in direzione atlantica, nel partenariato strategico e culturale con gli Stati Uniti, e dall’altro verso est, in chiave di opposizione anticomunista durante la guerra fredda e di allargamento all’Europa centrale e orientale dopo l’abbattimento del Muro di Berlino. La crescita garantita dalla costruzione di sistemi pubblici di welfare e di un mercato aperto e competitivo ha aiutato le maggioranze, le grandi Chiese, ad assorbire l’emorragia di fedeli e la riduzione dei privilegi, le minoranze ad accettare la persistente diseguaglianza socio-politica e giuridica tra esse e le maggioranze, ed entrambe, maggioranze e minoranze, a imparare come competere le une con le altre e al contempo come dialogare.

Il successo del mercato unico europeo, della libera circolazione di persone, beni, capitali e servizi, l’avvento di una Unione europea più ambiziosa circa le politiche pubbliche e le regole comuni non sarebbero stati possibili senza il contributo delle comunità religiose. A sua volta tale contributo, fondamentale soprattutto per l’istruzione, la cultura e per la coesione sociale, sarebbe stato impossibile senza l’impulso benefico di una costruzione europea in equilibrio tra welfare e mercato.

La seconda alleanza è stata quella tra religione e diritti dell’uomo. L’Europa dei diritti e delle libertà è l’Europa di comunità religiose che hanno lottato al loro interno e nella società per riconoscere i diritti dell’uomo, per comprenderli, per proteggerli efficacemente.

Se per le chiese evangeliche e riformate il percorso può sembrare più ovvio, certamente esso non lo è stato per le comunità cattoliche e ortodosse. Il Concilio Vaticano II, anche dal punto di vista della teologia dei diritti fondamentali, è stato decisivo per la costruzione europea.

La resistenza al comunismo delle Chiese ortodosse e, dopo il collasso del Patto di Varsavia, la loro faticosa conversione all’habitat dello Stato di diritto e alla grammatica dei diritti e delle libertà sono un fattore cruciale per l’espansione quantitativa e qualitativa dell’Unione europea, del Consiglio d’Europa, dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

La terza alleanza decisiva per l’integrazione europea è stata quella tra religione e progetto sovranazionale. Senza la spinta e la legittimazione religiosa non sarebbe stato possibile il superamento dei confini e il ridimensionamento delle sovranità statual-nazionali necessari per il progetto europeo. La spinta e la legittimazione sono venute anzitutto – com’è ovvio – dagli attori religiosi minoritari e marginali che erano schiacciati dalle dinamiche interne e che hanno grandemente beneficiato di uno spostamento della decisione fuori dei centri di potere tradizionali.

Dalla condanna della Grecia alla Corte di Strasburgo nel 1993 per la criminalizzazione del proselitismo dei Testimoni di Geova alla bacchettata nel 2000, da parte della Corte di Lussemburgo, al divieto francese di importazione di capitali da Scientology Londra a Scientology Parigi, fino alla decisione del marzo scorso, ancora alla Corte di Lussemburgo, che impone condizioni draconiane alle imprese che intendano vietare il porto del velo alle proprie lavoratrici, le corti europee e più in generale la dinamica sovranazionale europea si sono dimostrate uno straordinario strumento di tutela degli attori religiosi minoritari.

Tuttavia, la sovranità condivisa è stata anche accompagnata dalle maggioranze e ha anche beneficiato le maggioranze stesse. Grazie all’integrazione europea il principio per cui le comunità religiose devono essere interpellate dalle autorità pubbliche è stato largamente riconosciuto, e grazie a esso le articolazioni delle grandi Chiese hanno aumentato la propria capacità di interlocuzione con le istanze europee e, di rimbalzo, con i governi nazionali.

Ora, il significato delle tre alleanze non va esagerato né va semplificato il loro itinerario geopolitico, storico, socio-politico e teorico. È tuttavia fondamentale riconoscere come la crisi odierna del progetto europeo coincida con la crisi della triplice alleanza e come proprio sui tre assi del welfare/mercato, dei diritti e della sovranazionalità le comunità religiose sono oggi chiamate ad una storica assunzione di responsabilità.

Esse sono anzitutto responsabili rispetto al ruolo nell’economia dello Stato, delle organizzazioni sovranazionali e della società civile, delle stesse comunità di credenti.

La responsabilità riguarda le convinzioni in base alle quali si struttura un modello di rapporto tra welfare pubblico-privato e mercato, ma soprattutto la responsabilità delle comunità religiose evoca le iniziative socio-politiche, imprenditoriali e in senso lato economiche dei gruppi religiosi e dei singoli.

Le comunità di fede sono poi responsabili rispetto al futuro dei diritti in Europa: le profonde divisioni nel nostro continente circa i diritti della persona, in particolare sul diritto alla libertà di religione o di credo, non potranno essere gestite senza uno sforzo creativo nel pensiero e nell’azione da parte dei credenti.

Infine le comunità religiose hanno una responsabilità cruciale rispetto al progetto sovranazionale: spetta loro un ruolo unico nel contrasto al nazionalismo e nella costruzione di una nuova unità europea. Ciò riguarda in primo luogo le maggioranze religiose, ma anche le minoranze grandi o piccole sono sfidate a guardare oltre i propri interessi e a produrre motivi ed esperienze di convivenza tra diversi in una società aperta.

Come dopo la Seconda guerra mondiale, le tre sfide hanno un valore europeo e un valore universale. L’universalismo postcoloniale incarnato dalla costruzione europea della seconda metà del Novecento ha avuto grandi meriti, ma oggi non appare più capace di unire né l’Europa al suo interno né l’Europa e i partner internazionali. Il compito delle comunità religiose oggi non consiste soltanto nella lucida denuncia delle contraddizioni di quell’universalismo, e nell’assunzione di responsabilità per la parte che le religioni europee hanno avuto in esse; un nuovo universalismo è necessario per questo mondo globale, e non potrà esserci senza Europa e senza religioni. Nell’economia e nei diritti, oltre i nazionalismi.

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