12 settembre 2021 - XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

 

Caravaggio:  Le sette opere di misericordia corporale (1606-07)

Napoli, Pio Monte della Misericordia

 

PRIMA LETTURA (Isaia 50,5-9)

Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
È vicino chi mi rende giustizia:
chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci.
Chi mi accusa? Si avvicini a me.
Ecco, il Signore Dio mi assiste:
chi mi dichiarerà colpevole?


SALMO RESPONSORIALE (Salmo 114)

Rit. Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

 

Amo il Signore, perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l’orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.

Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia.
Allora ho invocato il nome del Signore:
«Ti prego, liberami, Signore».

Pietoso e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato.

Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei occhi dalle lacrime,
i miei piedi dalla caduta.
Io camminerò alla presenza del Signore
nella terra dei viventi.

 

 

 

 

SECONDA LETTURA (Giacomo 2,14-18)

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo?

Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta.

Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».



VANGELO (Marco 8,27-35)


In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

 

 

In altre parole…

 

In questo nostro cammino carsico sulle tracce della Parola di Dio, abbiamo lasciato in sospeso una messa a fuoco della parola “Effatà”, pronunciata da Gesù nella sua lingua natia e riportata appunto da Marco in aramaico: “«Effatà!» che vuol dire: «Apriti!»  E gli si aprirono gli orecchi; e subito gli si sciolse la lingua e parlava bene” (Mc 7, 34-35). Siamo riportati alla guarigione del sordomuto, e alla potente efficacia della parola pronunciata da Gesù insieme ai suoi gesti. Verrebbe da pensare che se in Israele egli annunciava il Regno di Dio attraverso la predicazione e le guarigioni nei villaggi e nelle città per più tempo, qui, in terra straniera sembra che egli abbia voluto concentrare e realizzare in intensità il suo messaggio in un solo gesto, riassuntivo in qualche modo della sua azione messianica: orecchi e lingua, ascolto e confessione!

Al significato messianico di questa azione siamo riportati dal profeta Isaia che nel versetto precedente al testo della prima lettura dice: “Il Signore, Dio, mi ha dato una lingua pronta, perché io sappia aiutare con la parola chi è stanco. Egli, ogni mattina, risveglia il mio orecchio, perché io ascolti, come ascoltano i discepoli” (Is 50,4). Sembra quasi che Gesù voglia ricreare la stessa attitudine in noi: ascoltare non è altro – ma non è poco – che obbedienza della fede, adesione interiore e totale a quanto la Parola di Dio dice e fa fare. Ci vuole docilità e coraggio per non opporre resistenza alla sua efficacia, per entrare in piena sinergia nel suo compiersi in noi. Non quindi riserva per mistici ma autentica vita di fede!

La Parola di Dio, in effetti, si pone e ci pone, inevitabilmente e nostro malgrado, in alternativa al mondo circostante, e quindi genera opposizione e conflitti, così come vediamo accadere al Figlio dell’uomo, ed è preventivato anche per i discepoli: “Del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati (2Tm 3,12). Basti considerare dove il vero ascolto della Parola ha portato Maria: al Magnificat e alla visione di un mondo veramente rovesciato. In questo senso il Regno di Dio subisce violenza, e non ci si farebbe a sostenere la forza d’urto della Parola di Dio, se non ci fosse il sostegno interiore che rende la nostra faccia dura come pietra davanti alle situazioni che ci mettono alla prova.

Quando Gesù, sulla strada per Cesarea di Filippo, interroga i discepoli su cosa la gente dice di lui, forse vuol misurare quale è la capacità di ascolto e il coraggio di pronunciamento riguardo alle sue parole e alla sua persona: mettere in risalto quale è la percezione della sua presenza e della sua azione. Alle varie risposte non fa obiezioni o correzioni, e lascia che dai più venga identificato con le figure bibliche note. Essi erano come degli orecchianti e poteva andar bene così. Ma i suoi erano ascoltatori quotidiani della sua Parola e quindi li interpella direttamente per sapere chi egli sia per loro, quasi a voler verificare quale fosse la qualità del loro ascolto. Della risposta comune si fa portavoce Pietro, dichiarando “tu sei il Cristo”, l’Unto del Signore!

Gesù si sente da loro riconosciuto, ma vuole farli uscire da ogni ambiguità e approssimazione, e li mette davanti alla nuda realtà del Messia, al di là di tutte le opinioni e le interpretazioni correnti. Non basta sapere chi, ma è necessario rendersi conto del cosa: essi lo avevano sì percepito in colui che parlava loro - come per la samaritana al pozzo di Giacobbe -, ma dovevano ora prendere atto che il Figlio dell’uomo – indicando così se stesso – “doveva soffrire molto ed essere rifiutato…”. Gesù fa questo discorso apertamente senza mezzi termini, e quegli uomini che avevano ascoltato la sua Parola, ed erano arrivati e riconoscerlo come il Cristo, evidentemente non erano pronti a sostenere il carico pieno della sua Parola. Perché tutto questo per il Figlio dell’uomo?

Sta di fatto che ancora Pietro si ribella a questa prospettiva – anche questa volta a nome di tutti - e se prima per segreta rivelazione del Padre era arrivato a dichiarare Gesù come Cristo, ora da questo stesso Gesù che si sente dire per tutta risposta: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Dunque ci sono modi diversi di pensare e l’ascolto della Parola dovrebbe portare a pensarla secondo Dio, cosa che neanche per i discepoli è facile e compiuta.

In un primo momento l’attenzione di Gesù è alla gente e al loro modo di vederlo. In un secondo momento l’interesse è alla posizione nei suoi confronti da parte di chi sta con lui. Ma in fondo egli non richiede una consapevolezza piena e una decisione  pienamente motivata, ma solo una disponibilità a lasciarsi guidare da lui: non cerca un rapporto di conoscenza per condividere un cammino ma guarda ad una condivisione di vita per arrivare anche alla conoscenza: “Vi ho chiamati amici…”.

 

Eccolo allora convocare la folla insieme ai suoi discepoli per dire quello che è necessario per tutti e per ciascuno per entrare nella vita: rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguirlo! Dire no a se stessi, dire sì a quanto la vita presenta e richiede e tutto questo insieme e uniti a lui, che ha fatto proprio il cammino dell’uomo prima di chiedere a noi di fare con lui il suo. E se lui ha perso la sua vita e se stesso per noi, noi dobbiamo perdere la nostra vita per lui e per il vangelo, se vogliamo salvarci. Non è eroismo o rigorismo, è la legge delle vita: che chi pensa di salvare solo se stesso è come il seme che non muore ma che si perde; chi invece ha a cuore la salvezza di tutti e la cerca è allora che salva se stesso.

 

Sarebbe come avere dentro una fede morta e di comodo, incapace di operare il bene, senza carità! L’esemplificazione che offre la lettera di Giacomo ci dice che è vana e illusoria una presunta fede fatta di belle idee, di buoni sentimenti e di elevazioni spirituali, utile solo a rassicurare se stessi davanti a Dio e accreditarsi davanti agli uomini, ma chiusa e sprezzante davanti al bisogno dell’altro. Da qui la sfida:” Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Ma se è necessario che la fede sia principio attivo di opere, è anche importante che le opere rivelino la fede e non siano a loro volta un pragmatismo assolutizzato, in contrapposizione ad uno spiritualismo totalizzante.

 

Ciò che conta è, in altre parole, “la fede che opera per mezzo della carità” (Gal 5,6). Nella tradizione della Chiesa questo principio ha preso forma nelle “opere di misericordia” come espressione di una fede comunitaria vissuta. L’illustrazione che ne fa il Caravaggio si presta a qualche considerazione: infatti, siamo soliti pensare alle opere di misericordia come a gesti singoli e isolati: qui si ha il senso di una partecipazione verticale tra cielo e terra e di un coinvolgimento totale tra tutti i membri della chiesa in senso orizzontale, appunto “la fede che opera per mezzo della carità”! Forse c’è una frattura da risanare! (ABS)


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