8 ottobre 2023 - XXVII DOMENICA DEL
TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Domenico Fetti: Parabola dei vignaioli omicidi (circa 1620)
Manchester, New Hampshire (USA), Currier Museum of Art
PRIMA LETTURA (Isaia
5,1-7)
Voglio cantare per il mio diletto
il mio cantico d’amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato viti pregiate;
in mezzo vi aveva costruito una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva;
essa produsse, invece, acini acerbi.
E ora, abitanti di Gerusalemme
e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha prodotto acini acerbi?
Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe
e si trasformerà in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta
e verrà calpestata.
La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa d’Israele;
gli abitanti di Giuda
sono la sua piantagione preferita.
Egli si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi.
SALMO RESPONSORIALE (Salmo 79)
Rit. La vigna del
Signore è la casa d’Israele.
Hai
sradicato una vite dall’Egitto,
hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.
Ha esteso i suoi tralci fino al mare,
arrivavano al fiume i suoi germogli.
Perché hai aperto brecce nella sua cinta
e ne fa vendemmia ogni passante?
La devasta il cinghiale del bosco
e vi pascolano le bestie della campagna.
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
SECONDA LETTURA (Filippesi 4,6-9)
Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate
presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e
ringraziamenti.
E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.
In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.
Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
VANGELO (Matteo 21,33-43)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono.
Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E
Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a
un popolo che ne produca i frutti».
In altre parole…
In questi giorni papa Francesco ha ritenuto di esercitare il suo magistero sulla “questione ecologica”, in aggiunta a quanto detto nella enciclica “Laudato si’” del 2015. Un bilancio o una rinnovata esortazione? In realtà c’è da chiedersi, a parte consensi sparsi e di nicchia, quanto l’enciclica abbia fatto maturare la coscienza della chiesa a tal proposito; e se bastino documenti, dichiarazioni e proclami perché questo avvenga. Ci sarebbe da sapere quanto i numerosi consensi esterni percepiscano o meno le motivazioni teologiche di un discorso ecologico; quanto un Popolo di Dio esprima e formi una coscienza e responsabilità ecologica all’interno della propria fede e in forza della Parola di Dio che lo investe. Non si capisce perché, se di verità si tratta, si debba poi trovare tanta incompatibilità tra il mondo della fede e il mondo umano, come se si trattasse di realtà separate e non solo distinte
Quando ancora una volta si parla di vigna, possiamo senz’altro pensare alla “cosa buona” che è il creato e sentire anche noi la voglia di cantare al Creatore il cantico d’amore per la sua vigna: un vero e proprio “Cantico delle creature” per le meraviglie della “casa comune” o del “cosmo”. Sapersi rallegrare, gioire ed esultare, tanto più che il padrone della vigna continua a prendersene cura, per piantarvi viti pregiate e scavarvi un tino, in vista di una fruttuosa vendemmia. Ma le cose sono andate e vanno diversamente: “Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi”.
Siamo chiamati ad essere giudici di quanto accade tra la vigna e il suo padrone, il quale protesta che non avrebbe potuto fare di meglio e che giustamente si chiede: “Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?”. È solo questione di improbabili provvedimenti legali? Fuor di metafora: “Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi”. Dove appunto è chiaro che la cura del creato non può prescindere dai drammi di violenza e di ingiustizia che si consumano sulla faccia della terra, perché tutto è legato nel genere umano, e non sarebbe buona cosa idolatrare la salvaguardia del creato separatamente dal contesto generale di ingiustizia e di sfruttamento non solo della natura ma degli uomini e delle donne del pianeta.
Sì, cantico delle creature, ma insieme fallimento e delusione, che però non compromettono possibilità di ripresa e continuità di bene. Il messaggio è proprio questo, sia pure dentro una situazione critica ben presente: perché padrone della vigna-casa d’Israele rimane comunque il suo Signore. Una via di uscita c’è comunque, anche se stretta e drastica, come ci è dato di cogliere dalle parole del vangelo rivolte, anche questa volta, ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, dove in primo piano non ci sono cose ma persone, non tanto la vigna quanto i vignaioli L’istinto all’appropriazione e a farla da padroni è incontenibile e sembra prevalere su tutto, ma non sulla volontà di bene del padrone disconosciuto, che trova il modo di assicurare un domani per la sua vigna, nonostante la devastazione non solo del creato ma dell‘intera umanità. E ciò che per noi è assuefazione, per il padrone della vigna è indignazione!
Questa volta però Gesù, con la parabola dei vignaioli, osa un confronto diretto con i suoi interlocutori, per ricostruire tutta una storia sul destino dei profeti e perché prendessero coscienza di come stavano mettendosi le cose, tanto che poi dirà loro: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti” (Mt 23,29-31).
Ma al tempo stesso egli parla loro velatamente di sé come figlio destinato ad essere ucciso anche lui come erede, e anche per metterli ancora una volta davanti ad un interrogativo e costringerli ad una risposta che li condanna. Infatti rispondono: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo”. Gesù avvalora questa risposta facendo ricorso alla Scrittura che parla della pietra scartata dai costruttori ma destinata a diventare testata d’angolo della nuova costruzione. Ma soprattutto sembra richiamare tutti alla effettiva realtà delle cose: “Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti”. Una storia che si ripete.
La chiesa primitiva ha preso coscienza di tutto questo, non per fare propria la condanna di Israele quanto piuttosto come avvertimento a non ricadere nella stessa infedeltà. Ma sembra che il fatto del Regno di Dio tolto a chi ne ha fatto un possesso esclusivo per essere consegnato a chi può farlo fruttificare sia una storia che si ripete e che ci porterebbe ad interrogarci anche ai nostri giorni. O meglio a dare noi stessi la risposta su come cerchiamo il Regno di Dio e la sua giustizia: se come fatto privato o domestico di chiesa, o come ampio respiro da dare ad una fede asfittica e separata dalla storia. E se questo è anche un criterio di discernimento, come si presenta il quadro al momento attuale, delimitato nella sua bella cornice cerimoniale o aperto a nuove irruzioni del Regno di Dio tra gli uomini? L’invocazione “venga il tuo Regno” sappiamo già a cosa ci porta incontro?
A suggerire il nostro modo di essere come vignaioli a cui è affidata la vigna è sempre la parola di san Paolo, che ci raccomanda di non angustiarci per nessun motivo, perché le sorti del Regno di Dio sono appunto nelle mani di Dio, a cui fare presenti le nostre richieste “con preghiere, suppliche e ringraziamenti”. La sua pace deve farci superare ogni remora e ogni paura, per farci ritrovare custoditi mente e cuore in Cristo Gesù. E se questo diventa il nostro mondo interiore, oggetto dei nostri pensieri sarà ciò che è vero, nobile giusto e tutto ciò che merita lode.
Una necessaria sinergia tra mondo della fede e mondo della vita non può che rinascere dal cuore dell’uomo: “L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore” (Lc 6,45.) Non è spiritualismo carico di buone intenzioni, ma è semplicemente fare verità nel proprio modo di stare al mondo nella luce della fede! Un modo di lavorare nella vigna come “servi inutili”: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). (ABS)