(per l'indice cliccare sulla copertina)


Non c’è proprio motivo di sopravvalutarsi, ma neanche di defilarsi per non esporsi a liquidazioni gratuite e pregiudiziali. 500 numeri di Koinonia dal 1976 sono motivo per ritrovarsi spiritualmente con quanti si sono nel tempo adoperati per la preparazione e la spedizione; per dire grazie a quanti ci hanno sostenuti per le spese vive e a quanti non hanno fatto mancare il loro contributo di riflessione. Ma un grazie va anche a quanti ci hanno accolti per condividere un'esperienza e un impegno di ricerca nella prospettiva del Vaticano II, che ha inaugurato il cambiamento d’epoca nel quale siamo più che mai coinvolti, e che non è di facile decifrazione.
Viene abbastanza spontaneo rintracciare il senso del cammino fatto, per chiedersi quale continuità esso possa avere al di là delle condizioni materiali e istituzionali in cui operiamo: perché tutto è solo impegno personale in misura diversa, ma tutto è obiettivamente orientato in senso evangelico ed ecclesiale, per cui è sempre possibile un confronto aperto con chiunque si muova sulla stessa lunghezza d'onda.
Prove non sono mancate, ma c’è da dire che non sono riuscite ad impedire continuità di comunicazione: non era per ostinarsi e proporsi a tutti i costi, ma semplicemente per il fatto che la spinta propulsiva non era esaurita, come del resto non lo è ora, quando il problema di fondo - la chiesa in ritardo di due secoli (Card. Martini) - veniva accolto, formulato e rilanciato dal Concilio: quello di una nuova comprensione del vangelo messo alla prova sulla scena di questo mondo che passa (cfr. 1Cor 7,31).
In tutta la nostra “debolezza” (2Cor 11,30), l’ipotesi di lavoro “chiesa dei gentili” che ha ispirato tutto il nostro cammino, è riemersa nel quadro della primitiva comunità di Gerusalemme come filo conduttore a cui poter ricollegare il residuo impegno futuro, nel caso qualcuno si sentisse chiamato a raccogliere il testimone che ci viene da tanto lontano.



.