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Sappiamo già che Koinonia non nasce a tavolino in sedute redazionali apposite, ma da opportunità, gesti e circostanze di vita. Ne è riprova il fatto che un amico ha avuto la sensibilità di inviarci una intervista a Timothy Radcliffe - apparsa su La Stampa il 23/7 - che ci consente in questo momento di dare rilievo alla dimensione “domenicana” del nostro servizio, interfaccia storica della primaria linea evangelica che ci sta a cuore. In un tempo in cui si sottolinea il fatto di avere il primo Papa "gesuita", forse è lecito chiedersi quale collocazione i domenicani hanno nella Chiesa. Certamente non univoca e unitaria, proprio perché si può essere "diversamente domenicani", senza la pretesa di esserlo in esclusiva d'autorità!
Timothy Radcliffe ci offre un orizzonte per capirlo, ma soprattutto ci dà un esempio di come muoversi con la passione della verità al servizio del vangelo. Egli è stato sì Maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, ma il fatto significativo è che continua ad essere "voce domenicana" nella Chiesa davanti al mondo. Si può essere domenicani anche così, per essere artefici di quella “conversione pastorale” permanente in senso evangelico promossa ed auspicata da papa Francesco, che rischierebbe di rimanere un fatto verbale, se qualcuno non la prendesse sul serio a cominciare dalla propria condizione di vita: quella appunto di "Frati predicatori"! Al n.3 del Libro delle Costituzioni OP si legge: “I frati... edifichino prima nel proprio convento la Chiesa di Dio, che poi con la loro opera devono diffondere in tutto il mondo”. Forse è qui il nodo cruciale da sciogliere nel prosieguo del nostro cammino: come rendere interattivi e dialettici il polo-convento col polo-chiesa.
“Edificare nel proprio convento la Chiesa di Dio”: il binomio convento-chiesa ha fatto da asse portante nell'avventura di Koinonia, ma sappiamo che è stato presente nella storia di Lutero – e prima del Savonarola – così come risulta attivo nella vicenda ecclesiale di Giovanni Franzoni, che ricordiamo in questo numero, per non dire di D.M.Turoldo e altri. Non è dunque semplice questione “domestica”, ma necessità di riposizionamento storico di un carisma che non sembra aver fatto il suo tempo, anche se appare fuori del tempo: quello della "vita religiosa" in genere e quello di Domenico di Guzman in particolare.

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