Koinonia Febbraio 2017


LETTERA DI ALDO BONDI DOPO L’INCONTRO DEL 22 GENNAIO

 

 

Caro Alberto,

grazie a te per avermi dato modo di socializzare (sia pure sommariamente e in parte) la preziosa testimonianza dei miei due amici (Luciano Martini e Alberto Scandone) in un clima positivo di attenzione e ben organizzato. Speriamo che i semi possano fruttificare.

 

Mi dispiace soltanto di non essere riuscito a dire le cose che avevo sia pure in fretta preparato: succede sempre così, mi faccio prendere dalle esigenze del momento e finisco per perdere di vista (anche per mancanza di tempo e per voler dire troppe cose) l’essenziale.

 

Avevo infatti riflettuto (un po’) sul tema che Koinonia sta perseguendo quest’anno: la riforma nelle nostre mani. Mi sembra infatti che sia in Scandone che in Luciano vi siano preziose indicazioni per il cammino intrapreso e da intraprendere ogni giorno. Ti accenno schematicamente alcuni punti:

 

- il cristianesimo è ricco di (o forse è tutto) ossimori (dalla “lucida follia” ai dogmi trinitario e cristologico) e paradossi (il Dio cristiano, così parziale nel dare la fede a chi predilige, dice di amare il prossimo;  pusillus grex e chiesa istituzione, fedeltà al vangelo e tradizione, natura e soprannaturale, il regno di Dio non è di questo mondo ma è già tra noi ed è chiamato a fermentare e illuminare il mondo, e così via...) e, sia sotto il profilo individuale che collettivo, il cristiano si perde quando (in modo manicheo) sceglie uno dei due poli rinunciando a tenerli insieme vivendone la tensione. È proprio questa tensione che permette di distinguere “l’acqua sporca” dal “bambino” (di memoria hegeliana) e permette la riforma, buttando via l’acqua sporca. Penso ad esempio alla distinzione barthiana tra religione e fede che mi pare feconda se e finché riesce a rinnovare il pur necessario (ma sempre provvisorio e non fine a se stesso) assetto religioso (vedi in proposito quello che afferma Luciano nell’intervista a M.Cappitti);

 

- sia Luciano che Scandone concordano con Rahner (vedi  quanto scrive Scandone a proposito della teologia della speranza, pp. 180-181 del libretto);

 

- non si dà riforma, come non si dava rivoluzione al tempo di Scandone, se non si parte da noi stessi (vedi in particolare le lettere a Manacorda pp. 94-99) (Molti anche i riferimenti in questo senso nelle Carte di Luciano, vedi il libro “Esperienza religiosa e passione civile in L.M.”, pp. 38-61).

 

Capisco che sono questioni ‘grosse’ e io me la cavo con delle indicazioni, che meriterebbero ben altro sviluppo, ma non posso dilungarmi ulteriormente. Me ne scuso e speriamo di poterne riparlare più distesamente in altro momento. Grazie di nuovo a te e ai membri di Koinonia presenti.

 

Aldo

 

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