Koinonia Gennaio 2017


Sta scomparendo la cultura politica cristiana?

 

Un recente editoriale del Corriere della Sera, a firma Ernesto Galli della Loggia, (L’eclissi dei Partiti cristiani in “Corriere della Sera” del 27 novembre 2016) poneva alcune domande che interpellano anche il popolo cristiano, cominciando dai suoi responsabili. “Perché vacilla, seppure non è già scomparsa, un po’ dovunque la cultura politica cristiana? Perché - per restare in Italia - sono politicamente scomparsi i cattolici, non si sente più parlare di alcun loro impegno in politica?”. Naturalmente l’autore cerca di dare alle domande le sue risposte, che meriterebbero di essere analizzate una a una (l’attuale crisi profonda dell’identità cattolica nel suo rapporto con il mondo e la storia, la crescente secolarizzazione diventata ormai vero e proprio secolarismo, l’affermazione dell’ideologia dei diritti umani che sembra poter fare a meno del pensiero cristiano), ma soprattutto completate sulla base della ricca esperienza e del messaggio di cui la chiesa è in possesso.

Anzitutto sembra giusto mitigare alquanto il tono pessimistico soggiacente alle domande poste dal noto editorialista. Non è vero che i politici cristiani sono completamente scomparsi. Anche se rarefatti e distaccati fra loro, esistono ancora operatori attivi che ispirano la loro azione ai principi cristiani e si muovono in questo campo, che si sta facendo sempre più difficile e complesso, cercando di uniformare il proprio operato ai contenuti del Vangelo. La laicità a cui essi sottopongono la loro ispirazione cristiana non sempre rende visibile, senza però nasconderle del tutto, la loro provenienza e la loro fisionomia. C’è continuità fra cultura dei diritti e dei doveri e cultura formalmente cristiana e la politica è per essenza e per convinzione comune il campo più tipico della laicità. Nei consigli comunali e nelle assemblee parlamentari non si va con il Vangelo in mano, ma con progetti e programmi evangelicamente ispirati. In più, si tende ormai a pensare che i partiti politici cristiani sono necessari soltanto in  momenti di gravissima e riconosciuta gravità, che forse non ritorneranno più. Su queste cose si è abbastanza riflettuto nei decenni trascorsi, specialmente in Italia, che in questo campo non teme concorrenze da parte di altri paesi. I nomi dei nostri politici del dopoguerra sono scritti per sempre nel libro delle nostre memorie e della nostra storia.

Detto questo però, non si può non riconoscere che l’interesse del mondo cattolico per i problemi politici e storici in generale si è molto attenuato in questi ultimi anni, conservando, tutt’al più, una qualche attenzione ai più immediati problemi sociali, soprattutto attraverso quella forma di presenza, mai sufficientemente benedetta, che è il volontariato. Ma anche questo non sempre e non da tutti. La maggioranza vive distaccata e chiusa nel proprio “particulare”, senza sussulti e reazioni nemmeno dinanzi ai grandi problemi che gravano oggi sull’umanità e sulle società di propria appartenenza. Ritorna il discorso dei segni dei tempi, che il cristiano, ogni cristiano, ha il dovere di considerare la voce dello Spirito Santo e un impegno impellente della propria carità.

C’è forse sotto sotto una certa concezione spiritualistica e intimistica della fede cristiana? Un concentrare la propria attenzione esclusivamente o quasi sulla cura delle “anime”, come si diceva una volta, senza nessuna considerazione dei problemi sociali ed esistenziali che bussano prepotentemente anche alle nostre porte? Una semplice inchiesta sui nostri fedeli, anche quelli più assidui alle funzioni sacre, porterebbe a conclusioni di questo genere. E allora alle tante ragioni del calo lamentato ne va aggiunta un’altra, che interessa noi, e soltanto noi, uomini di chiesa, specialmente se investiti, all’interno di essa, di autorità e di responsabilità. Un minimo di sicurezza nelle proprie convinzioni dovrebbe persuaderci di due cose: primo, che la società ha assoluto bisogno del messaggio cristiano portato alla sua efficacia storica; secondo, che, dinanzi ai mali della società (dei nostri paesi, delle nostre città, delle nazioni, del mondo intero) la carità o diventa politica o semplicemente non è.

Ma poi cosa hanno insegnato tutti i papi del nostro tempo, nei loro numerosi e a volte drammatici interventi? Pensiamo soltanto a papa Francesco e al suo instancabile dinamismo che la chiesa non riesce a seguire. Un’ultima domanda: dove  è finito il pensiero sociale della chiesa? Una evidente lacuna della nostra pastorale. Evidentemente da colmare.

 

Giordano Frosini

La Vita, 4 dicembre 2016

 

 

 

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