Koinonia Gennaio 2017


Ildegarda di Bingen:

una monaca di clausura molto particolare

 

Tutto che riguarda Ildegarda di Bingen appare eccezionale, perché era lei ad essere al di fuori e al di sopra delle convenzioni comuni e delle abitudini tradizionali: era fragile e spesso malata, tuttavia raggiunse gli ottanta anni, età ragguardevole per quell’epoca – siamo nel sec. XII -; svolse nell’arco della sua vita un’attività frenetica di studio, di quotidiana operosità, di meditazione, di apostolato, di cura fisica e spirituale delle persone che incontrava sulla sua strada, tuttavia era monaca di clausura; si definiva una donna ignorante e poverella, ma scrisse di teologia, mistica, politica, scienze, musica; intrattenne un epistolario ponderoso con i grandi della terra di quell’epoca, ma non dimenticò mai la sua vocazione claustrale; era monaca di clausura, eppure compì lunghi e frequenti viaggi nei territori della Germania e della Gallia senza per questo venir meno alla regola benedettina che aveva abbracciato in tenerissima età.

Ildegarda, infatti, era stata offerta al Signore fin dalla nascita dai genitori in ringraziamento dei grandi beni ricevuti; ad appena 8 anni (1106) fu affidata a Jutta von Spanheim, una nobile che aveva preso i voti: il conte suo padre le aveva fatto costruire un luogo di eremitaggio – sepulcrum o ergastolum – all’interno del monastero benedettino di Disibodenberg. La fama di Jutta era tale che molte fanciulle chiedevano di condividerne lo stile di vita, per cui, quando Ildegarda nel 1113 pronunciò i voti definitivi, questo romitaggio era ormai un vero e proprio convento femminile, dove si studiavano i testi sacri, si praticavano le arti liberali, si curavano gli ammalati.

Di queste attività dei monasteri benedettini, soprattutto germanici, abbiamo notizia negli Annali, nelle agiografie di molti santi, nelle Cronache locali.

Tuttavia, Jutta impose ad Ildegarda molte limitazioni nello studio, per mantenere vivo in lei il senso dell’umiltà, che ella conservò anche nel suo ruolo di Badessa alla morte di Jutta. Questo non impedì alla giovane suora di acquisire una conoscenza globale dei testi sacri che, in una lettera a Bernardo di Chiaravalle, ella confessa di conoscere per forza interiore, senza saperli leggere né distinguere la struttura grammaticale. In effetti, nell’arco della sua vita fu sempre affiancata dal monaco Volmaro, prima suo maestro e poi suo segretario; alla morte di Volmaro nel 1173 fu un altro monaco, Godefrido a proseguire l’opera di mettere per iscritto le visioni e le opere di Ildegarda, sempre sotto dettatura e supervisione della badessa.

Che ella non sapesse leggere e scrivere, però, è poco probabile, data la vastità degli argomenti che ella studiò e di opere in cui si cimentò: piuttosto, era il suo stato di salute che le impediva di svolgere da sola tutte le sue attività. Soffriva, infatti, di una forma di emicrania che la costringeva all’immobilità per lunghi periodi, accompagnata da uno stato di debolezza e prostrazione ricorrente: proprio a questa sua infermità alcuni studiosi, soprattutto medici psichiatri, attribuiscono le visioni negandone l’ispirazione divina; uno di costoro, C. Singer, in un lungo studio sulle immagini dettate da Ildegarda al miniaturista e giunte sino a noi nel Riesencodex, conclude che qualunque ne sia l’origine, nulla può sminuire l’autorevolezza di Ildegarda né la potenza evocativa della maggior parte delle visioni.

Nel 1147 papa Eugenio III ne lesse alcune e dette la sua approvazione alla raccolta completa di tutte le visioni che ella aveva avuto e che ancora aveva: così tra il 1147 e il 1174 presero forma Scivias, Liber vitae meritorum e Liber divinorum operum, il trittico profetico appunto, nonché altri scritti di musica, fisiologia, medicina, scienze naturali; contemporaneamente veniva redatto l’epistolario, che raccolse le lettere ricevute e le risposte che ella decideva di inviare.

Un breve inciso è necessario per definire il carattere di questa umile donnicciola che decideva se rispondere o no a papi, re e porporati: innanzi tutto dobbiamo ricordare che siamo in pieno Medioevo e l’immagine tradizionale che ne abbiamo, almeno dai ricordi scolastici, è quella di un periodo cupo, austero, poco fecondo dal punto di vista culturale – i secoli bui di illuministica memoria -.

In effetti, non è così: la storiografia più recente, basti citare l’illustre voce di J. Le Goff, ha rivalutato il Medioevo come epoca di grande fervore di attività, come crogiolo di culture che si vanno amalgamando, quella classica greco-latina con quella cristiana, e poi con le tradizioni locali germaniche, iberiche, galliche, slave. Anche la funzione della donna è stata rivalutata in questa rivisitazione: non ovunque in Europa e non allo stesso livello, ma è certo che almeno in ambiente tedesco e religioso già dal sec XI le donne avevano una certa rinomanza. Alla corte degli Ottoni, ad esempio, partecipavano alle conversazioni di filosofia, praticavano le arti liberali e, forse, s’interessavano di politica, ma è soprattutto nei monasteri germanici che esse avevano particolare rilievo ed una notevole autonomia operativa, basti citare Lioba di Tauberbischofsheim, Rosvita di Gandersheim, Elisabetta di Schonau e Ildegarda di Bingen, appunto.

Tutto questo ci permette di focalizzare meglio la figura della santa badessa, che certamente fu osservante della regola claustrale, umile finché si trattava della sua persona, ma risoluta e autorevole, o meglio autoritaria, quando era necessario: ad esempio nel 1146-1148 ella prese decisa posizione contro i monaci di Disibodenberg, che osteggiavano il suo proposito di fondare un nuovo monastero tutto femminile. Ella non desistette e con 18 monache si trasferì a Rupertsberg, che fu la sua dimora ufficiale fino alla morte nel 1179, e s’ingrandì arrivando ad ospitare anche cinquanta consorelle insieme. Ed ancora nel 1178 fu colpita da interdetto per aver osato seppellire un nobile scomunicato nel cimitero del convento. Nella disputa con i prelati di Magonza, che esigevano di disseppellirlo e portarlo in terra sconsacrata, ella si oppose e, tracciando col suo bastone il segno della croce sulla tomba, ne sancì l’inviolabilità. Questo le costò l’interdizione dai sacramenti e il divieto di partecipare ai canti liturgici, ma la sanzione fu poi revocata, pare in seguito ad una lettera che ella scrisse sul valore della musica.

Ma è sulla raccolta delle lettere che ci dobbiamo soffermare per fare il punto circa i viaggi di Ildegarda ed i rapporti che ella intrattenne con le personalità più in vista dell’epoca.

In tal senso fonti documentarie sono gli Acta Inquisitionis, relativi al suo processo di canonizzazione, gli annali dei vari monasteri, gli archivi episcopali, i repertori storici, quali Gallia Christiana, i Chronica di molte regioni e città, ma soprattutto la Vita di Ildegarda redatta dal monaco Godefrido di Disibodenberg e, alla sua morte, portata avanti da Teodorico di Echternach, e l’epistolario che è vastissimo: le scrivono papi – Eugenio III, Anastasio IV, Adriano IV-, re – Federico Barbarossa-, vescovi, teologi, per chiedere consigli e preghiere, ma anche gente di minore rinomanza sociale. Ella rispondeva a tutti senza lesinare lodi, quando era il caso, ma anche spesso rimproveri e ammonimenti, accompagnati, a volte, da predizioni sulla sorte dei mittenti. A testimonianza della fama e dell’autorevolezza di cui ella godeva, basti citare il Chronicon del monaco Alberico: chi fu questa Ildegarda e di quanta autorità godette, lo testimoniano le lettere inviatele dai grandi della terra, dai papi Eugenio, Anastasio, Adriano, dagli imperatori Corrado e Federico, dal patriarca di Gerusalemme, da arcivescovi, abati e preposti, ed una in particolare da San Bernardo abate di Chiaravalle e molti altri….

Sempre Alberico, a proposito dell’anno 1153 scrive: la monaca di Cristo Ildegarda tedesca, ripiena di Spirito Santo e tenuta in gran conto fu interrogata dal capitolo dei Cistercensi, tramite lettera, per sapere se Dio le avesse manifestato che ci fosse nell’ordine qualcosa che dispiacesse al Signore ed ella rispose con una lettera a nome del Signore nostro Gesù Cristo, indirizzata all’ordine che così diceva: “Io, fonte viva, dico a coloro, che a causa del mio nome rivestiti del saio,  vanno pellegrini a caccia per il mondo…”.

Ed ancora la lettera di San Bernardo del 1148 al tempo del Concilio di Treviri: alla diletta figlia in Cristo, Ildegarda, il fratello Bernardo di Chiaravalle, nominato abbate, se mai qualche valore abbia la parola di un peccatore…la risposta di Ildegarda è piena di lodi, mentre il suo stile abituale era parco di concessioni e ricco di ammonimenti e biasimi.

Enrico, arcivescovo di Magonza: Pur avendo sentito dei molti e strabilianti miracoli che si riferiscono su di te, è da imputare alla mia pigrizia il fatto che non sono venuto a visitarti molto spesso come avrei potuto…e poi le chiede che permetta la partenza di una sua monaca eletta badessa, con i messi che aveva mandato a prenderla. Ella rispose secondo il dettato divino senza troppe cerimonie, tanto è vero che a questa lettera molto deferente, replicò profetizzando la destituzione da arcivescovo per Enrico, cosa che di fatto avvenne nel 1153 e per di più la sua morte imminente.

Corrado III, re di Germania, volgarmente chiamato imperatore, sebbene non sia stato incoronato, chiede i suoi favori ed affida alle preghiere della santa suo figlio. Ella gli risponde in parte dandogli ammonimenti, in parte predicendo i tempi dolorosi che si vivranno col suo successore Federico I, in particolare gli scismi ed altri mali per la chiesa.

Hillin, arcivescovo di Treviri così conclude una sua lettera: l’immagine della colomba ti guida e la parola di Dio non manca in te, quanto a conoscenza. Perciò, vigila ed usa la verga di ferro: insegna, medica le ferite di coloro che ti sono affidati e vivrai in eterno.

Anastasio IV, papa dal 1153 al 1154, così scrive: il vescovo Anastasio, servo dei servi di Dio alla diletta figlia in Cristo, Ildegarda, invia saluti e benedizione apostolica…..la risposta di Ildegarda è molto prolissa con esortazioni, profezie e notizie sulle sue visioni: ..perciò, tutta la terra è turbata da grandi sconvolgimenti provenienti dai peccati, poiché l’uomo ama ciò che Dio ha distrutto e tu, o Roma, sarai devastata perché sei prostrata allo stremo…Si allude allo scisma e alle tensioni tra l’imperatore Federico e Adriano IV, poi conclude: e tu, uomo, che sembri essere stato nominato pastore, alzati e corri in fretta verso la giustizia, perché tu non venga accusato davanti al grande Medico di non aver purificato dalla sozzura il tuo ovile e non averlo unto con l’olio…

Adriano IV, successore di Anastasio così scrive: Gioiamo ed esultiamo nel Signore perché, o figlia, la fama della tua onestà si diffonde in lungo e in largo…..desidero ricevere da te ammonimenti, perché si dice che tu sia ispirata dallo spirito dei miracoli di Dio. La risposta di Ildegarda contiene predizioni sui conflitti che egli dovrà affrontare ed esortazioni a rimanere saldo per acquisire la vita eterna.

Dopo l’incoronazione ad imperatore, nel 1155, Federico Barbarossa, scrive ad Ildegarda durante lo scisma contro Alessandro III (1159): Rendiamo noto alla tua santità, che ciò che mi hai predetto quando ti ho chiesto di venire alla mia presenza ad Ingelhaim, si sta ora avverando…la risposta è molto forte: Dal sommo Giudice sono rivolte a te queste parole…. Ora provvedi sollecitamente, o re, perché tutte le regioni sono sconvolte dall’ingannevole folla di coloro che attentano alla giustizia nella bruttura dei peccati….

Di datazione incerta è la lettera scritta dal patriarca di Gerusalemme per raccomandarsi alle sue preghiere e a quelle delle consorelle: Da molti che giungono nelle nostre terre, provenienti da lontane regioni e piegano le ginocchia presso il sepolcro del Signore, ho saputo che in te e per mezzo tuo  la virtù divina opera e di questo per quanto umilmente rendiamo grazie.

La risposta di Ildegarda contiene molte metafore oscure e poi consola il patriarca: Dio, al tempo opportuno per te, allevierà il conflitto che tu combatti dentro e fuori di te, come ogni uomo, in modo da poterlo sopportare, per cui riponi in Lui la tua fiducia e non disperare della sua misericordia e così facendo vivrai in grazia di Dio fino alla vita [eterna]

Circa i viaggi di Ildegarda così si esprime la Vita: riguardo a lei è degno di nota che, recandosi a Colonia, Treviri, Metz, Wurzburg, Bamberga predicava a clero e popolo ciò che Dio voleva. A Disibodenberg, Siegburg, Eberbach, Hirsau, Zwiefalten, Maulbronn, Rudenkirchen, Kitzingen, Krauftal, Werden, Andernach, monte Santa maria, Winkel rese manifesto, oltre a ciò che Dio le aveva rivelato, anche informazioni utili per l’anima.

Oggetto di discussione è se Ildegarda abbia visitato tutti questi luoghi in uno stesso periodo e con un unico viaggio: sembra improbabile, viste le distanze, le condizioni di salute e i mezzi di trasporto. Non dimentichiamo che la badessa viaggiava a cavallo con due consorelle ed uno stalliere, tra territori impervi ed avverse condizioni climatiche, perché non si fermava né d’estate né d’inverno. Quando era possibile utilizzava la via fluviale: infatti, molte città e monasteri fra quelli citati sorgono lungo corsi d’acqua navigabili, quali il Reno, il Meno, la Mosella, la Mosa e il Danubio.

Da una lettera scambiata con l’imperatore Federico si desume che ella fu a Ingelheim nel 1155 e di lì partì per la Franconia, per poi passare a Wurzburg e Bamberga. Da indicazioni di varie lettere ricaviamo che visitò il monastero cistercense di Kitzengensen, che dista poche miglia da Wurzburg.

Un viaggio a sé è rappresentato dal suo peregrinare per la Germania inferiore, fino al suo arrivo a Colonia tra il 1160 e il 1167. Questo itinerario comprese anche la visita al cenobio benedettino di Siegburg ed anche Werden, che si trova nella diocesi di Colonia.  Dalla parte opposta, al confine con la regione di Treviri c’è Andernach, dove andò a visitare il cenobio femminile di Didenkirchen, vicino Bonn.

Fu a Treviri durante la Pentecoste, ma non è certo di quale anno. In una lettera, a proposito dei suoi viaggi dice: Per due anni mi sono molto stancata per parlare a nome della voce vivente al cospetto di maestri, dottori ed altri sapienti, nei luoghi in cui si svolgeva il loro compito.

Qualunque sia il biennio di cui si parla, Ildegarda fece per certo molte profezie, che si sono avverate per la maggior parte. Parlò dello scisma che divise per sette anni la chiesa di Treviri. Da Treviri è probabile che partì per Metz. Fu poi a Magonza ma non è sicura la datazione; qui visitò parecchi monasteri riferendo di varie rivelazioni avute da Dio. Fu anche a Eberbach e Disibodenberg, dove era stata educata. Passò poi nel cenobio di Rudenkirchen. Lungo la riva del Reno, tra Bingen e Magonza c’era il monastero di Winkel, che ella certo visitò.

Ildegarda viaggiò anche nella Svevia, dove visitò parecchi conventi, in particolare quello di Maulbronn ed Hirsau, nella Selva Nera. Tritemio – pseudonimo dell’umanista Johann Heidenberg, studioso delle opere di Ildegarda- ne parla indicando l’anno 1160 e riferisce queste parole di Ildegarda: La luce divina odia molto la negligenza dei suoi figli e la detesta, perché nessuno può mettersi al servizio di Dio se non allontana dal proprio cuore completamente il senso del torpore e dell’indolenza e perciò, quella Luce, che può tutto, vi dice “ Riflettete sui vostri sentieri e non deviate dalla retta via, poiché Satana vi ha esposto alla tentazione e se non camminerete prudentemente nel timore di Dio, in breve tempo esso susciterà nel vostro intimo una grave perturbazione.” Da Hirsau, Tritemio sostiene che Ildegarda passò al monastero di Swiefalten, nella diocesi di Costanza, tra i monti Svevi, alla confluenza del Danubio con l’Iller, sempre con ammonimenti ed esortazioni per il clero maschile e femminile che vi dimorava. Dalle lettere relative a questo viaggio si desume che i costumi e le abitudini dei monaci e delle monache erano molto rilassati a quel tempo e che furono proprio loro a chiederle indicazioni per una seria riforma.

Durante questo viaggio Ildegarda visitò la città di Kirchen intorno al 1170 e vi predisse le gravi turbolenze che vi si sarebbero verificate come la cacciata di sacerdoti, la distruzione di luoghi sacri, la confisca di beni della chiesa.

Dalle fonti si ricava che Ildegarda compì un altro viaggio in Gallia, piuttosto lungo ma non se ne parla nella Vita, bensì negli atti relativi all’inquisizione delle virtù, nel processo di beatificazione. Sappiamo che si recò sul sepolcro di San Martino presso la città di Tour, spingendosi fino a Parigi, dove fece esaminare i suoi scritti. Non si conosce l’anno del viaggio, ma il periodo è da collocare alla fine della vita della santa, perché a Parigi nel 1233 c’erano ancora due testimoni che studiavano teologia, quando vi si recò la santa, ed erano circa ottuagenari.

In estrema sintesi, si può concludere che Ildegarda viaggiò attraverso la Germania centrale da est a ovest, spingendosi fino all’odierna Francia e Belgio per ammonire a seguire la via del Signore, per rimproverare la cattiva condotta di una buona parte del clero ed anche del popolo, visto che si fermò a predicare perfino nella piazza del mercato di alcune città. La deroga al suo voto di clausura le veniva dalla Luce vivente, perché tutte le fonti insistono sul mandato divino, come si legge negli incipit dei testi profetici e nella Vita, dove si afferma che predicò di fronte al clero e al popolo costretta dallo Spirito Santo.

La morte la colse, come ella stessa aveva profetizzato, il 17 Settembre 1179 a Rupertsberg. Il processo di canonizzazione fu avviato da Gregorio IX intorno al 1230 ed il suo culto fu autorizzato limitatamente alla sola Germania nel 1324 da Giovanni XXII. Nel 2012 papa Benedetto XVI l’ha proclamata Dottore della Chiesa, sancendo la sua santificazione a livello universale.

 

Anna Maria Sciacca

 

 

 

 

 

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