Koinonia Marzo 2017


NELL’AURORA DEL CONCILIO

 

I testi di trascrizione delle conversazioni registrate, nella loro immediatezza che - come sempre - si tenta di mantenere pur nel passaggio alla forma scritta, e comunque nei loro limiti, dettati dalla medesima forma orale e dal dialogare con chi pone domande, risultano congruenti, assonanti, specchiati nei contributi dovuti invece alla penna e alla lettura “da testo”, posti nella seconda parte di queste pagine in cui si sono raccolte alcune delle riflessioni che Loris Capovilla ha portato ad Assisi, in Cittadella, per la Pro Civitate Christiana nello scorrere del tempo. A fare da baricentro tra le due parti s’è posto l’ultimo intervento di Angelo Giuseppe Roncalli, cardinale Patriarca di Venezia, ad un Corso di Studi Cristiani in Assisi, nel 1957.

Un “paradigma Capovilla” esiste e si conferma passando dall’una all’altra modalità del comunicare: è alla luce del Concilio, nel soffio di uno Spirito che cammina nella storia con discernimento, che tutto viene guardato con attenzione, interpretato con misericordia, orientato alla speranza. “Tutto” significa la storia del mondo e la vicenda della Chiesa, il divenire dei popoli e delle culture, nelle loro molteplici contraddizioni, e il costante, faticoso e tuttavia positivo muovere, non privo di errori, del popolo di Dio che di quel divenire è parte integrante.

Nel “paradigma Capovilla” è centrale la dimensione del tempo che deve all’intuizione giovannea del “tantum aurora est” la certezza conclamata di essere comunque appena agli inizi del sorgere della fede e del suo dispiegarsi nella storia umana ed è sostanza la certezza di una riformabilità continua e sempre rigenerata - “l’aggiornamento” - dei modi d’essere, dei comportamenti, delle indicazioni culturali, organizzative e pastorali della Chiesa. Ne fa parte inoltre una percezione della Terra come porzione infinitesima del creato e la ricognizione scientifica che ne descrive l’accostarsi dei frammenti che la compongono. Nel “paradigma Capovilla” è frequente, infine, l’affermazione dell’umiltà come approccio, dell’educazione come stile e come obiettivo, della semplicità e della prudenza quali culmini della vita cristiana, della profezia come necessità che tuttavia comporta sofferenze, della normalità dell’andare non “verso l’altro”, ma verso “gli altri” nella loro concretezza con le mani aperte e le braccia tese, del colloquio.

Ma appunto sono temi che ritornano, sguardi che si protendono puntualizzazioni che scandiscono un dire fatto di annotazioni, memoria, ricordi, interpretazioni di eventi conosciuti e di dettagli poco noti. Quel che s’è voluto indicare come “paradigma” non è uno schema, non una rigidità di impianto del pensiero, non una pretesa di teoria, è piuttosto certezza di eventi “storici”, secondo la fede, che vanno dall’Incarnazione alla Resurrezione, e poi, e da lì, divengono principi di vita: cristiana, per chi vi si riconosca, e aperta a chi sia o si ponga, di fatto, “in ricerca”. Altro caposaldo - quest’ultimo termine - nel dire di Loris Capovilla, insieme alla caratterizzazione che papa Giovanni aveva individuato in monsignor Montini: la capacità di “pensare in grande e guardare alto e lontano”.

Così, in nome di questo, le conversazioni descrittive e di memoria, di interpretazione e annotazione sull’oggi, di protensione al futuro e di puntualizzazione su ogni termine “improprio” da parte di don Loris - ché di aggiornamento si deve parlare, ad esempio, non di rinnovamento della Chiesa - corrono senza inciampo e senza incontrare blocchi o ingombri dai grandi giorni dell’ottobre 1962 alla presidenza di Obama, dalle leggi razziali in Italia a Ghandi ed ai suoi discepoli, dall’Incarnazione in quella Casa di Maria (davvero ora a Loreto? Comunque “qui”) al rapporto con altre confessioni, religioni e parti di umanità, dall’ingresso in Sinagoga di Giovanni Paolo Il e sino a... Caino e Abele che erano “fratelli ma non amici”: e... così...

In questi scorrere senza intoppi di scrittura e di parola in conversazione confluiscono inoltre - ma una parte di tutto questo è forse solo tecnica - una lunga operatività giornalistica di don Loris (a Venezia dal, 1949 direttore del settimanale “La Voce di San Marco” e redattore delle pagine venete de “L’Avvenire d’Italia”) e una non meno lunga frequentazione della radiofonia, sempre in laguna, sulle onde di emissione Rai (dal 1945 al 1953, per l’ambito territoriale di Radio Venezia). Da questo viene - per annotazione minima e professionale - l’automatismo di memorizzare il punto del discorso interrotto, per un cambio di cassetta della videoregistrazione o per uno squillare del cicalino telefonico, poi riprendendo la frase un passo indietro, quasi ad agganciare una pausa delle battute che hanno preceduto l’interruzione, così da consentire un montaggio tv fluido, audio e video, del conversare.

Un’altra caratterizzazione “tecnica” - ma qui il termine è sbagliato - è la modalità di svolgere discorsi e ragionamenti integrandoli di esempi, fatti ed episodi, e soprattutto narrandoli in forma di battuta su battuta. Si potrebbe pensare alla modalità di un copione ma la provenienza di questo modo del raccontare, ridicendo e rispondendo dentro una microscena dialogata che si va a costruire, è di matrice biblica: dal discorrere nell’Eden del serpente con la donna e poi di tutta l’umanità disponibile in quel racconto con Dio e di Dio con loro, sino alla contrattazione - su quanti giusti patteggiare per salvare due perverse città: e son davvero esempi soltanto - tra Abramo e ancora il Signore Iddio. Un modo - tornando alle interviste di Ca’ Maitino - coinvolgente nell’ascolto e chiarissimo come impatto comunicativo, nel momento della conversazione come nel riascolto televisivo, ma arduo da rendere nelle forme della scrittura senza smarrirne intenzione, brillantezza e una profondità concettuale che è sempre densa, talvolta al di là di quanto appaia, anche in questi passaggi ad immagini dialoganti.

Né si può dimenticare, su questo fronte, la passione, comune al cardinal Roncalli come a don Loris per la cinematografia: poche, rare immagini (di genesi Luce/Incom) li mostrano in cammino verso l’ingresso della Mostra del cinema di Venezia - del 1956, quando per i partecipanti il Patriarca celebrò, invitandoli, anche una messa in San Marco - e non per caso è Capovilla in veste di curatore del carteggio Roncalli-Montini ad annotare l’abitudine del nunzio Roncalli, di frequentare talvolta la programmazione cinematografica di alcune sale di Parigi.

 

Renzo Salvi

Nell’aurora del Concilio, pp. 7-9

.