Koinonia Gennaio 2017


Cattivi Dei infiammano il mondo

 

La religione globale ci sorprende e ci spaventa. Non pensavamo potesse avere tanta forza; ci fa paura la sua potenza distruttiva. Credevamo di aver vinto la lotta contro la violenza di Dio, noi occidentali. Abbiamo superato le guerre di religione, non bruciamo più gli eretici, conviviamo tra credenti e atei dopo aver abbattuto il Muro di Berlino. Ritenevamo esportabile la nostra pace religiosa nel mondo e così sanabile la cattiva coscienza coloniale: chiamavamo secolarizzazione il processo attraverso il quale avremmo disarmato gli dei cattivi e lasciato un piccolo spazio a quelli buoni; a casa nostra e su scala planetaria.

Non è andata così. Gli dei hanno oggi un grande spazio, e sono spesso cattivi. Il mondo è in fiamme: lungi dall’aver esportato la nostra pace religiosa stiamo importando le guerre di religione altrui. Ci appare più che mai debole la secolarizzazione. Marco Rizzi ricorre a questa immagine nel libro La secolarizzazione debole (il Mulino, pp. 108, e 11) per proporci un percorso in tre tappe. Anzitutto lo storico della letteratura cristiana antica relativizza la traiettoria cristiana; poi individua i tratti con essa stridenti del Dio odierno. Infine suggerisce come muoverci oltre.

La prima tappa consiste nel mettere a fuoco il processo storico mediante il quale i cristiani europei hanno costruito un «particolare rapporto tra principio di autorità e principio di razionalità». Siamo figli della tensione tra lo sforzo di interpretazione della Bibbia e la conseguente «razionalità critica ed ermeneutica» da un lato, e dall’altro «un elemento di autorità costituito dalla rivelazione nelle sue diverse forme, la Bibbia-legge e Cristo- lógos ». L’equilibrio «complesso e instabile» tra autorità e razionalità ha reso possibile in Occidente che l’assoluto della fede si piegasse alla relatività della liberaldemocrazia, che l’autorità detenuta dalle Chiese si spostasse in parte sullo Stato e in parte sui cittadini, titolari di diritti. Sicché l’idea di Jürgen Habermas che nella società postsecolare le religioni debbano avere un ruolo pubblico può funzionare, spiega Rizzi, solo se si attiva un duplice movimento, «per cui ogni comunità religiosa agisce sul resto della società e a sua volta ne viene influenzata». Se invece la comunità religiosa si chiude, la multireligiosità diviene, ancora Rizzi, «fattore di disgregazione e di indebolimento» dello Stato liberale.

S’innesta qui la seconda tappa. Gran parte del religioso contemporaneo è estraneo alla ricerca di equilibrio tra autorità e razionalità, diffida della coscienza critica personale e comunitaria. Secondo l’autore assistiamo ad una «eclissi della ragione critica» e al «ritorno dell’eteronomia». Per cristiani e non cristiani, occidentali e non occidentali, è il tempo del «fascino dei modelli autoritativi», della religione che rinsalda l’identità individuale e collettiva di fronte a società senza punti di riferimento. Il soggetto si appiattisce su un’autorità assoluta ed esterna, recepita passivamente e senza vaglio critico. Prendono la strada della radicalizzazione religiosa «esistenze segnate da ribellismo, criminalità, marginalizzazione, “redente” dall’adesione a stili di vita marcatamente eterodiretti».

Nella terza tappa l’autore mette in guardia dai malintesi. Il conflitto «attraversa ciascuna delle grandi famiglie religiose» in un mondo «discronico», con tempi e fasi di sviluppo non omogenei. Solo da un «programma teologico», secondo le categorie proprie del discorso religioso, può nascere una mentalità «capace di un rapporto critico con la propria tradizione e la propria comunità».

 

Marco Ventura

Il Corriere della Sera, 20 dicembre 2016

 

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