18 settembre 2022 - XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)


Marinus van Reymerswaele
: Parabola dell'amministratore disonesto (1530)

Varsavia, Museo Nazionale

 

 

PRIMA LETTURA (Amos 8,4-7)

Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 112)


Rit. Benedetto il Signore che rialza il povero.

 

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre.

Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra?

Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo.

 

 

SECONDA LETTURA (1Timoteo 2,1-8)

Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.

Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.

Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.


VANGELO ( Luca 16,1-13)

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:

«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.

L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.

Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.

Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».



In altre parole…

 

Le due figure che Marinus van Reymerswaele ci presenta sono l’immagine di due mondi contrapposti: quello di Dio e quello della ricchezza, a cui guardare con gli occhi di Gesù e non con lo sguardo avido e preoccupato dell’amministratore infedele. La differenza è netta ed inconciliabile, anche se la storia e i comportamenti ci hanno abituati a compromessi e sincretismi tra Dio e mammona, tra religione e ricchezza, tra vangelo e potere.

 

C’è il mondo dell’opulenza, dei bontemponi, dello sfruttamento, della speculazione, del profitto – e quindi della corruzione, della sopraffazione e del disprezzo del povero – che grida vendetta al cospetto di Dio, che dice: “Certo non dimenticherò mai le loro opere”. Ma soprattutto quando il salmo 112 ci dice che il Signore nostro Dio “solleva dalla polvere il debole,/ dall’immondizia rialza il povero,/ per farlo sedere tra i prìncipi,/ tra i prìncipi del suo popolo”. Di tutto questo bisognerebbe cogliere e dare segni nel proprio modo di essere Popolo di Dio! Non possiamo nasconderci che è questo il motivo dominante della Scrittura: basterebbe pensare alle beatitudini, al ricco epulone e al povero Lazzaro, allo stesso Figliol prodigo e alla intransigenza del fratello. E se c’è in tutto questo una tensione escatologica, non è detto che tutto debba essere trasferito al di là e che simile capovolgimento della storia non debba avere una sua ricaduta e manifestazione concreta. Come è possibile e come può avvenire simile evento?

 

Sì, possiamo fare le nostre scelte e prendere le nostre decisioni: quella per gli ultimi, l’”opzione preferenziale per i poveri”, l’impegno per gli emarginati, la promozione umana a tutti i livelli… È senz’altro quello che ha fatto Gesù, e noi dobbiamo cercare di fare come lui. Ma è anche vero che non era questo il suo obiettivo primario, quanto piuttosto dare i segni dell’opera stessa di Dio nel mondo, del suo Regno, di cui egli era il testimone e il profeta. A ben guardare, la potenza di Dio operava nelle sue azioni, ma soprattutto nel suo vangelo annunciato ai poveri, per poi trovare espressione piena nella sua persona, nel suo corpo e nel suo sangue. Abbiamo una chiesa consapevole di avere nel vangelo la potenza stessa di Dio?

 

Malati come siamo di pragmatismo e di attivismo, ci rimane difficile pensare che la potenza del vangelo sia prima di tutto nella predicazione e nel fatto che la Parola di Dio sia indirizzata di preferenza ai poveri, ma si tratta pur sempre di una sfasatura a cui bisognerebbe rimediare: il vangelo è destinato ai poveri, perché essi siano la “chiesa dei poveri” che si contrappone al dominio del mondo, non come semplice dottrina e magari condanna, ma con la potenza dello Spirito che vince il mondo, cioè la nostra fede.

 

Soprattutto per quanto riguarda il conflitto Dio-mammona, Gesù ha sì gesti significativi e illuminanti - si pensi a Matteo e a Zaccheo - ma egli si affida prevalentemente all’annuncio, alla Parola, alle parabole, come appunto nel caso dell’amministratore disonesto, questa volta rivolgendosi in particolare ai discepoli. Può essere indicativo il fatto che questa parabola viene presentata subito dopo quella del Figliol prodigo, in cui lo spreco dell’eredità e la dissolutezza non sembrano fare ostacolo al ritorno nella casa del Padre.

 

Anche qui si parla di sperpero di beni da parte di un amministratore, quasi a dirci che i beni, come i talenti, ci sono dati da amministrare e non per appropriarsene, qualcosa di cui rendere conto e non da ritenere di dominio assoluto: la ricchezza fatta per l’uomo e non l’uomo per la ricchezza. È qui il difficile nodo da sciogliere e il punto di equilibrio da trovare: il principio di una economia umana e solidale, quello che l’amministratore non ha capito e rispettato quando si sentiva padrone, ma che ha astutamente ed egoisticamente riscoperto al momento del rendiconto, quando si ritrova nullafacente e, sempre approfittando del suo ruolo, viene incontro ai debitori del padrone perché poi questi diventino i suoi benefattori.

 

Come “figlio di questo mondo” ha continuato ad approfittarsi degli altri, ma con scaltrezza, tanto da suscitare lodi dal suo padrone secondo una comune logica di profitto. Quella logica di solidarietà e di condivisione che dovrebbe diventare in positivo anche dei figli della luce: qualcosa che dovrebbe diventare modo di pensare e di essere di una comunità di quei discepoli di Gesù a cui egli si rivolge: una capacità collettiva di valutare ed usare i beni necessari di questo mondo.

 

Ci viene fatto capire che c’è una questione di fedeltà, sia nelle cose di poco conto che in quelle importanti. Se non siamo fedeli nella “ricchezza disonesta” – quella resa idolo – non siamo degni della ricchezza vera; e se non siamo fedeli nella ricchezza altrui non meritiamo di averne una propria! Se una mentalità evangelica fosse viva nella comunità dei discepoli, non ci mancherebbe neanche il discernimento giusto per valutare promesse elettorali allettanti e la capacità di fare scelte compatibili, senza la pretesa di tradurre in politica il vangelo, che a malapena viene incarnato nella stessa chiesa. In ogni caso questo vangelo continua a risuonare per risvegliare le nostre coscienze e darci la luce giusta per camminare in questo mondo.

 

Quello che è il rapporto da tenere nei confronti della “cosa pubblica” lo possiamo arguire  nel passo della prima lettera di Paolo a Timoteo, quando raccomanda di “fare domande, suppliche, e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere”, perché su un piano strettamente laico offrano a tutti le condizioni per “condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”: quindi una vita umanamente vivibile, con la possibilità di dedicarla a Dio, “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità”. Dentro le  intricate e controverse vicende umane, quello che ci dovrebbe stare a cuore è dare vita ad un contesto umano aperto alla salvezza e alla conoscenza della verità, che sembra essere importante per la vita dell’uomo  e per il cammino di una società!

 

E se in un primo momento è materialmente la società civile ad inglobare la comunità dei credenti, in seconda istanza è la fede di questa comunità ad offrire l’orizzonte ultimo in cui anche l’umanità intera trova la luce di tutta la sua vicenda: una frattura tra questi due mondi può avvenire sia da una parte che dall’altra. E quando ci viene ricordato che “uno solo è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù”, è detto in maniera inclusiva e non come mondo separato e confessionale. È un dato reale, che nessuna miscredenza può annullare, che deve comunque avere una testimonianza e una manifestazione nel tempo. Purtroppo avviene che una convenzionale fattualità religiosa venga in primo piano ed offuschi l’orizzonte ampio della fede, quando invece Paolo si presenta come “maestro dei pagani nella fede e nella verità” e vuole che “in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese”. Sono indicazioni ben precise, ma si ha l’impressione di ascoltare tanti suoni e tante voci, ma senza la necessaria cassa di risonanza, “come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna” (1Cor 13,1).  (ABS)


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