Koinonia Marzo 2017


LA NOSTRA “IMPOTENZA” DI FRONTE ALL’INGIUSTIZIA GLOBALE

 

Non molto tempo addietro Dario Fo, premio Nobel per la letteratura, affermava che papa Francesco è l’unico, fra i grandi della terra, che si oppone frontalmente al neoliberismo. In questi mesi affermazioni del genere stanno diventando un luogo comune. Infatti, a differenza di quelle di Francesco, le critiche che da più parti vengono avanzate nei confronti dei mali prodotti dal “capitalismo selvaggio” che ci ruba non solo il futuro, ma anche l’anima, sono per lo più timide e parziali.

Eppure l’impoverimento di larga parte della popolazione in tutti i paesi “sviluppati”, a partire dagli stessi Stati Uniti, è un fenomeno che nel nostro paese si manifesta con particolare crudezza. Milioni di italiani fino a ieri appartenenti al ceto medio sono spinti verso la povertà, tanto che le Caritas diocesane registrano un notevole aumento di nostri concittadini (si badi bene, di italiani, non di immigrati extracomunitari) che affollano le loro mense.

Ma non possiamo parlare solo dell’aumento dell’indigenza. Dobbiamo prendere atto che il divario fra ricchezza e povertà diventa sempre più ampio. La crisi che ha investito l’Italia in questi ultimi anni ha colpito a senso unico. Anzi, una piccola minoranza di privilegiati ha visto incrementare i propri redditi.

La denuncia di questa realtà scandalosa è ormai generale, ma l’incapacità di affrontare questa situazione (in molti casi non c’è neppure la volontà) è comunque espressione del fatto che l’ingiustizia sociale è vissuta come un dato ineluttabile.

Questo processo, che si presenta ormai su scala mondiale, è riconosciuto dagli stessi fautori del neoliberismo, molti dei quali, recentemente, hanno avanzato una teoria veramente singolare. È vero, affermano, che la globalizzazione nei paesi a capitalismo avanzato ha causato l’impoverimento di alcuna centinaia di milioni di persone (i cosiddetti ceti medi), ma non dobbiamo dimenticare che un miliardo e mezzo di esseri umani di paesi poveri sono usciti dalla miseria, passando mediamente da uno a due dollari al giorno (!!!). Ammesso che questo sia vero a livello mondiale (1), non dobbiamo trascurare il fatto che l’incremento salariale dei ceti più poveri  (peraltro accompagnato da una crescente precarietà), si verifica in presenza di un distacco sempre maggiore rispetto ai veri detentori della ricchezza che vedono aumentare in modo esponenziale i propri guadagni.

A questo punto è necessaria una considerazione ulteriore: se il miglioramento delle condizioni economiche dei singoli non si accompagna a un processo di maggiore giustizia sociale le conseguenze possono essere devastanti per l’umanità tutta: individualismo e competizione estrema, indebolimento della solidarietà fra i poveri, consumismo come modello di vita, aumento della criminalità.

La consapevolezza di questi pericoli, pur denunciati da molti, e in primo luogo da papa Francesco, non si è ancora tradotta in coscienza collettiva. E questo vale anche per la Chiesa, la quale, anche se più sensibile rispetto al passato, non si è dimostrata pienamente consapevole della gravità di questa situazione.

In quanto cristiani diciamo di credere alla Parola di Gesù, anche quando afferma che il Regno di Dio non è un  miraggio, ma una realtà viva che cammina grazie alla nostra testimonianza e al nostro impegno. Ma ne siamo veramente consapevoli? Molto spesso sembra che ci facciamo un Cristo uniformato alla realtà del presente e che ce lo immaginiamo scendere dalla croce per dirci: “Sapete, ho scherzato. Il mondo va così e non lo potete cambiare”.

 

Bruno D’Avanzo

 

NOTE

(1)   Non essendo un economista non sono in grado né di sostenere né di confutare questi dati.  Forse potranno essere veri per India e Cina, ma per quanto riguarda l’Africa Nera e l’America Latina si sta verificando l’esatto contrario. Il caso del Sudamerica è emblematico. In questo continente le politiche di riforme che si fondavano sul rafforzamento dello stato sociale avviate un po’ ovunque nel primo decennio del XXI secolo avevano migliorato le condizioni di vita di gran parte della popolazione. Da qualche anno in qua, invece, i nuovi governi conservatori  che hanno sostituito i precedenti, praticando scelte economiche ispirate al neoliberismo più spinto, hanno provocato un rapido impoverimento della maggioranza degli abitanti, a fronte di un arricchimento ulteriore di una minoranza ristretta.

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