2 giugno 2019 - ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO C)

 

GiottoAscensione (1303-1305)

 

PRIMA LETTURA (Atti degli Apostoli 1,1-11)

 

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo.

Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».

Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 46)

 

Rit. Ascende il Signore tra canti di gioia.

 

Popoli tutti, battete le mani!

Acclamate Dio con grida di gioia,

perché terribile è il Signore, l’Altissimo,

grande re su tutta la terra.

 

Ascende Dio tra le acclamazioni,

il Signore al suono di tromba.

Cantate inni a Dio, cantate inni,

cantate inni al nostro re, cantate inni.

 

Perché Dio è re di tutta la terra,

cantate inni con arte.

Dio regna sulle genti,

Dio siede sul suo trono santo.

 

 

SECONDA LETTURA (Ebrei 9,24-28;10,19-23)

 

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.

Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.

Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.

 

 

VANGELO (Luca 24,46-53)

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

 

In altre parole

 

La Pasqua, intesa come passione, morte e resurrezione del Signore, è qualcosa che rientra nell’immaginario dell’universo cristiano, e ne determina la mentalità: questo perché ci sono sempre contorni di visibilità e di narrazione. Quello che invece è l’epilogo e il compimento della Pasqua eterna, l’Ascensione del Signore appunto, sembra rimanere al di fuori dell’orizzonte di fede della chiesa, salvo la solennità liturgica, che è vissuta però più come una chiusura che come apertura ad un tempo nuovo. Un tempo da scandire ormai nell’attesa del ritorno di quel Gesù che gli  uomini di Galilea hanno visto salire al cielo: un nuovo messianismo con nuovi protagonisti, e non possiamo certamente sentirci arrivati.

Non quindi una fine ma un nuovo inizio, perché il mistero della Pasqua non rimanga memoria di un passato ma sia spinta e proiezione verso il futuro. Forse possiamo leggere o ascoltare le letture di questa solennità liturgica per lasciarci guidare ed educare alle cose future, a ciò che deve accadere, al compimento del mistero della redenzione, quando “Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza”. Ecco quanto deve contenere e custodire la coscienza cristiana!

 

Il passo della lettera agli Ebrei che ci viene proposto ci introduce infatti a questa nuova condizione: quella di coloro che per la loro salvezza aspettano la nuova venuta del Signore, e che quindi vivono il loro nuovo rapporto con lui dopo che, “mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo”. Una situazione nuova tutta da sperimentare, ed in fondo tutta la storia della chiesa altro non è se non lo sviluppo con variazioni di questo stato di cose, un processo salvifico tutt’altro che chiuso.

Si tratta infatti ci mantenere viva, “senza vacillare, la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso”. Abbiamo infatti piena libertà di accesso alla grande casa di Dio attraverso la via nuova e vivente che Cristo ha inaugurato, con cuore sincero e nella pienezza della fede. Sono parole che segnano e strutturano il cammino della fede come fondamento delle cose sperate, e non possono essere ridotte né a pura dottrina né a semplice fatto spirituale.

Questa via nuova e vivente è ormai aperta da Cristo, che è entrato “nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore”. Anche qui c’è il rischio di ridurre tutto a pura ritualità cultuale e sottovalutare la forza dell’evento che genera fede e speranza. Se davvero siamo chiamati a far emergere il volto originario della prima comunità cristiana come Gesù la può aver voluta, non possiamo non tener conto del lascito che egli ha fatto per la sua chiesa, racchiuso in queste poche parole: “Nel suo nome - nel nome del Cristo risorto dai morti dopo la sua passione - saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme”. Non diamo per scontato che tutto questo avvenga automaticamente nella pastorale ordinaria!

È invece ciò di cui i discepoli devono essere testimoni, e dato che non si tratta di impegno secondario o di routine, ecco che Gesù stesso viene loro incontro rivestendoli di potenza dall’alto. Verrebbe da chiedere che uso e che investimento facciamo noi di questa potenza e quanto contiamo su “colui che il Padre ha promesso”. Forse c’è un assestamento da compiere dentro una chiesa che si riconosce clericale, autoreferenziale, autosufficiente, depositaria di un potere autonomo. 

Se consideriamo che, come compimento di tutta la sua missione, Gesù dà queste disposizioni ad “apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo”, vuol dire proprio che è qui quanto gli sta a cuore, e a tale scopo essi vengono “battezzati in Spirito Santo”. Nonostante questo, anche noi, come loro, ci preoccupiamo ancora di sapere quando e come verrà il Regno, perché vorremmo vedere conclusa la nostra passione nel mondo. Ma ci viene ricordato che non spetta a noi “conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere”, mentre Gesù ci ricorda che dobbiamo preoccuparci soltanto di essere suoi testimoni con la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di noi. Sì, da ora in poi dobbiamo vedercela col suo Spirito di verità, che non è da meno di lui, nella invocazione del suo ritorno.

A chiusura di queste veloci annotazioni, mi sembra di poter dire che non si tratta né di esegesi né di letteratura, né di elevazioni spirituali, ma solo di una libera parafrasi dei testi, che spero possa servire da griglia, perché ciascuno possa collocarvi se stesso e i propri pensieri. Per imparare ad essere insieme testimoni delle cose future! (ABS)


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