31 luglio 2022 - XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

 

Karel Dujardin: Ragazzo che soffia bolle di sapone. Allegoria sulla transitorietà e brevità della vita (1663)

Copenaghen, Statens Museum for Kunst / Galleria Nazionale di Danimarca

PRIMA LETTURA (Qoelet 1,2;2,21-23)

Vanità delle vanità, dice Qoèlet,

vanità delle vanità: tutto è vanità.

Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.

Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!



SALMO RESPONSORIALE (Salmo 89)


Rit. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

 

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

 

SECONDA LETTURA (Colossesi 3,1-5.9-11)

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.

Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.

Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

 

VANGELO (Luca 12,13-21)

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.

Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

 

 

In altre parole

 

Siamo capaci di arrampicarci sugli specchi, pur di resistere alla inevitabile costatazione che “tutto è vanità” e che tutto si vanifica nelle nostre mani. Le bolle di sapone sono allegoria della evanescenza e transitorietà della vita, ma per noi c’è comunque un ragazzo che le fa volteggiare, e qualche buon motivo lo troviamo sempre per non cedere su tutta la linea  alla ipotesi che tutto sia senza senso. Si va anche contro l’evidenza dei fatti, pur di non abbandonare qualche zattera di salvezza per la nostra esistenza. Ma in ultima analisi anche questi sforzi non sono che vanità! E questo succede perché la parola vanità sta ad indicare per noi qualcosa che perde valore, qualcosa di negativo rispetto a quanto offre la vita, un horror vacui da cui rifuggire, il dissolversi  o andare in fumo di tutti i progetti e le speranze.

 

Se però la Scrittura è così netta  nell’affermare che “tutto è vanità” - compresi gli sforzi per sottrarsi a simile condanna - non è per deprimerci o indurci al disprezzo delle cose del mondo, ma neanche per indurci a valorizzare qualcosa che si contrapponga alla vanità come un superuranio o mondo spirituale. È semplicemente per una ragione di verità e per ricondurre l’esistenza ad una dimensione di realismo totale. A parte i fenomeni climatici, ci stanno crollando intorno e addosso tanti mondi ideali di uguaglianza, di giustizia, di solidarietà, mentre sembrano prevalere contrapposte volontà di potenza e di facili risoluzioni messianiche. Leggere o ascoltare distrattamente le parole di Qoelet in un simile clima di dissoluzione induce ad un consenso pessimistico, ed espone ad adesioni acritiche a promesse di salvezza. Anche nel campo della politica e del governo del mondo bisogna riconoscere  che tutto è vanità, se è vero quello che dice il profeta Isaia: “Ecco, le nazioni son come una goccia da un secchio, contano come il pulviscolo sulla bilancia; ecco, le isole pesano quanto un granello di polvere”  (Is 40,15). Tutto è perduto allora?

 

Si richiede uno sforzo di penetrazione per vincere parvenze di verità e andare in profondità, come del resto intende e aiuta a fare l’autore del libro di Qoelet, alla ricerca di una sapienza che illumini il cuore. Se tutto è vanità e non c’è nulla di nuovo sotto il sole, non per questo la creazione è cosa meno buona. Non è neanche da pensare che la vanità di tutte le cose sia effetto di peccato e non invece qualcosa di intrinseco alle creature. Proiettandoci invece in avanti, possiamo ripensare l’inno alla carità di 1Cor 13: tutto è vano e illusorio senza la luce e il fuoco della carità, che non si dà allo stato puro senza tutto il resto, ma che dà senso e pienezza a tutto il resto. In termini evangelici è come il tesoro nascosto per avere il quale si vende tutto il resto. C’è una scelta radicale di fondo non tra una cosa o l’altra, ma tra un sì e un no, mettendo in gioco se stessi, perché non si può servire a due padroni, Regno di Dio e mammona!  

 

Ecco perché il discorso “vanità” si pone nel Vangelo in termini di povertà, sia nel senso che il Regno di Dio è rivelato e dato ai poveri e ai semplici, e sia nel senso che bisogna farsi poveri  per potervi entrare. Si richiede uno svuotamento per farsi piccoli, secondo quanto è indicato nelle Beatitudini: impresa certamente non facile, perché non c’è rischio maggiore che sentirsi sazi di ricchezze, materiali o spirituali che siano. L’insegnamento di Gesù non si prestava ad equivoci, e  non si presentava come esigenza religiosa o spirituale, ma come condizione di vita in ordine alla salvezza, perché “ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli” (Mt 19,24). È quanto ci ha fatto intendere nelle tentazioni avute nei quaranta giorni nel deserto, ed è quanto di più decisivo ci sia per essere discepoli del vangelo.

 

Non era escluso, però, che un insegnamento così netto potesse prestarsi a fraintendimenti da parte di chi cercava di portare acqua al proprio mulino, e di piegare le parole di Gesù a proprio vantaggio. E forse è proprio perché sperava di averlo dalla sua parte, che uno della folla gli chiede pubblicamente di intervenire nei confronti del fratello per questioni di eredità e ottenere giustizia. La risposta non si fa attendere, ed è in una domanda rivolta a quell’”uomo” come se fosse per tutti: ci viene chiesto a che titolo egli dovrebbe pronunciarsi in una faccenda che esula dalla sua competenza. Evidentemente non ritiene di entrare in un ordine di rapporti regolati da contrapposti interessi e lontani dallo spirito di distacco e di reciproco altruismo che egli andava predicando: era uno dei casi in cui un vizio di fondo compromette tutti i contendenti. Occasione buona per evidenziare il vero problema, e per esortare a tenersi lontani da ogni cupidigia,  “quella avarizia insaziabile che è idolatria” (Col 3,5). E anche per riaffermare che la vita di ciascuno non dipende da ciò che egli possiede, anche se è nella abbondanza. È quando ciò che è vanità diventa il proprio dio!

 

È lo sbaglio di calcolo e di valutazione dell’uomo ricco di cui ci parla la parabola: si direbbe che facciamo i conti senza l’oste! Non che ci sia un Dio guardiano e geloso della felicità degli uomini, ma c’è un Dio che vuole essere lui questa felicità, nella condivisione aperta e non nella consumazione egoistica dei propri beni. Un richiamo al passo di Qoelet è in queste parole: “E quello che hai preparato, di chi sarà?”, per dire dove vanno a finire tante  preoccupazioni e tanta fatica sprecata. Ma tutto ciò sembra essere una condanna inevitabile per l’uomo, che manca  di altri poli di attrazione o ha perso la capacità di attrattiva per altri tesori o altre offerte di vita.

 

Tutto il vangelo sta a dirci che una via è riaperta, per quanto sia stretta  e siano pochi quelli che la imboccano: ci è data insomma la possibilità di “arricchire presso Dio”. E qui  si torna a pensare alle Beatitudini, che sono la chiave per entrare nella realtà del Regno annunciato e dato ai poveri come la vera ricchezza, quella che non sarà tolta. E qui diventano significative le parole di 2Corinzi 8,9: “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”. È la povertà di Cristo, dunque, che ci arricchisce  presso Dio e ci libera dalla vanità del vivere!

 

Il nostro pensiero perciò deve portarci là dove è Cristo, “seduto alla destra di Dio”:  non è semplice elevazione spirituale fuori dalla realtà, ma è trovare il riferimento di vita con colui che ci ha detto di rimanere con noi tutti i giorni. Forti di questo, possiamo considerarci morti quanto a ciò che appartiene alla terra - impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria - sapendo che la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio ed è destinata al suo stesso destino di gloria. Viene da chiedersi quanta consapevolezza abbiamo di poterci svestire dell’uomo vecchio  col suo vano agire e di poterci rivestire del nuovo, in cui Cristo sia tutto in tutti: che sia lui la nostra saggezza e il nostro profumo di vita! Possiamo capire ancora meglio cosa sia “arricchire preso Dio”, avendo presenti queste parole di 1Pietro 1,18-19: “Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia”. (ABS)


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