20 novembre 2022 - XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo

Giovanni Antonio Bazzi detto Sodoma (cerchia): Buon ladrone crocifisso (ca. 1530)

Firenze, Raccolta Casa Rodolfo Siviero

 

 

PRIMA LETTURA (2Samuele 5,1-3)

In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».

Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.



SALMO RESPONSORIALE (Salmo 121)

 

Rit. Andremo con gioia alla casa del Signore.

 

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

 

SECONDA LETTURA (Colossesi 1,12-20)

Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.

VANGELO (Luca 23,35-43)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».

E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 

 

In altre parole

Sarebbe buona cosa se il nome del re David avesse per noi la stessa risonanza che certamente ha per il mondo ebraico e vivessimo così una solidarietà biblica a livello di sensibilità interiore. Si deve dire che negli ultimi tempi, per varie ragioni, sono diventati più presenti e significativi, in ambito cattolico, i nomi di Abramo, di Mosè e dei profeti, mentre quello di David appare meno significativo dal punto di vista della spiritualità. E questo quando troviamo e riconosciamo Gesù nella linea della discendenza davidica.  Proviamo a capire cosa voglia dire tutto questo.

E lo possiamo fare sulla scorta del breve passo di 2Samuele, che segna il momento in cui tutte le tribù e tutti gli anziani di Israele si recano da David per riconoscerlo loro capo, sapendo che il Signore lo aveva già prescelto e fatto ungere come re per mano di Samuele, lui scartato dal suo padre Iesse perché il più giovane tra tutti i fratelli (cfr 1Sam 16). Infatti si presentano a David dicendo: “Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».

Quanto basta per capire che siamo nella prospettiva messianica del Re-pastore, che sancisce un'alleanza col suo popolo, quando appunto Gerusalemme diventerà “la città di David” e il luogo dell'alleanza di Dio stesso con il suo popolo, con tutto quello che questo comporterà, perché questa alleanza sia duratura e definitiva per tutti i popoli che Gerusalemme rappresentava. Per evidenziare la continuità col regno davidico, abbiamo la narrazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, quando la folla lo osanna come “figlio di David” (Mt 21,9.15) e soprattutto quando riconosce  in lui l’avvento del regno: “Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide!   (Mc 11,10).

Ma per comprendere come questo avvento avviene e come l’antica alleanza si rinnova,  abbiamo il  passo del vangelo odierno, quando sopra quel crocifisso al centro vediamo la scritta voluta a Pilato, quasi a volersi scaricare la coscienza: “Costui è il re dei Giudei”. O forse ha ripensato alla risposta di Gesù quando gli aveva chiesto se fosse re e si era sentito rispondere: “Tu lo dici!”, segno  evidente che il riconoscimento del popolo di qualche giorno prima era di dominio comune, per quanto in maniera controversa.

Anche qui, come ad Ebron,  figurano il popolo che sta a vedere  e i capi che invece deridono Gesù  sulla croce sfidandolo a salvare la propria vita,  come aveva salvato quella di altri. E così avrebbe dato prova di essere lui il Cristo di Dio, l’eletto. I soldati affiancano la sfida dei capi ed invitano Gesù a dimostrarsi “re dei Giudei”. Anche uno dei due malfattori appesi alla croce fa propria la provocazione, ripromettendosi la salvezza anche per loro. In questo clima di totale fraintendimento e disprezzo, un sentimento di comprensione e di timor di Dio spunta almeno nel cuore di chi va sotto il nome di “buon ladrone”, a cui il Sodoma dedica una sua opera: in effetti, sarebbe una figura da tenere presente come indicazione della via della salvezza.

Tutto quello che egli può dire di Gesù al suo compagno di sventura è che non ha fatto niente di male e non meriterebbe quella condanna, a differenza di loro. Non solo, ma ha la percezione che quel Gesù “re dei Giudei” vive in effetti in un suo regno, in un ordine diverso di realtà in cui chiede di poter essere ammesso quando egli vi sarebbe entrato come re! Le poche parole con cui la sua richiesta viene accolta hanno dell’incredibile e sono di una forza rivelativa unica: questo “buon ladrone” – come del resto il centurione – ci trasferisce così in un “paradiso” in cui le proporzioni si rovesciano: e se intorno al crocifisso per eccellenza solo uno o due, rispetto alla moltitudine sprezzante, solidarizzano con lui e lo riconoscono re, sappiamo al contrario che “ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7). O che ritengono di non aver bisogno di conversione!

Possiamo unirci al “Buon ladrone” nel ricevere l’invito di san Paolo a ringraziare con gioia il Padre che ci ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce: perché di questo si tratta, per lui come momento di grazia compiuto, per noi come motivo di speranza. Le parole della lettera ai Colossesi si rivelano nella loro verità se le ascoltiamo come se ci venissero da lui: siamo liberati dal potere delle tenebre per essere trasferiti nel regno del Figlio e avere attraverso di  lui  la redenzione e il perdono dei peccati! Perché questo è ciò che avviene, e bisognerebbe non lasciarsi scivolare di dosso queste parole o come già sentite o come incomprensibili, ma farle risuonare fortemente dentro e diventare luce.

Ci dicono come guardare a colui che è immagine del Dio invisibile: come primogenito di tutta la creazione con quanto ne deriva; come capo del corpo che è la chiesa, per sentirci ed essere sue membra; come principio e primizia di quelli che risorgono dai morti. Se tutto questo è vero, egli però deve ancora raggiungere il primato su tutte le cose, fino a sconfiggere l’ultimo nemico che è la morte e sedere alla destra del Padre come giudice dei vivi e dei morti. È il mondo – il regno, il paradiso – a cui si accede credendo in lui, perché in lui abita tutta la pienezza di Dio. È stata questa l’intuizione

di quel “Buon ladrone”, avendo percepito che Gesù il Nazareno – con-crocifisso con

lui – era lì per riconciliare tutte le cose, e per pacificare con il sangue della sua croce

“sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli”. (ABS)


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