Koinonia Febbraio 2017


PENSIERI DALLO ZIBALDONE DI LUCIANO MARTINI

 

* Sono fra coloro che pensano che ciò che oggi rende più difficile il vivere la fede non sia il suo difficile rapporto con l’esperienza politica o con scelte politiche rivoluzionarie. Ciò che maggiormente insidia la vita di fede sono sul piano culturale e sul piano della vita le svolte antropologiche e/o le rotture epistemologiche mai necessariamente rivoluzionarie sul piano politico. (1976)

 

* Sarebbe necessario un lavoro di grande respiro che torni a collegare in modo vitale e organico il cristianesimo ai problemi della società moderna, con uno sforzo di sintesi organica che può essere individuale come fu quello di un Agostino o ai giorni nostri di un Maritain, o collettiva come è stato il Vaticano II, al cui corpus si può ancora attingere. Occorre accompagnare però questa sintesi anche con la prassi storica che renda questa sintesi operante. oggi nella Chiesa l’elaborazione teorica è molto più avanti della prassi media dei credenti, eppure è essa stessa ancora profondamente inadeguata. (1977)

 

* Sento che viviamo in tempi di mediocrità. C’è quasi una spasmodica ricerca di alleanze e aggregazioni: mancano scambi intensi e profondi sul piano spirituale e intellettuale. Veramente la passione primaria per la ricerca della verità come bisogno esistenziale che dà senso alla vita sembra venir meno. Ma di tutto questo bisognerà andare a fondo [senza data, ma probabilmente fine luglio 1977].

 

* Il senso della fede a partire dalla centralità dell’impegno per la liberazione storica. con gli altri nelle lotte della storia nei luoghi dove si lotta per la liberazione. Ma significa anche interrogare continuamente queste lotte, un costante impegno a verificare i progetti, ad andare oltre di essi. Messa in discussione del già fatto. Capacità di rischio del nuovo. Il senso di Ecumenicità. Superamento di un Dio costruito da noi stessi. Dare subito agli uomini qualcosa verso una società partecipata [non datato, trovato nella busta 1978].

 

* 19 agosto 2005 – Il cristianesimo ridotto a religione civile? Ogni riduzione per il cristianesimo è impropria perché tende ad annullare il potenziale di differenza/critica e la tensione verso la pienezza infeudandolo alla storia (pericolo inevitabile, di qualunque storia si tratti. Ma il cristianesimo non può non proporsi di impregnare dei suoi valori la società e quindi di cercare questo. Evitare che questo diventi il fine primario, lasciare che sia una conseguenza possibile di un Ethos testimoniato e spontaneamente condiviso che contribuisca alla  costruzione di questo anche da posizioni minoritarie ma in virtù della adeguatezza della propria testimonianza e proposta senza finalità dietro di egemonia.

 

* 6 Settembre 2005 -  Leggendo Luca 5,36 ss. Mi sembra che sia nei miei desideri sia nella storia, quella biblica specialmente, il senso e la forza sia dato dal modo in cui il nuovo si innesta sul vecchio. Ma il Vangelo è proteiforme e dà voce spesso ai desideri profondi irrealistici, ma che lo Spirito alimenta in noi  per darci una forza vera a eliminare ostacoli e zavorre che inquinano e intralciano il cammino. Per questo ci è chiesto il radicalmente nuovo.

 

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