Koinonia Maggio 2017


LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE.

I NEGOZI APRONO E LE CHIESE CHIUDONO!

 

Il detto ben noto di Emile Girardin (1) “Per governare bisogna prevedere”, mi sembra sempre attuale. Non prevedere nulla vorrebbe dunque dire non governare, o governare in modo insoddisfacente.

 

Da qualche anno, i responsabili politici hanno previsto un’apertura domenicale controllata di alcune imprese commerciali; si è avviato così un vero movimento di apertura generalizzata. Dove si fermerà? Andiamo, per tappe, verso l’apertura sistematica di negozi e centri commerciali (2) ?

In campo ecclesiale cattolico, in Francia, a partire dall’assemblea di Lourdes del novembre 1990 dedicata alla domenica, i vescovi francesi non hanno previsto, tranne alcune eccezioni, una vera politica per l’apertura delle chiese la domenica ( già chiuse per la maggior parte del tempo durante la settimana), e soprattutto per la convocazione domenicale in memoria del giorno della risurrezione di Gesù Cristo. Senza aver fatto una seria valutazione delle pratiche delle assemblee domenicali in assenza del sacerdote (3), pratiche assai sviluppate ed apprezzate in Francia tra il 1970 e il 1990, i vescovi si piegano al desiderio del Direttorio  (2 giugno 1998) della Congregazione romana per il culto divino di non incoraggiare lo sviluppo di queste riunioni domenicali. Nel momento in cui il clima comincia a riscaldarsi, la Chiesa di Francia ha accettato con determinazione una vera e progressiva glaciazione domenicale.  Questo processo è stato sostenuto dalle riorganizzazioni diocesane secondo le quali emerge un modello dominante: eucarestia regolare ad ore fisse nel paese centrale e, quando è possibile ( ma la cosa è diventata sempre meno possibile), un’eucarestia “a rotazione” in uno dei numerosi villaggi del circondario. I vescovi e i sacerdoti, per rassicurarsi, hanno dato prova, per una volta, di un ottimismo a oltranza: i fedeli obbedienti sarebbero emigrati bravi bravi verso altre parrocchie per celebrare una vera domenica con una vera messa. I preti non sembravano dispiaciuti poiché pensavano che la gente sarebbe venuta da loro, tanto più che la maggior parte dei preti non aveva comunque né il tempo, né il desiderio di riflettere su una domenica diversa.

 

Ma la realtà non si costruisce negli uffici e la sua scoperta può sorprenderci. Davanti a una simile mancanza di coraggio e di continuità pastorale, i cristiani convinti, prima impegnati nell’animazione delle celebrazioni domenicali in assenza del prete, spesso hanno lasciato (definitivamente) la Chiesa in punta di piedi. I cristiani praticanti la domenica non si sono spostati, tranne qualcuno molto impegnato: i cristiani sono rimasti attaccati alla loro chiesa. Si può fargliene una colpa? Lentamente, ma inesorabilmente, si sono abituati alla non-proposta domenicale. In venti anni, nel corso delle mie peregrinazioni sul territorio francese, ho visto il ritmo delle proposte domenicali ridursi come qualcosa di effimero.

 

La domenica è in fallimento (4). Era necessario dirlo e scriverlo. La situazione è grave, perché ne va del futuro della Chiesa: che fine fanno l’esperienza e la percezione fondatrici del Cristo presente là dove due o tre sono riuniti nel suo nome? (Mt, 18,20) Che fine fa una Chiesa che consente a una perdita accelerata del contatto di vicinanza? Un’assemblea non convocata non è più inviata e perde la sua dimensione apostolica. E nell’ambiente contadino, privo in gran parte di negozi e servizi nei paraggi, la riunione domenicale era molto spesso la sola manifestazione settimanale che vivificasse i legami sociali.

 

Io continuo a sostenere i cristiani desiderosi di continuare positivamente l’avventura domenicale cristiana. Dove però c’è carenza domenicale, non sarà facile cambiare rotta; ci vorrà una volontà comune e un lavoro con e a partire dalle comunità di base. In ogni caso, nella realtà e nell’attuale disciplina dei ministeri in cui il numero delle ordinazioni presbiteriali continua a diminuire (5) , l’opzione oggi più diffusa, “tutta l’eucarestia o niente”, non è promettente per il futuro. Nell’articolazione della trilogia “assemblea, eucarestia, domenica” è meglio conservare innanzitutto e soprattutto le assemblee che, a modo loro, sono un segno e potranno un giorno, venuta l’ora, se la Chiesa prevede soluzioni ministeriali, includere nuovamente la celebrazione dell’eucarestia. Le proposte pastorali dovrebbero essere inclusive e non esclusive. È molto più difficile ricostruire una presenza cristiana quando la Chiesa non è più visibile.

 

Infine, i responsabili pastorali, ministri ordinati e fedeli laici, non potranno evitare una riflessione più globale sull’appartenenza ecclesiale che non è più unicamente geografica, ma anche di affinità (6). Nuove reti si formano e si disfano. La pratica del culto non è la sola perché anche la pratica della carità è nobilmente evangelica.

 

Lo vedo e lo vivo come parroco di una comunità di parrocchie a Haguenau (Saint Nicolas-Saint Joseph), l’arte pastorale consiste nel non lasciare che forme pastorali e di culto ereditate dalla Tradizione si oppongano a ricerche e nuove pratiche teologicamente fondate. “La Chiesa solida e la Chiesa liquida (7)”, come possono restare positivamente connesse? È più facile lamentarsi del fatto che le chiese si vuotano piuttosto che continuare ad interrogarsi, a cercare e proporre. Donne e uomini, giovani e adulti, sono in attesa di un nutrimento spirituale che non deve essere teorico, dogmatico, moralista, ma favorire anche la felicità conviviale e il benessere. Le pratiche domenicali legate alla vicinanza e le pratiche spirituali legate a delle reti possono interrogarsi, arricchirsi, socializzare. Questo richiede ‘savoir faire’, essere attenti, empatici e pazienti. Gli agenti pastorali, sacerdoti e laici, sono portati ad essere profondamente radicati nella fede, ben formati teologicamente e, nello stesso tempo, flessibili, vivaci intellettualmente, capaci e ambiziosi per il Vangelo e per la Chiesa. Dobbiamo sperare che la formazione dei futuri sacerdoti e dei cooperatori (cooperatrici) della pastorale sia veramente concepita per essere all’altezza delle nuove sfide.

 

François  Wernert

parroco e teologo

 

1. Emile de Girardin (1806-1881) è un uomo politico francese, giornalista, inventore della stampa moderna

2. “Commercio: la breccia della domenica”. Questo il titolo di copertina de Ultime notizie dell’Alsazia del 16 gennaio 2017. “Sempre più negozi aprono la domenica. Fra le tabaccherie che lavorano legalmente e le insegne che giocano con le loro grandi superfici, la scelta dei consumatori continua ad allargarsi”.

3. La costatazione è reale: già all’epoca un’importante mancanza di preti in molte diocesi.

4. WERNER F., Le dimanche en déroute- les pratiques dominicales dans le catholicisme français au début du troisième millénaire, Paris, Médiaspaul, 2010, 487 pag. Questo saggio ha meritato il premio europeo per il miglior libro di teologia, attribuito dall’associazione europea di teologia cattolica (AETC) il 25 agosto 2011 a Vienna, in Austria.

5. 85 sacerdoti diocesani ordinati nel 2014 in Francia, in Guida 2016 della Chiesa cattolica francese, 2016.

6. Vedi i lavori dei sociologi delle religioni, Danièle HERVIEU-LEGER, Roland J.CAMPICHE ecc.

7. È il teologo Arnaud JOIN-LAMBERT che ha svolto questa riflessione: “Vers une Eglise liquide” in Etudes 2015/2 (febbraio), pag.67-78.

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