Koinonia Gennaio 2017


POLITICA E FEDE IN ALBERTO SCANDONE

 

Quando Scandone morì nel giugno 1972 in un aereo che si disintegrò sul fianco della Montagna Lunga, nella trappola dell’aeroporto palermitano di Punta Raisi, aveva trent’anni. Allora lavorava nell’ufficio stampa della direzione del Pci, ma non era il giornalismo la prospettiva che aveva di fronte. Era un politico in piena formazione, che aveva maturato consapevolmente, con intelligenza e passione, con un fortissimo senso di responsabilità individuale, la propria esperienza dei linguaggi forti della teologia cattolica e delle dinamiche di potere nello scenario sociale.

La sua biografia, ricostruita per tracce e testimonianze dall’amico e “allievo” di un tempo Aldo Bondi (Tra Gramsci e Theilard. Politica e fede in Alberto Scandone  - 1942-1972, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012, pp. 349), ci restituisce il percorso intenso e complesso di una passione esistenziale e politica esercitata sul terreno fondamentale delle relazioni tra le due Chiese degli anni ‘60 in Italia: la Chiesa cattolica e il Partito comunista.

Il giovanissimo Scandone, che tutti i testimoni ricordano per la sua acutissima intelligenza e una tenace volontà di autoformazione ispirata e tormentata, ha saputo scavare nella cultura cattolica preconciliare per collegarsi senza mediazioni ai suoi fondamenti teologici: il suo cattolicesimo non è una generica area di appartenenza religiosa con le sue eventuali implicazioni politiche; è soprattutto terreno di conoscenza delle dinamiche profonde della Storia, delle stesse radici del pensiero politico.

Attraverso Gramsci, che Scandone ha scoperto alla fine degli anni ‘50, “convertendosi” al marxismo come strumento di analisi delle dinamiche dell’egemonia, la teologia si è incarnata nel corpo reale del potere della Chiesa e nel corpo reale del Pci, dopo un breve e non impegnativo “apprendistato” nell’area della sinistra lombardiana del Psi, che Scandone ha considerato l’anello debole della sinistra.

Di estrazione altoborghese fiorentina, di formazione cattolica, educato in collegi svizzeri esclusivi per far parte della classe dirigente, dalla metà degli anni ‘50 inizia a costruire un proprio percorso intellettuale e politico, in rapporto di dialogo e confronto con il nascente gruppo di «Testimonianze». Inquieto e radicale nelle proprie scelte, entrato in conflitto con la maggioranza ”ascisteggiante” degli studenti e con la direzione dell’Istituto Rosenberg di S. Gallen, dal gennaio 1960 prosegue gli studi a Firenze, la Firenze di Giorgio La Pira, di «Testimonianze» e del «Ponte».

La mobilitazione antifascista del luglio ‘60, l’irruzione  nello scenario politico di una nuova generazione di studenti e operai, lo convincono della necessità e della possibilità di un nuovo CLN dei giovani in un’area estesa da La Pira a Togliatti; è il progetto di Nuova Resistenza, che Scandone promuove e organizza dalla fine del 1961 (lo conobbi allora, l’appassionata e “persuasa” vivacità dei suoi occhi è indimenticabile), incontrando il sostegno di La Pira, Enzo Enriques Agnoletti, il ministro Giorgio Bo, Nicola Pistelli, il presidente dell’Eni Enrico Mattei, Ferruccio Parri, e sviluppandosi a livello nazionale nell’anno successivo.

L’esperienza di Nuova Resistenza, positiva ma anche contraddittoria per l’inevitabile eterogeneità di un movimento giovanile antifascista che vuole riferirsi allo schieramento democratico dei partiti, lo convince a seguire un percorso politico meno generico: dopo l’estate 1963 abbandona gli studi universitari di giurisprudenza e si trasferisce a Roma; alla fine dell’anno aderisce alla Federazione giovanile socialista ed entra a far parte della direzione nazionale con l’incarico di seguire le relazioni internazionali. Dal 1965 segretario della Casa della Cultura, nel 1966 inizia la sua collaborazione all’”Astrolabio” di Parri, con articoli dedicati al mondo cattolico e alla politica vaticana, di cui comincia a scrivere anche su «Rinascita» e «l’Unità».

L’avvicinamento al Pci, cui aderisce nel 1968, è stato preannunciato da una lettera del 1967 all’amico Giorgio Manacorda: “Non sono politico di potere, non sono professionista, non sono Occhetto e non sono Jannuzzi, ma neppure Petruccioli: sono viandante e piazzista, servus servorum ecclesiarum  (2 distinte e inseparabili)”. Dal settembre dello stesso anno è a Palermo, giornalista a «L’Ora» e a fianco di Emanuele Macaluso, segretario del comitato regionale del partito. Nel maggio 1970 torna a Roma, chiamato all’ufficio stampa della direzione dal segretario di Berlinguer, Antonio Tatò.

Gli articoli e le relazioni del vaticanista Scandone, che preannunciano la linea del “compromesso storico”, sono molto apprezzate da Berlinguer; è il periodo della Ostpolitik del cardinale Casaroli, di cui Scandone scrive ripetutamente. Le due chiese (“distinte e inseparabili”) ora sono a confronto, l’una di faccia all’altra, forti del proprio potere. E, come ha scritto Scandone, ”a politica della guerra di posizione è la politica giusta”. Una prospettiva teologico-politica, radicale, che troverà scarso seguito nel pragmatismo del “compromesso storico” tra la direzione del Pci e la direzione della DC, e molto diversa dalle prospettive di quell’area liberalsocialista, azionista e socialista che Scandone ha attraversato da “viandante” negli anni ‘60: su quel terreno Aldo Capitini fin dal 1929 ha lavorato alla decostruzione del potere della Chiesa cattolica e dello stesso cattolicesimo, e all’Assemblea Costituente la battaglia intorno all’articolo 7 ha visto una netta contrapposizione tra il partito di Togliatti e una vasta area laica e socialista. Ma questa è un’altra storia.

 

La biografia di Aldo Bondi ha un grande merito, di metodo: far riemergere la personalità forte e complessa di Scandone seguendone empaticamente i punti di vista (di cui sono tracce gli articoli, le lettere, gli scritti inediti), ma attento ai punti di vista degli “altri” (le testimonianze di chi conobbe Scandone); ne risulta la ricostruzione collettiva e plurale, a più dimensioni, di un’esperienza umana e politica intensa e di sicuro valore, precocemente interrotta.

 

Lanfranco Binni

 

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