Koinonia Giugno 2017


DOPO AVER ASCOLTATO MARCO VENTURA

 

Ascoltando Marco Ventura nell’incontro di Koinonia il 3 giugno, abbiamo potuto misurare la vastità del campo e la molteplicità della messe in cui i discepoli di Cristo - e con essi la chiesa di Francesco - sono chiamati a giornata; tutto quel mondo in cui la dimensione religiosa  si intreccia e si confronta con le altre forze che operano nella nostra storia: politica, economia, mercato, finanza, informazione, ecc…

Ma, al tempo stesso abbiamo dovuto prendere coscienza della sproporzione e dell’inadeguatezza tra la complessità di questo universo socio-religioso e le forze in campo, senza dire della nostra insignificanza davanti a sfide così  immani. Eppure è a questo mondo che il vangelo è destinato ed è a predicarlo che anche nel nostro piccolo siamo mandati, un compito che non può essere ridimensionato e a cui non è possibile sottrarsi.

Questo vuol dire che a colmare questo squilibrio entra in gioco la fede: quello di predicare il vangelo è sì un lavoro di presa d’atto e di coscienza dello stato delle cose senza riduzionismi e infingimenti, ma è soprattutto gettare le reti sulla sua Parola, dove naturalmente queste reti non possono essere usate per sport in qualche riserva di pesca, come spesso succede in una pastorale fine a se stessa. D’altra parte non basta contentarsi di avere il rimedio ai mali del mondo e della vita e magari sfidare gli altri perché seguono altre vie!

Adottando per ora solo lo schema del discorso - i cui contenuti potranno essere colti in un secondo momento - ci lasciamo coinvolgere subito dalla “chiesa di Francesco”, nel senso che non basta radiografarla e magari elevarla a paradigma per assicurarle futuro, ma va condivisa e interpretata con partecipazione critica per contribuire a risolvere i nodi dialettici in cui si presenta, appunto tra “facile e difficile” tra “leader e popolo” tra “azione e dottrina”. Questo nostro imbarcarci sulla “barca di Pietro” ci consente di ritrovare la solidarietà con quanti sono dediti al servizio del vangelo, ma al tempo stesso ci libera da ogni residua preoccupazione di doverci accreditare nel panorama e nello spazio istituzionale della chiesa “esistente”. Volendo usare una formula, diciamo pure “schiavi del Vangelo, liberi dalla Legge”.

Ritrovarsi coinvolti pienamente nella stessa ragion d’essere del Popolo di Dio nel mondo e d’altra parte sciolti da tutti i vincoli convenzionali di appartenenze particolari ci illumina anche sul tipo di impegno di ciascuno e sulla collaborazione tra di noi: ci dice che è sempre possibile la presenza a seconda dell’interesse del momento e a temi particolari, ma ciò che rimane il cuore pulsante del nostro cammino è la passione del vangelo per il mondo come asse portante e filo conduttore del nostro agire. La convinzione che sta alla base di questo orientamento è che il vangelo - e quindi credere al vangelo - ha una sua rilevanza specifica ed autonoma, da non ridurre alle sue condizioni di fatto. Qualcosa di trasversale che possa attraversare tutti gli strati e le forme di vita ecclesiale e di fede, ma che al tempo stesso rimane inalterato “senza confusione, senza cambiamento, senza divisione, senza separazione”.

Fare appello all’assolutezza e centralità della fede non vuol dire chiudersi a riccio in circuiti pastorali  autoreferenziali, ma generare cerchi concentrici di irradiazione evangelica fino ai confini della terra, a testimonianza che l’universalità è nel messaggio stesso e non nel mezzo di trasmissione. E questo implica visione ed esplorazione dell’universo socio-religioso, che Marco Ventura presenta nella dinamica “locale-globale”, “identità-scambio”, “fede-opere”.

Di qui l’interrogativo “per quale riforma”, non tanto per prefigurare un modello definito di chiesa da realizzare, quanto per individuare un metodo da condividere. E allora è da vedere se il necessario dinamismo si sviluppa in tal caso “dall’alto o dal basso”, in senso “occidentale o globale”, “nei fatti o nelle idee”: naturalmente tutti aspetti da approfondire con la partecipazione più ampia possibile in un cantiere sempre aperto. Ma è chiaro che se non bastano progetti ideali, non basta neanche un metodo, se non c’è chi vi mette mano come all’aratro da spingere in avanti senza voltarsi indietro.

 

ABS

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