Koinonia Maggio 2017


Un nuovo libro di Angela Ales Bello

Tutta colpa di Eva

 

Ecco un nuovo libro di Angela Ales Bello. La filosofa, con i suoi testi, ci ha sempre posto di fronte a problemi esistenziali seri e di non facile soluzione: Il senso delle cose (2013), Il senso del sacro (2014), Il senso dell’umano (2016), solo per citarne alcuni, ma già questi titoli sono un valido sussidio a guidarci attraverso la riflessione sul senso – profondo, appunto – di ciò che ci circonda, di ciò che siamo, di ciò cui aspiriamo.

L’ultimo libro di Ales Bello presenta, a mio avviso, un’attraente ambiguità proprio nel titolo: Tutta colpa di Eva. Come interpretarlo? La studiosa, nel corso della sua lunga carriera di insegnamento e di testimonianza, ha dato tante prove certe delle sue convinzioni in senso sociale, morale, religioso, ha fatto spesso sentire la sua voce a favore dei diritti umani, si è interessata del ruolo della donna nella storia, nella società, nella religione, difendendone le conquiste – ma anche disapprovandone gli eccessi-, e mettendo in evidenza il contributo che la sensibilità femminile può e ha potuto dare alla cultura, alla spiritualità, al progresso nel corso dei secoli.

Con questo titolo, invece, sembrerebbe dare la colpa ad Eva – alla donna in senso lato -: colpa di cosa? Per quale motivo? Come è stata possibile questa metamorfosi?

Ecco il punto, anzi, il punto interrogativo. Se il titolo fosse stato accompagnato da quel segnetto grafico, nessuno degli estimatori di Ales Bello avrebbe avuto da ridire, ma quell’interpunzione non c’è: e, allora, cosa pensare?

Non ci resta che leggere il libro per avere una risposta: e la risposta arriva, chiara, documentata, circostanziata, allarmante anche, perché questo lavoro dell’autrice, con dovizia di riferimenti storici e culturali, mette in evidenza un grave pericolo cui la società odierna, soprattutto occidentale, sta andando incontro: la perdita dell’identità personale.

Ma, procediamo con ordine.

La prima parte dello scritto ripercorre le tappe del femminismo dalle origini fino alle effettive conquiste del Novecento, ma ci avverte anche che la posizione della donna, che sembrava ormai definita in senso positivo, proprio in quest’ultimo decennio si è andata complicando, anzi, è il problema antropologico che sta uscendo dai suoi limiti naturali di opposizione uomo/donna, per procedere sulla strada della confusione dei ruoli, come si evince dalla seconda parte e, con forza particolare, dal bilancio conclusivo del percorso.

Questo itinerario del femminile attraverso il tempo non manca di soffermarsi su tappe significative di carattere teologico e filosofico. Basti pensare al termine Homo, con cui nel Medioevo veniva designato il genere umano, che comprendeva sia il maschio che la femmina: anzi, nel sec. XII Ildegarda di Bingen aveva già affrontato il tema della coesistenza dei due generi, affermando, nella sua visione simphonialis dell’universo, che è proprio la compresenza di uomo e donna, l’interazione tra i due, la specificità dei singoli ruoli, ma anche la loro cooperazione nell’edificare l’edificio delle buone opere, che mostra l’armonia dell’universo creato da Dio, in cui l’individualità personale si armonizza con la specificità dei generi, in una sintesi superiore, che tende alla simphonia prodotta dall’ordine universale pensato da Dio.

La voce di Ildegarda suona come una lontana eco dell’antropologia duale proposta nel secolo appena trascorso da Edith Stein, la filosofa e religiosa del Carmelo morta nei campi di concentramento nazisti, su cui Ales Bello si sofferma con ampiezza di trattazione e competenza particolare: non dimentichiamo che ha dedicato molto del suo impegno di ricerca per diffondere le opere della Stein, curandone la traduzione dal tedesco e diffondendone il pensiero filosofico e religioso.

Tornando alle presunte colpe di Eva, il testo si propone di analizzare la situazione ai giorni nostri e qui la parola chiave più adatta è ambiguità: non del libro, che, anzi, definisce con chiarezza il significato e il valore di termini come genere, gender, queer, la loro genesi, lo sviluppo cronologico sul piano storico, le risultanza attuali. L’ambiguità sta nell’uso che di tali termini viene fatto da detrattori e sostenitori: e si torna in un circolo, purtroppo vizioso, a quanto si era accennato all’inizio, la confusione di ruolo, l’intreccio dei sessi, che non segue più i ritmi naturali, ma si complica in un’accelerazione storica e cronologica, per cui l’identità personale rischia di frantumarsi in una pluralità di ruoli che porta ad essere ciò che si vuole e quando si vuole, in un atteggiamento liquido (pag. 70) nell’impossibilità di trovare punti di riferimento stabili.

Il messaggio che il libro di Ales Bello ci trasmette è allarmante ed inquietante insieme, perché stiamo assistendo al tentativo di far passare teorie decostruttivistiche attraverso i canali dell’educazione dell’infanzia, che è il terreno più fertile su cui far attecchire atteggiamenti, valori, principi.

A questo grido d’allarme, però, la filosofa contrappone l’ancora di salvezza di un Cristianesimo che, valutando le esigenze dei tempi e padroneggiandole in modo appropriato, continua a mantenere vivi i valori dell’amore come carità e della dignità umana che, pur se plasmabile nel tempo, deve mantenere la sua connotazione individuale e comunitaria, rifiutando le attrattive di un pensiero debole che porta all’indistinzione, senza poter prevedere gli esiti futuri, proprio perché gli avvenimenti umani sono imprevedibili (pag. 158): ma se il genere umano resterà ancorato ai principi suggeriti da una Provvidenza, sempre provvidente, non potrà fallire a glorioso porto (Dante, Inf. XV, 56).

 

Anna Maria Sciacca

Roma 27/4/2017

 

*Ales Bello A., Tutta colpa di Eva, Castelvecchi Editore, Roma 2017, pp. 192, € 22,00

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