13 novembre 2022 - XXXIII
DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
Il saccheggio del Tempio di Gerusalemme
Roma, Arco di Tito (ca. 90 d.C.).
PRIMA
LETTURA (Malachia
3,19-20)
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà - dice il Signore degli eserciti - fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 97)
Rit. Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.
Cantate
inni
al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.
Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.
SECONDA
LETTURA (2
Tessalonicesi
3,7-12)
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
VANGELO
(Luca
21,5-19)
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi
diceva
loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno,
e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze;
vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi
perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome.
Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque
in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò
parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non
potranno resistere né controbattere.
Sarete
traditi
perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e
uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del
mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
In altre parole
A sentir proclamare simili parole, il primo impulso è di prenderle con riserva e restrizione mentale, quasi a volerle riportare al nostro buon senso, ritrovandole così disinnescate nel nostro universo mentale, senza che questo ci scomodi troppo e ci induca a qualche ripensamento. Sta di fatto che se le prendessimo alla lettera le sentiremmo in netto contrasto con la nostra percezione del mondo, alquanto buonista e aperta alle “magnifiche sorti e progressive”. Forse saremmo pronti a qualche correzione o addolcimento della Parola di Dio così fosca e terrificante!
Viene da chiedersi perciò quale possa essere il sentimento e l’atteggiamento giusto da avere nell’accogliere questo messaggio da ultima spiaggia, per di più come Parola di Dio e del Signore, così come sentiamo ripetere, non facendo mancare il nostro assenso col rendimento di grazie e di lode. Certamente non c’è nulla da apprendere o da spiegare, quasi che ci trovassimo davanti a dati di fatto. C’è invece c’è da sapere a cosa si va incontro, se vogliamo tenerne conto: abbiamo un promemoria da tenere presente per quanto riguarda l’esito della nostra vita e della storia del mondo, un mondo comunque sotto il giudizio di Dio. È quanto una volta rispondeva alla domanda del catechismo sui “novissimi”: morte, giudizio, inferno, paradiso! Quanto era materia di predicazione quaresimale per controllare più che illuminare le coscienze. Mentre sempre Luca 21,28 ci offre la prospettiva giusta di liberazione in cui vedere e vivere la nostra vicenda: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Bisognerebbe riuscire a vivere sotto il segno della liberazione come “chiamati a libertà” (Gal 5,13).
Quando il profeta Malachia ci dice che “sta per venire il giorno rovente come un forno”, c’è da ricordare che si tratta della venuta del messaggero mandato a preparare la via al Signore atteso, l'angelo della desiderata alleanza, che ci mette davanti a questi interrogativi: “Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'oblazione secondo giustizia” (Ml 3,2-3). È questo il senso ultimo della venuta del Signore, “anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo”.
È quanto ci conferma la prima lettera di Pietro (1,6-7), per capire quanto le prove a cui andiamo incontro, prima che essere eventi esterni, siano interne alla stessa fede, perché si compiano in noi queste parole: “Essi diverranno - dice il Signore degli eserciti - mia proprietà nel giorno che io preparo. Avrò compassione di loro come il padre ha compassione del figlio che lo serve. Voi allora vi convertirete e vedrete la differenza fra il giusto e l'empio, fra chi serve Dio e chi non lo serve” (Ml 3,17-18). Se le cose stanno così, è meno terrificante sentire dire di punto in bianco che “ecco infatti sta per venire il giorno rovente come un forno… e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno venendo li incendierà”, senza che rimanga traccia. E se parole simili ci spaventano, con la stessa forza di verità bisogna ascoltare anche queste: “Per voi invece, cultori del mio nome, sorgerà il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla”. È quanto speriamo e invochiamo quando diciamo: “Venga il tuo Regno!”
L’occasione per Gesù di fare il suo “discorso escatologico” viene da un semplice fatto di cronaca, quando sente che “alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi”: e cioè si esaltavano di avere tanta bellezza e tanta ricchezza per esprimere il loro culto ed elevarsi così a Dio. Così come potrebbe accadere per le nostre splendide chiese e per le solenni cerimonie che vi si svolgono, come se fosse lì la vera adorazione del Padre in spirito e verità. Gesù non si lascia contagiare da tutto questo entusiasmo estetizzante e getta acqua sul fuoco, dicendo senza mezzi termini che sono previsti giorni in cui di tutto quello splendore non sarebbe rimasta pietra su pietra, cosa che avverrà qualche anno dopo con la distruzione del Tempio e la rovina di Gerusalemme. Appunto ad opera di Tito, come ci documenta l’Arco a lui dedicato.
Ma questo suo intervento non fa che aprire il dialogo con i suoi, che porta ad allargare gli orizzonti oltre il destino del Tempio, che acquista tutta la sua valenza profetica: c’è la fine di un simbolo, ma anche il tramonto di quanto questo rappresentava in rapporto all’alleanza di Dio con Israele, che era sul punto di voltare pagina per una nuova ed eterna alleanza. E se l’interesse dei discepoli è sapere quando tutto questo sarebbe accaduto e con quali segni, Gesù riporta la loro attenzione su di sé, mettendoli in guardia da chi potrebbe approfittare di questo momento critico e spacciarsi per colui che deve venire, perché potremmo lasciarci ingannare e andare dietro a costoro come salvatori. Perché sembra inevitabile che tutto avvenga sotto il segno di guerre e di rivoluzioni, perché egli rimane “segno di contraddizione” ed in questo senso non è venuto a portare la pace. E perché non ci lasciamo ingannare ci avverte chiaramente: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Mt 10,34).
Tutto quello che dovrà accadere non è per la fine, ma per il nuovo inizio. E “anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo” altro non sono che manifestazioni di quanto di più drammatico accade tra di noi nelle relazioni umane a causa del suo nome. L’evento escatologico per eccellenza è lui stesso, prima ancora di quanto accompagna la sua venuta: è la sua Pasqua di morte e di resurrezione, che dà un significato reale diverso alla esistenza e alla storia. Possiamo ricordare che alla sua prima Pasqua a Gerusalemme Gesù scaccia i mercanti dal tempio e lancia questa sfida come segno della sua autorità: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Solo dopo che egli fu risuscitato dai morti i discepoli compresero che egli parlava del tempio del suo corpo! (cfr. Gv 2,3-22).
E allora l’atteggiamento giusto da avere ascoltando le letture di questa domenica è quello di chi vive quanto accade “a causa del suo nome” (motivo ripetuto due volte!) come occasione per dare testimonianza di lui, si trattasse anche di venire traditi e odiati da genitori, fratelli, parenti e amici. Nella certezza che sarà lui a darci parola e sapienza per far fronte ad avversari ed avversità, al tempo stesso in cui richiede da noi perseveranza a tutta prova. Quindi è chiaro che queste letture non ci parlano di fatti o di qualcosa da raccontare e da spiegare, ma ci parlano di lui e parlano di noi, in quanto solidali con la sua morte e resurrezione!
San Paolo che si presenta come modello di laboriosità da imitare ci è senz’altro di esempio e di incoraggiamento nel perseverare, ma ci insegna anche un’altra cosa: che l’esortazione ad agire nel Signore Gesù Cristo non va intesa e presa in senso strettamente “religioso” - spirituale e devozionale -, ma può e deve coniugarsi con le normali attività della vita, come ad esempio lavorare notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno, pur avendone il diritto: perché è buona norma guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità. Si lascia intravedere uno stile e un sistema di vita che porterebbe a tanti aggiustamenti mentali, pratici e anche istituzionali riguardo ai ministeri nella chiesa, ma anche riguardo alla nostra esistenza cristiana. (ABS)