9 gennaio 2022 - BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO C)

Lorenzo di Credi: Battesimo di Cristo (1495-1500), part.

Fiesole, Chiesa di San Domenico

 

 

PRIMA LETTURA (Isaia 40,1-5.9-11)

«Consolate, consolate il mio popolo –
dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 103)


Rit. Benedici il Signore, anima mia.

 

Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Sei rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto,
tu che distendi i cieli come una tenda.

Costruisci sulle acque le tue alte dimore,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento,
fai dei venti i tuoi messaggeri
e dei fulmini i tuoi ministri.

Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto:
là rettili e pesci senza numero,
animali piccoli e grandi.

Tutti da te aspettano
che tu dia loro cibo a tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono;
apri la tua mano, si saziano di beni.

Nascondi il tuo volto: li assale il terrore;
togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

 

 

SECONDA LETTURA (Tito 2,11-14;3,4-7)

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.

Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati,
non per opere giuste da noi compiute,
ma per la sua misericordia,
con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo,
che Dio ha effuso su di noi in abbondanza
per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,
affinché, giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.


VANGELO (Luca 3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».


In altre parole…

C’è un grosso rischio da cui guardarsi per quanto riguarda l’ascolto della Parola di Dio: il fatto di sentir ripetere in chiave liturgica, soprattutto in tempo natalizio, messaggi di consolazione, di liberazione, di salvezza, senza che ci sia alla base la consapevolezza di situazioni reali da cui essere salvati, può portare facilmente ad uno sdoppiamento tra l’esperienza vissuta e il linguaggio biblico. Non si avverte l’incongruenza o per l’assuefazione o per una sorta di armonia prestabilita tra sfere tanto distanti.

 

Ancora una volta il profeta Isaia è investito del compito di parlare al cuore di Gerusalemme, per consolare il Popolo di Dio, invitandolo a ritenere terminata la sua schiavitù e a rimettersi sulla via del ritorno, quando “si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato”, ed egli  si presenterà addirittura come un pastore che fa pascolare il gregge!

Per di più siamo ormai assuefatti ad un linguaggio stereotipato, per cui tutto ci scivola addosso, fatta salva la sacralità delle formule. Certamente non abbiamo la fede del profeta che obbedisce alla voce del suo Dio “perché la bocca del Signore ha parlato”. Abbiamo una fede che ha perso di realismo e di aderenza, per diventare sentimento religioso individuale dentro strutture celebrative e rituali che evocano comunità anonime. Se perciò vogliamo mettere alla prova l’incidenza reale di simili messaggi di salvezza, non possiamo fermarci al loro significato nominale che formalmente torna sempre, ma c’è da guardare a quali modificazioni producono nel gregge o nel Popolo di Dio: se c’è una reazione vissuta nel suo destinatario naturale, il Popolo di Dio.

Bisogna mettersi dal punto di vista del popolo come co-protagonista della rivelazione e comunicazione di salvezza. Ricordiamo che i pastori sono invitati dall’angelo portare “la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà”. E l’avrà attraverso loro! Questo popolo lo troviamo ora in attesa, mentre si interroga su Giovanni, se non fosse lui il Cristo. Dunque un popolo in attesa che si interroga: non sembra essere questo il sentimento e l’atteggiamento dei “praticanti”, abituati o condannati alla passività, ad un ascolto ripetitivo, rassicurante e mai “importuno” (cfr. 2Tm 4,2).

In tutta sincerità e onestà, Giovanni fa presente che egli è lì a battezzare per alimentare questa attesa e predisporsi ad un battesimo “in Spirito santo e fuoco”, qualcosa di interiormente più sconvolgente. Un segnale immediato di cosa ciò potesse essere, questo popolo che veniva battezzato da Giovanni con acqua lo riceve da Gesù in persona, quando anche lui si fa battezzare, per entrare subito dopo in preghiera a colloquio e in ascolto col Padre: a questo doveva portare il battesimo in acqua e fuoco. Tanto che si aprono i cieli e Gesù viene investito dallo Spirito santo che scende visibilmente su lui.

Ed è questo Spirito che egli diffonderà con la sua parola che è “spirito e vita”,  con le sue azioni che risanano, ma soprattutto quando riceverà il battesimo che attenderà con angoscia (cfr. Lc 12,50) e che anche i suoi discepoli dovranno ricevere, se vogliono seguirlo finno in fondo. Quando viene da loro interpellato sulla destinazione dei posti, egli chiede: “Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?” (Mc 10,38). Quasi a presentarlo e ad accreditarlo pubblicamente, la discesa dello Spirito su di lui è accompagnata dalla voce che viene dal cielo, quasi riposta alla sua preghiera: ”Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Quel compiacimento che si trasferirà anche sui battezzati nel suo nome, mentre egli solidarizza con i battezzati di Giovanni.

Bisognerebbe che questi elementi primi della nostra fede riacquistassero tutta la loro pregnanza e vitalità, prima d’essere ridotti a canoni di Diritto o a formule di catechismo: essere battezzati in Cristo, prima che rivendicazione di pari dignità nei confronti di gerarchie funzionali, è coscienza e ambizione personale di essere alla sequela di  Cristo Gesù, a cui rendere testimonianza. La nuova condizione e condotta di vita ci viene descritta dalle parole che Paolo rivolge a Tito come a figlio, per dirgli che la grazia di Dio è apparsa e porta a salvezza a tutti gli uomini, e questo nuovo stato di grazia suggerisce l’atteggiamento e il comportamento giusto, perché questa salvezza giunga a compimento “nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”.

E anche qui ci viene ricordato che questo Gesù agisce per “formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone”. Potrebbe essere anche questa una visione e definizione di chiesa, che nasce “con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro”. Dove e come si manifesta questa effervescenza dello Spirito di verità, che non siano le frasi fatte, gli atteggiamenti pietisti e devozionalismi di maniera? Non sottovalutiamo il fatto che lo Spirito è “Spirito di verità”! (ABS)


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