Koinonia Maggio 2017


QUANDO SI DICE “KERYGMA”…

 

Stando ai documenti del Nuovo Testamento, i dati della fede furono da principio elaborati e presentati in una forma particolare, che fu chiamata «proclamazione». Il termine greco è kerygma. I traduttori della Bibbia generalmente lo rendono con «predicazione»; ma questa denominazione è inadeguata ed equivoca per l’implicazione che ha nell’uso corrente. Kerygma, esattamente, indica un annuncio o notificazione pubblica, che può esser fatto sia da un pubblico banditore di una città, sia da un venditore di merci, sia infine dal legato di uno stato sovrano per una circostanza solenne, quale potrebbe essere la presentazione di un ultimatum o l’annuncio delle clausole di pace.

Il «predicatore» cristiano raffigurò se stesso come l’annunciatore di notizie molto importanti. Le chiamò semplicemente «la buona novella», o per usare il termine tradizionale «evangelo». Erano queste «buone novelle» che facevano parte della «proclamazione», del kerygma. Esso dunque consiste nell’annuncio pubblico di avvenimenti di pubblica importanza.

La forma e il contenuto della «proclamazione», del kerygma, può essere ricavato dal Nuovo Testamento con discreta precisione. Esso riferiva in breve la vita e l’opera di Gesù Cristo, le sue difficoltà, sofferenze, morte e resurrezione da morte, proseguiva, poi, affermando che in questi avvenimenti la storia di Israele, diretta da Dio nel corso dei secoli, aveva raggiunto la sua espressione definitiva e massima. Dio stesso era intervenuto in forma decisiva per inaugurare il suo regno su questa terra. Questo è il nocciolo di tutta la primitiva predicazione cristiana, comunque fosse esso elaborato, illustrato e spiegato. La preoccupazione del predicatore era di convincere gli ascoltatori che essi si trovavano realmente di fronte al Dio eterno e al suo regno, potere e gloria; che essi, come tutti gli uomini, erano sottoposti al suo giudizio, al peso di ciò che avevano fatto e di ciò che erano in realtà, e che questo giudizio era ormai immediato ed inevitabile; che, inoltre, coloro che si sarebbero assoggettati al suo giudizio avrebbero avuto la possibilità, per la sua misericordia, di entrare in una nuova vita; che attualmente, come conseguenza dei fatti da loro proclamati, aveva avuto inizio una nuova era nelle relazioni tra Dio e l’uomo.

Coloro che rispondevano a questo appello e si affidavano al giudizio e alla misericordia di Dio manifestato in Gesù Cristo, divenivano membri di una comunità, della chiesa, nella quale si poteva vivere una nuova vita. Questi membri erano quindi istruiti nei princìpi etici e negli obblighi della vita cristiana. Questa istruzione morale, distinta dalla proclamazione dell’evangelo, è indicata dal termine «insegnamento», che in greco suona: didaché.

Questa successione nella iniziazione, che vede prima il kerygma, la «proclamazione», e poi la didaché, l’«istruzione morale», sembra essere stata caratteristica della missione cristiana. È precisamente questo ordine, prima il kerygma poi la didaché, che è - come abbiamo visto - applicabile in generale agli scritti del Nuovo Testamento.

 

Charles Harold Dodd

Evangelo e legge, Paideia 1981, pp. 15-17

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