Koinonia Maggio 2017


A 25 anni dalla morte

RICORDANDO PADRE BALDUCCI

 

Il mio primo vivo ricordo di P.Ernesto Balducci risale al 1955, quando l’allora Priore di S.Domenico di Fiesole, P.Innocenzo Colosio, ritenne di portarci - come noviziato - ad ascoltarlo in uno dei suoi interventi al “Cenacolo”, da lui promosso come nuova associazione in cui all’assistenza di tipo caritativo si univa un’attenzione forte ai problemi politico-sociali e alla preparazione teologica e spirituale. Non saprei riferire quanto disse ma la passione e lo spirito con cui parlava sono ancora vivi in me, insieme all’immagine della sua figura così spiccata. È stata una prima finestra sulla realtà fiorentina di quegli anni, che di tanto in tanto si apriva con le visite che personalità di quel tempo facevano al convento, intrattenendosi con animate discussioni tra loro. Senza poter entrare nella comprensione dei loro dibattiti, l’animazione e il fervore si trasmettevano e hanno lasciato traccia.

A parte queste reminiscenze, non sono mancate poi nel tempo opportunità di incontro, come quando durante il suo esilio romano negli anni del Concilio invitò a parlare il  P.Chenu, il cui abbraccio non dimenticherò mai. E poi gli incontri alla Badia, saltuari nel tempo ma continui nel sentimento e nella partecipazione: infatti non si possono cancellare l’affabilità, la cordialità e l’incoraggiamento che trasmetteva sia pure nei pochi attimi di rapporto personale.

Tutto questo rimane sullo sfondo, per parlare invece dell’incontro che si rinnova ora passando dalla memoria all’ascolto. Infatti, per un ricordo del P.Balducci in Koinonia, cerco di incontrarlo in qualche suo testo che ci aiuti nel cammino di questo momento, che ci porti da una fede indotta e passiva ad una fede creativa e - come si usa dire ora - “performativa”. Non mi sono attardato sulle opere della “svolta antropologica” degli ultimi anni – quelle che vanno per la maggiore e lo caratterizzano nell’opinione pubblica (L’uomo planetario, L’altro, terra del tramonto…).Sono andato a riprendere qualche libro precedente a carattere teologico, che ci riporta a quelle radici del suo pensiero da cui non si può prescindere, se egli stesso dice che la sua è “una fuga immobile”.  E mi sono imbattuto in qualche pagina del volume “La fede dalla fede” (Cittadella Editrice, 1976), che ci fa entrare nel vivo di questioni aperte con le quali confrontarsi, come quando dice: “Se c’è un problema pastorale teologico di fondo, oggi, nella Chiesa, è una nuova confessione di fede in Gesù Cristo”.

Certamente, si può tagliare il nodo “fede in Gesù Cristo” o dandola per acquisita o scartandola pregiudizialmente, ma ciò non toglie che per una chiesa l’assillo sia proprio questo, per sé e per il mondo.  Ascoltando il P.Balducci, forse sentiamo l’eco di cose già dette e ripetute, ma proprio perché tutto si compia siamo qui a raccogliere il testimone dal P.Balducci quando ci dice che “ci troviamo nella possibilità di guidare - all’interno di un processo che ci compete e forse ci lacera - un progetto di Chiesa diverso da quello storicamente elaborato”. Non è questo il banco di prova?  La messe è sempre molta, ma gli operai sempre pochi!

 

Alberto B. Simoni

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