Koinonia Maggio 2017


DON LORENZO MILANI E DON PRIMO MAZZOLARI

IN CORRISPONDENZA TRA LORO

 

Cinquant’anni fa moriva don Lorenzo Milani (1923-1967), un anniversario che si è già iniziato a celebrare con la pubblicazione di memorie e nuovi profili, come quelli da poco usciti con la firma di Michele Gesualdi e Mario Lancisi, e che vedrà edita l’opera omnia del prete fiorentino nella collana di Meridiani Mondadori che lo riconosce come “classico”: un doppio volume – con la direzione scientifica di Alberto Melloni, segretario della Fondazione per le Scienze religiose di Bologna, custode di gran parte delle carte originali di don Milani -, che raccoglierà scritti editi e numerose pagine inedite di una delle figure più eloquenti e seguite del Novecento religioso italiano.

Sono da tempo noti gli scambi epistolari intercorsi tra don Milani e don Primo Mazzolari, diversi per età, estrazione sociale, cultura, percorso ecclesiastico, eppure accomunati da non poche “opzioni fondamentali”: l’assunzione radicale del messaggio evangelico nella propria esperienza personale e pastorale; la forte percezione dell’urgenza dell’azione cristiana, un’azione da incarnare nella storia rifuggendo la visioni astratte e spiritualistiche; la volontà di offrire «la parola ai poveri», declinata come giustizia in entrambi, con attenzione speciale alla cultura in Milani; la forte critica ad atteggiamenti e impostazioni ecclesiali e politiche considerate sorde alle esigenze degli ultimi.

Le lettere di Milani al parroco lombardo, conservate nell’archivio della Fondazione don Primo Mazzolari, sono state più volte pubblicate e, nel 2013, integrate con la contestuale pubblicazione delle lettere di don Primo conservate nell’archivio della Fondazione don Lorenzo Milani. Si tratta di sette lettere di Milani e cinque di Mazzolari, scambiate tra il 1949 e il 1958 e integrate da scritti e articoli che da quel rapporto nascevano, tra questi, due di Milani accolti nel quindicinale mazzolariano «Adesso» e la recensione mazzolariana al volume Esperienze pastorali, la ricognizione sociologico-statistica sulla pratica cattolica nell’Italia degli anni Cinquanta, che il fiorentino aveva ricavato dalla sua esperienza di cappellano di San Donato di Calenzano.

La corrispondenza e i testi testimoniano un contatto sporadico ma non casuale: le due personalità riconobbero nell’altra elementi di consonanza con le proprie aspirazioni evangeliche ed ecclesiali, e all’altra chiese e offrì attenzione, sostegno e collaborazione in un tempo della Chiesa italiana segnato dalla volontà pervicace di controllare e ricondurre a rassicurante uniformità quelle voci che, come le loro, esprimevano esigenze di profondo rinnovamento.

Di seguito pubblichiamo una scelta di questi documenti: la prima lettera del carteggio, con cui nel 1949 Mazzolari annunciava a Milani la pubblicazione su «Adesso» di una sua pagina «intonata perfettamente con lo spirito del nostro foglio»; quello stesso scritto milaniano, in cui si denunciava la colpevole collusione della Chiesa con le classi dirigenti e il problema del rapporto con i comunisti, a pochi mesi dal Decreto del Sant’Uffizio che condannava ogni collaborazione (1° luglio 1949); il ringraziamento di Milani, che si riconosceva debitore del suo corrispondente anche per la lettura del suo Impegno con Cristo, fatta con «passione» da «neofita» negli anni della sua conversione (1943); la solidarietà per la forzata chiusura di «Adesso» nel 1951, in seguito a una dura notificazione dell’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster; l’entusiasmo dichiarato da Mazzolari nel maggio 1958 dopo la lettura di Esperienze pastorali, che allietò Milani, presto reclamante la recensione promessa su «Adesso», per il dispiacere che il libro «fosse recensito prima dai giornali laici che cattolici»; la recensione uscita su «Adesso» nel luglio 1958 insieme a un’ampia presentazione del testo milaniano. Il giudizio era assai positivo ma non esente da notazioni critiche – don Primo rilevava «incongruenze stilistiche», «alcune unilateralità» - che dispiacquero a don Milani; e ancor più gli dispiacque l’attribuzione di «album di famiglia» al volume, come pure il riferimento alla sua come a una delle «povere voci», tra le quali Mazzolari annetteva di sicuro la sua, che avrebbero dovuto essere ascoltate per una più adeguata «cura d’anime nel mondo moderno».

Non mancavano le divergenze di sensibilità e di valutazione tra le due personalità, a partire dall’importanza essenziale attribuita alla scuola da parte di don Milani rispetto a un più tradizionale “specifico sacerdotale” assunto e vissuto da Mazzolari nella sua vicenda pastorale. Divergenze tacitate nell’abbraccio solidale offerto subito dopo l’attacco di «Civiltà Cattolica» a Esperienze pastorali. «Misuro il tuo dispiacere da esperienze consimili ripetute più e più volte, e vorrei che tu mi sentissi vicino, paterno amico, anche se non so dirti una parola», scriveva don Primo con trasparente rimando autobiografico. L’invito era quello di immergersi in «un bagno di umiltà, un atto di fede oltre gli uomini, un abbraccio ai tuoi figlioli e agli amici, che aspettano da te conferma del tuo amore verso la Chiesa del tempo e della eternità».

 

Bozzolo (Mantova) 23.XI.1949

 

Caro Don Lorenzo,

il tuo disoccupato (gli è cambiato soltanto il titolo per dargli l’evidenza che merita) è già in tipografia e uscirà nel prossimo Adesso, che tu certamente conosci. È proprio la pagina di un bel cuore sacerdotale, intonata perfettamente con lo spirito del nostro foglio. Dico nostro perché spero che tu lo senta vicino, nella tua angoscia di carità sacerdotale.

Che il Signore ci conservi nella fedeltà alla causa dei poveri!

Tuo Don Primo

 

***

«Franco, perdonaci tutti: comunisti, industriali, preti»

 

Il mio Franco è di nuovo disoccupato, m’ha chiesto di accompagnarlo su e giù per le scale degli industriali per cercargli un altro lavoro.

(Le raccomandazioni sono una cosa giusta o ingiusta? Che lo so io? Ma che dovevo dirgli di no al mio Franco disoccupato?)

Un fratello portiere mi ha aiutato a chiappare l’inarrivabile fratello Industriale nel suo ufficio.

(Come s’aprono facilmente ai preti oggi le porte degli uffici. Che è bello questo? Che lo so io? Ma che dovevo dir di no quando il mio Franco è disoccupato?)

Il fratello Industriale è stato gentile con me. Ha detto alla sorella dattilografa di far la schedina al mio figliolo Franco.

Io devo essere grato al fratello Industriale. Ma poi è successo una cosa triste: mentre m’alzavo per andare via avevo aggiunto: “Le farò fare una lettera anche dall’officina dove Franco ha lavorato fin ora per dirle quel che sa fare”.

Il fratello Industriale mi ha steso la mano con un sorriso d’intesa: “Non importa, reverendo, se me lo raccomanda lei non sarà certo un comunista”.

Perché non ho ritirato la mano Signore? Come ho fatto a non capire subito che quella mano e quell’occhiata e quella parola erano uno sputo sul mio sacerdozio che è il tuo sacerdozio, Signore?

Fratello Industriale, quando mi è venuta la risposta ero già di nuovo nel tuo ascensore che mi riportava al pian terreno. Non ho avuto il coraggio di tornare indietro a leticare.

Ho avuto paura per il lavoro del mio Franco. Ma ora mi pare di averti ingannato, bisogna che ti risponda.

Sì, che il mio Franco è comunista.

“E un comunista non deve mangiare?”, ha chiesto Franco nel tuo ascensore lucente, con un lampo di ribellione negli occhi.

E ha ragione.

Che credevi tu?

Quando, quattro mesi fa, col decreto della sua Mamma Chiesa, gli ho detto “Sbagli, Franco, a esser comunista” (e tu fratello Industriale quella mia parola dolorante di padre l’hai sbandierata festante sui tuoi giornali) che credevi tu?

Che io gliela dicessi per te? Per salvare il tuo capitale e il tuo mondo sbagliato che deve cadere?

Io non son dalla tua.

Posso pregare per te perché Dio ti perdoni d’esser ricco. Ma non posso difendere il tuo mondo per il quale il mio Signore non ha voluto pregare.

Tu, Franco, lo sai, vero? Che io non sono per loro.

Sii coraggioso.

I comunisti ti hanno ingannato, gli industriali ti hanno calpestato, noi preti non abbiamo saputo fare.

Franco, mi vergogno del pane che mangio. È un mondo ingiusto, lo so.

Quando tu sarai più grande e io più buono lo muteremo insieme.

Per ora perdonami, non ho da dirti altro che una parola vecchia.

Agli altri non la posso dire, se no ripensano all’oppio. La dico solo a te in un orecchio, perché tu puoi capirla: Perdonaci tutti: comunisti, industriali e preti. Dimenticaci, disprezzaci, fai quel che vuoi, ma il tuo Signore non lo lasciare, Franco.

Abbi il coraggio di prender la Sua croce, portarla con fiducia.

Non ci hai che Lui che t’abbia amato.

Lorenzo Milani

«Adesso», 15 novembre 1949

 

***

S. Donato a Calenzano (FI),

4 dicembre 1949

 

Caro don Primo,

grazie di cuore della sua lettera e della pubblicazione dell’articolino. Non conoscevo Adesso che di fama. Domani se posso ci abbonerò me e un giovane di qui.

Se mi scappa qualche altra parola scritta gliela manderò forse, ma quando siamo giovani si scrive poco volentieri perché si sa che lo scritto dei giovani è come il pesce: dopo due giorni puzza anche a chi l’ha scritto.

Insomma grazie d’avermelo stampato e ormai che ci sono a ringraziarla, grazie anche di Impegno con Cristo che lessi con passione quand’ero neofita. Da allora in poi non ho più letto nulla, ma ho seguitato a considerare lei come un amico d’infanzia. Che Dio le renda merito d’ogni cosa.

 

Suo Lorenzo Milani

cappellano di S.D. a Calenzano

 

***

S. Donato a Calenzano, 18 aprile 1951

 

Caro don Primo,

m’è dispiaciuto molto che Adesso abbia chiuso.

Non tanto per lui e per lei, quanto per il pensiero della figura canina che ci facciamo noi cattolici. Si vede che il buon Dio non considera ancora matura la Chiesa per affidarle la costruzione del suo Regno e preferisce ancora valersi dei suoi nemici.

Contento lui, contenti tutti.

Dopo tutto l’importante è che la giustizia venga, che poi venga da una parte o dall’altra purché venga sarà sempre un avvicinarsi del Regno.

L’ora di Dio per gli ebrei maturò nel peccato, nel castigo, nella sconfitta, nell’umiliazione di Babilonia.

Fare il prete in questi momenti fra questi popoli tanto traditi (ora poi che hanno aperto gli occhi sulle nostre grandi colpe sociali) è una umiliazione tale che voglio proprio sperare che il Buon Dio ce la conterà.

Non resta che pregarlo di dar tanta grazia ai comunisti che sappiano imputare loro a noi tutto il nostro marcio senza danneggiare troppo quel po’ di buono che c’è rimasto.

Insomma son tanti i discorsi che si può fare per non disperarsi! Lo capii in seminario quant’è provvidenziale che i superiori ecclesiastici siano così poco intelligenti e così poco religiosi. Se no non ci sarebbe nessun merito a sopportarli.

Dopo averla dunque così pianamente consolato mi permetto di chiederle un favore. Mi comoderebbe molto una decina di copie del num. 21-22 dell’Anno 1° di Adesso (15 nov. 1949).

Tempo fa (e precisamente il 31 marzo di quest’anno) ho messo 500 lire sul conto corrente di Adesso (3+12829) a questo scopo, ma non ne ho avuto risposta. Le sarei grato se volesse veder lei se è possibile averle.

Coi più affettuosi saluti e grazie e scusi del disturbo

Suo Lorenzo Milani

cappellano di S. Donato a Calenzano (FI)

 

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Bozzolo (Mantova) 22 maggio 1958

 

Caro don Lorenzo,

sono arrivato all’ultimo capitolo delle Esperienze pastorali e non so attendere la fine perché la voglia di buttarti le braccia al collo, è incontenibile.

È uno dei più vivi e completi documenti di sociologia religiosa. Il clero italiano ti deve essere riconoscente. Non abbiamo più nulla da invidiare ai francesi.

Sono riconoscente anche al tuo Cardinale che vi ha posto la sua firma. Qui nessun Vescovo avrebbe osato.

Ne parlerò su Adesso e altrove, dopo la scorribanda elettorale.

Intanto ti abbraccio e ti benedico con cuore paterno.

Tuo Don Primo

 

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Barbiana 24 giugno 1958

 

Caro don Primo,

la ringrazio della sua lettera del mese scorso. Da allora in poi son stato in attesa della recensione su Adesso. Non vedendola ancora mi son deciso a scriverle per pregarla di farla subito.

A Firenze il libro s’è fatta molta strada, ma fuori Firenze nessuno lo conosce e mi dispiacerebbe che fosse recensito prima dai giornali laici che da quelli cattolici.

Grazie ancora delle sue parole buone e a presto

Suo Lorenzo Milani

parroco di Barbiana – Vecchio Mugello (FI)

 

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L’educazione salvezza della parrocchia

 

Don Lorenzo Milani, priore di Sant’Andrea a Barbiana di Vicchio, Mugello (Firenze), ha pubblicato presso la Libreria Editrice Fiorentina, un “album di ricordi” delle sue “esperienza pastorali” nella “Pieve di San Donato”.

Vi sono pagine di interesse generale accanto a pagine di interesse locale: incongruenze stilistiche e forse anche logiche, corrette da una documentazione onesta, precisa e trasfigurata da un affetto che abbraccia non solo anime, ma anche antenati, viottoli e campi.

Nonostante alcune unilateralità, che tolgono alquanto d’ampiezza a un’esperienza di vero largo respiro, è il primo e più valido studio di sociologia religiosa stampato in Italia. E il più originale anche nei confronti di parecchie pubblicazioni francesi di larga risonanza.

Non mancheranno i lettori scandalizzati, reclutabili facilmente tra quelli che non hanno mai fatto cura d’anime e tra quelli che di solito giudicano senza leggere con le consuete pregiudiziali verso coloro che osano scrivere senza un titolo accademico.

In genere, gli scritti dei parroci rurali fanno paura per la loro poco buona educazione nel dire le cose che vedono.

Però, se qualche volta quel mondo poco commendevole della cosiddetta cultura pastorale cattolica, badasse anche a queste povere voci, forse il problema della “cura d’anime nel mondo moderno” avrebbe camminato un poco più verso qualche soluzione meno inconsistente e balorda.

Fa piacere e conforta la firma del venerando cardinale Elia Dalla Costa che concede l’“imprimatur” alle pagine effusive di un suo parroco, che non ha paura di guardare la realtà pastorale con occhi aperti e cuore spalancato.

La Fede è il fondamento della Speranza; e chi sta saldo nella Fede sa che i rami secchi vengono recisi per la loro incredulità e perché vi possano essere innestati rami nuovi.

[recensione di don Primo Mazzolari a Esperienze Pastorali] «Adesso», 1 luglio 1958

 

Mariangela Maraviglia

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